Le riflessioni del Colonnello Umberto Rapetto, Comandante del GAT – Nucleo Speciale Frodi Telematiche Comando Unita’ Speciali della Guardia di Finanza, sull’affaire Costa Concordia e sulla figura di Schettino. La vicenda diventa una interessante metafora sul sistema Italia e il personaggio l’occasione per una accorata riflessione sul senso di responsabilità, l’orgoglio e la meritocrazia

Anticipiamo oggi online l’articolo che apparirà sul prossimo numero della rivista Data Manager, nella consueta rubrica mensile “Security” a cura di Umberto Rapetto, sia per la vicinanza dell’argomento agli eventi di cronaca sia per il messaggio importante che sottende il contributo di Rapetto. L’Italia conosce certo figure differenti dal modello “Schettino” (il Comandante Gregorio De Falco, lo stesso gruppo del G.A.T. e molti altri sono un alto esempio di responsabilità e senso del dovere) ma è indubbio che sempre più “Una pletora di individui privi dei più basilari requisiti e lungi dalla più ridotta idoneità hanno nel tempo acquisito posizioni di rilievo nel ciclo biologico istituzionale e imprenditoriale.”

Buona lettura…

La Redazione di Data Manager

 

Una sciagura che nemmeno i Maya avrebbero saputo pronosticare può essere l’occasione per fare un impietoso esame di coscienza e per voltare pagina. Non si può più rinviare, sia nel contesto d’impresa sia in quello della Pubblica Amministrazione.

Procedure, regole, competenza professionale, esperienza, buonsenso, iniziativa, sacrificio: c’è voluto un disastro epocale per capire che non servono o addirittura sono un ostacolo al quotidiano train de vie di qualunque organizzazione, pubblica o privata.

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La tragedia consumatasi a ridosso dell’isola del Giglio è la più drammatica testimonianza del naufragio sociale. E fa sorridere chi non esita a puntare il dito contro l’armatore e – individuando la cosiddetta “culpa in eligendo” – si chiede come possa esser stato scelto un personaggio così pittoresco per un compito tanto importante e delicato. Il contesto nazionale, inutile e risibile l’ostinarsi a negarlo, non è dissimile. Una pletora di individui privi dei più basilari requisiti e lungi dalla più ridotta idoneità hanno nel tempo acquisito posizioni di rilievo nel ciclo biologico istituzionale e imprenditoriale. Un fenomeno di vassallaggio, gestito da compagini politiche e non, ha progressivamente dato modo di piazzare in posti chiave reggimenti di soggetti discutibili o addirittura non meritevoli di alcun commento.

Il “modello Schettino” è in realtà l’identikit di chi “merita” un ruolo di prestigio in luogo di altri – ben più capaci e seri – che potrebbero non essere “fedeli esecutori di ordini”, animati da riconoscente eterna devozione nei riguardi di chi ha proceduto alla specifica investitura. L’individuazione di esemplari a propria immagine e somiglianza che ha caratterizzato le progressioni di carriera ha privilegiato i meno dotati che – in ragione del basso profilo – non avrebbero (e non hanno) preso iniziative o manifestato pericolosa autonomia nel pieno rispetto delle più granitiche tradizioni. A mutuare certe abitudini della marineria, si è fatto strada chi sapeva ed era disposto a fare l’ “inchino”. E in un momento terribile il feudatario incapace dà il meglio di sé.

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Mentre è fuori luogo qualsivoglia ulteriore dissertazione sul metaforico transatlantico Italia da tempo incagliato sugli scogli dei mari internazionali, ben si attaglia a questo spazio il rapporto tra architettura della security in azienda e management.

Nel caso gigliese non mancavano né copiose vincolanti disposizioni operative né dotazioni tecnologiche in grado di segnalare pericoli e prevenire e rimediare a qualunque errore. La predisposizione di rigidi precetti e l’implementazione di argute soluzioni tecniche rischiano però di essere vanificate da falle nelle condotte umane e da spaventosi squarci aperti da infrazioni poste in essere da chi in quel contesto ha un qualsiasi potere. E, quel che è peggio, al verificarsi di situazioni difficili chi è chiamato a decidere non è all’altezza delle mansioni cui è preposto. A farne le spese sono l’equipaggio (cioè i dipendenti) e i passeggeri (ovvero chi ha investito o si è affidato).

Si dice che a bordo della Costa Concordia i marinai si siano ammutinati e abbiano intrapreso azioni disperate: non si possono certo auspicare impraticabili ribellioni, ma non si riesce a fare a meno di sperare in una pur tardiva ma rigorosa presa d’atto da parte di chi siede in vetta. E’ l’unica via per scongiurare una disordinata evacuazione che in quest’ambito si traduce nella fuga di cervelli o talenti o più semplicemente, ad esempio, di azionisti e clienti.

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Ho incontrato e avuto a che fare con centinaia, migliaia di Comandanti Schettino. Ma non ho perso la fiducia che qualcosa possa cambiare. L’importante è aver la forza di urlare quel “vada a bordo, cazzo!” che tante volte mi son fatto scappare anch’io pagandone il relativo inevitabile prezzo.