The Enabling City

“E’ necessiario esaminare il ruolo che la tecnologia gioca in una ‘città intelligente’ e assicurarsi che non stiamo ponendo l’accento sulla ‘crescita’ o sull’efficienza’ o sulla ‘massimizzazione’ di per sé , ma piuttosto sulla creazione di nodi connessi in una rete più ampia di città che siano più armoniose, umane e abilitanti.”

Partecipazione, democrazia e collaborazione sono gli elementi principali di “ The Enabling City”. Il progetto propone la riscoperta di una partecipazione sociale che rilanci la creatività come “valore aggiunto” e la renda disponibile alla collettività per raggiungere l’obiettivo della “sostenibilità urbana”.

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Nel corso dello Smart City Expo abbiamo intervistato Chiara Camponeschi – Curatrice del progetto collaborativo The Enabling City.

Come è nato il progetto The Enabling City?

The Enabling City è basato sulla ricerca che ho condotto nel corso del mio Master di Studi Ambientali. Come studente ero interessata al concetto di cittadinanza attiva e di come diverse comunità di tutto il mondo contribuiscono a una comprensione sfumata della sostenibilità attraverso progetti innovativi che celebrano il potenziale della risoluzione dei problemi dei ‘non addetti ai lavori’. Durante le mie ricerche, ho raccolto prove e testimonianze di iniziative che hanno affrontato le questioni della sostenibilità urbana e della governance partecipativa. Tutto ciò è stato documentato in un toolkit free e rilasciato sotto licenza Creative Commons nel quale ho dettagliato la mia visione per rendere le città più inclusive, vivibili e resistenti.

Le storie che hai raccontato dimostrano che non c’è altra via per lo sviluppo? Utopia o realtà?

Credo che la collaborazione sia efficace quando vi è diversità (di utenti, competenze, dei contesti, ecc). Per questa ragione, io non sostengo una singola strada verso lo sviluppo sostenibile, ma piuttosto cerco di fornire una piattaforma a cui gli altri possano attingere per l’ispirazione. La mia speranza è che, presentando una serie di iniziative creative e strumenti emergenti (sia nel mio kit di strumenti e attraverso il mio feed Twitter), le persone si sentono costrette a sperimentare i metodi e gli approcci che meglio facilitano il tipo di cambiamento che è necessario nella loro comunità. Non vi è nessun modello vincente, ma credo che sia proprio questa flessibilità a tempo indeterminato che dà forza a nuovi progetti di collaborazione.

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In quale parte del mondo si sta diffondendo di più l’innovazione sociale?

Il motivo per cui credo che il pensiero sociale innovativo promette tanto è il fatto che non si limita a una particolare regione o a una specifica impostazione culturale. L’innovazione può scaturire da frustrazione, da esigenze concrete, da una voglia di sperimentare e migliorare le cose. Per questo motivo, può prosperare in luoghi dove la sperimentazione sociale è già in fase avanzata e celebrata (in città come Toronto o New York, per esempio) o può emergere in luoghi dove l’innovazione funge anche da infrastrutture sociali in sé, nelle città come Roma o Buenos Aires, per citarne solo alcuni. Quello che mi affascina, e dove penso che ci sia più da cui imparare, non è necessariamente il ‘dove’ si fa innovazione, ma il ‘perché’ e ‘chi’ ne è protagonista.

Quali sono i principi di base per creare una città intelligente?

Le ICT hanno contribuito a sostenere la diffusione di iniziative socialmente innovative e a creare reti di ‘best practices’ che amplificano il lavoro dei leaders delle comunità. Esse continuano a contribuire in modo significativo al fenomeno degli open data ed al movimento dell’open government oltre a dare voce a gruppi che sarebbero altrimenti esclusi dai processi decisionali che li riguardano. Al tempo stesso, però, penso che ci sia una reale necessità di esaminare il ruolo che la tecnologia gioca in una ‘città intelligente’ e assicurarsi che non stiamo ponendo l’accento sulla ‘crescita’ o sull’efficienza’ o sulla ‘massimizzazione’ di per sé, ma piuttosto sulla creazione di nodi connessi in una rete più ampia di città che siano più armoniose, umane e abilitanti.

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