Meno 65% di morti entro il 2022: Italia in anticipo di 8 anni sulla tabella di marcia dell’Oms

Uno studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità rivela che il nostro Paese è in anticipo di otto anni sugli obiettivi dell’Oms per l’eliminazione dell’epatite C e secondo le previsioni entro il 2022 saranno il 65% in meno le morti correlate alla patologia. Secondo la ricerca però servono screening mirati per riuscire ad eliminare completamente il virus.

Un approccio universalistico e solidale

“Il nostro paese è un modello nella lotta al virus dell’epatite C. Le stime ci dicono che l’Italia raggiungerà il primo obiettivo fissato dall”Organizzazione Mondiale della Sanità della riduzione delle morti correlate all’Hcv nel 2022″, dichiara Walter Ricciardi, presidente dell’Iss. “Possiamo dire con orgoglio che questo traguardo verrà raggiunto grazie a un approccio universalistico e solidale unico al mondo, considerando oltretutto il significativo numero dei casi. E sempre grazie alle nostre politiche sanitarie, siamo sulla buona strada per raggiungere il traguardo più importante che consiste nell’eliminazione del virus entro il 2030”.  

I ricercatori dell’stituto Superiore di Sanità hanno disegnato differenti scenari, in collaborazione con l’Aifa (Agenzia italiana del Farmaco) e con il Center for Disease Analysis (Cda, Colorado, Usa). Gli studiosi, guidati da Loreta Kondili, responsabile scientifico di Piter (Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie dell’epatite Virale) presso il Centro per la Salute Globale dell’Iss hanno capito che per debellare totalmente il virus è fondamentale mantenere alto il numero delle persone in terapia, per cui è importante effettuare uno screening mirato su particolari gruppi della popolazione, individuando quelli che sono ancora inconsapevoli di aver contratto il virus.

Sintomi non sempre evidenti

Uno dei problemi più significativi è infatti che coloro a cui è stata diagnosticata l’epatite C rappresentano solo la parte visibile di una maggioranza di persone che sono malate senza saperlo. Esiste infatti una percentuale elevata di pazienti che non sviluppa sintomi evidenti e dunque è difficile che venga identificata e trattata. “Si può affermare che se il numero dei trattamenti diminuisce sotto i 35mila l’anno prima del 2025, è necessario uno screening nelle coorti di nascita dal 1948 al 1978 per aumentare il numero dei pazienti diagnosticati e indirizzarli verso il percorso di cura. Se invece il numero dei pazienti trattati si mantiene alto oltre il 2028, potrebbe essere necessario uno screening mirato nelle coorti di nascita dal 1958 al 1978 al fine di raggiungere i target dell’eliminazione” ha spiegato Loreta Kondili.

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