Andreas_Weigend
Democrazia delle scelte
o “dittatura” dei target?

«L’informazione è una scusa per comunicare»

Se il mondo reale sembra andare verso la direzione di un governo globale, con un solo mercato e una sola moneta, il Web sembra sperimentare il percorso opposto, dividendo la rete sociale in una serie di comunità definite per etnia, lingua, convinzioni religiose, professione, orientamento sessuale, condizione socio-economica. Democrazia delle scelte o “dittatura” dei target? Trasparenza o controllo? Il concetto di massa è mutato e ha assunto una razionalità e una consapevolezza che prima nessuno riconosceva o voleva riconoscere. Miracolo della conoscenza o singolarità del Web per cui il tutto coincide con la somma delle singole parti? Il valore della conoscenza sta nel legame con i bisogni, le aspirazioni, le azioni degli uomini. Diversamente, la conoscenza diventa una semplice zavorra di memoria. Potere e conoscenza sono in rapporto reciproco tra loro rispetto all’unica rappresentazione della realtà. Lo sa bene la nota azienda leader del software e dei servizi di Business intelligence che ne ha fatto il proprio payoff. Nel giro di poco più di un decennio, si è passati dall’analisi statistica al data mining per l’elaborazione di dati strutturati con l’obiettivo di generare previsioni e quindi strategie. Per fortuna o sfortuna, la quantità di informazioni presenti sulla Rete – però – si moltiplica a dismisura e si studiano algoritmi sempre più complessi per l’estrapolazione delle informazioni. Questa complessità crescente – da un lato – rappresenta un’opportunità – dall’altro – una sfida per i Cio, i sistemi di ricerca e quelli di storage. Il data mining aiuta Visa a contenere i costi delle frodi e Amazon.com a suggerirci i prossimi acquisti di libri, ma realisticamente non può ancora prevenire le crisi economiche o le minacce terroristiche.

Quando milioni di cervelli interagiscono – nelle folle, sui mercati, nell’arena politica – succedono fenomeni complessi. Sono ardui da modellare e da prevedere. Secondo Andreas Weigend (www.weigend.com), tra i massimi esperti a livello mondiale nell’analisi dei dati e nel marketing informatico, «i dati personali raddoppiano ogni anno e mezzo, mentre quelli tecnologici ogni due anni». In questo scenario, da un lato, si può enfatizzare il protagonismo dell’attore/consumatore, dall’altro si può rilevare il ruolo dei condizionamenti derivanti dalla società. Il fenomeno dei social network ripropone l’antico dualismo tra azione e struttura, libertà e determinismo, comunità e società. Andreas Weigend – provocatorio e divertente – tenta di superare questo dilemma, nella migliore tradizione sociologica, riconoscendo la capacità condizionante delle strutture sociali e salvando l’intenzionalità dell’attore.

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Data Manager: Che cosa è il potere?

Andreas Weigend: Il potere deriva dalla conoscenza. Ma la conoscenza dei dati e delle informazioni da sola non basta. Ciò che fa la differenza è la capacità di creare relazioni di senso tra le informazioni e i fenomeni. L’interpretazione corretta dei dati è fondamentale.

Esiste un pericolo grande fratello?

Nella Germania Est, si torturavano le persone per avere le stesse informazioni che, oggi, sono disponibili su Facebook. Milioni di tags Rfid sugli scaffali tracciano i nostri comportamenti. Quando forniamo dei dati che riguardano la nostra vita bisogna stare attenti alle conseguenze. Certe informazioni per qualcuno possono essere spazzatura per altri un tesoro. Prima abbiamo connesso i computer, poi le persone. Adesso ci stiamo muovendo verso la condivisione dei dati e questa è la base della social data revolution. In principio, siamo stati soggetti passivi nel rapporto con la Rete; ora, in pochi anni, oltre a fornire dati impliciti, stiamo producendo contributi attivi. La gente condivide esperienze, interessi, relazioni. Questo dato di interazione sociale è un driver importantissimo per la ricerca del marketing come moltiplicatore di efficacia. La condivisione volontaria delle informazioni rappresenta una vera rivoluzione nel trattamento delle informazioni e ha cambiato tutto, o quasi.

Questo ha mutato anche l’approccio alle vendite?

Vendere o acquistare non è più solo una transazione commerciale. Chi lo pensa appartiene a un mondo in via di estinzione. I consumatori scelgono in base alla propria identità autocostruita, grazie alle informazioni disponibili sulla Rete. Gli individui sono sempre meno massa indistinta e sempre più comunità attiva e selezionata sulla base delle scelte individuali. Siamo immersi nei dati e nelle informazioni come nell’aria che respiriamo. Tutto ciò che facciamo e che riguarda la nostra vita è rappresentato da dati che possono essere scambiati.

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Le persone parlano alle persone, ma le aziende devono ascoltare o inserirsi in questo dialogo?

Le quattro “C” del marketing 2.0 sono: content, context, connection, conversation. Marconi, forse, aveva torto. Il segreto della comunicazione non è come portare a destinazione il messaggio. L’informazione è una scusa per comunicare, per costruire relazioni. Il tagging è uno strumento molto potente. Qualcuno può taggarsi come idiota, ma è un rischio da considerare con attenzione. Comprendendo il grafico sociale di un individuo, possiamo capire i comportamenti del suo gruppo di riferimento che, peraltro, può essere messo a rischio da un individuo fraudolento. Stiamo attenti a dare l’amicizia su Facebook a chiunque.

Real life contro social network?

A ognuno di noi è lasciata la libertà di esprimersi in Rete e di decidere cosa i nostri dati possono rivelare di noi stessi. Ci sono informazioni che decidiamo di fare circolare e ci sono informazioni implicite. Una realtà che spaventa i non nativi digitali, ma che non ha ragione d’essere per le nuove generazioni per le quali non c’è differenza.

In un mondo trasparente tutti sanno, ma tutti sanno anche essere migliori per paura di perdere la reputazione. Le aziende devono fare attenzione al prodotto e non focalizzarsi sugli influencers.

In un mondo trasparente conviene essere trasparenti.

Come si fa non perdere il controllo?

Bisogna passare un’ora la giorno sulla Rete e tenere d’occhio cosa si dice in Rete di noi, della nostra azienda, dei nostri prodotti. Inutile puntare sui tool di moda, meglio puntare sulle informazioni che essi veicolano. Non serve collezionare montagne di dati. Quello che conta è riuscire a leggere quei dati per capire le aspettative dei target di riferimento.

Che cosa si intende per social data revolution?

La condivisione delle informazioni è alla base di questo fenomeno. Ogni volta che siamo collegati a un social network non solo scambiamo informazioni con i nostri amici veri o presunti, ma scambiamo dati con il mondo intero.

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Qual è l’approccio delle aziende al fenomeno?

Le aziende si dividono in due categorie: quelle che si sentono minacciate dallo scambio di informazioni e quelle che hanno capito che possono utilizzare questo sistema a loro vantaggio.

Amazon.com è un esempio. Molte banche e molte compagnie aeree invece appartengono all’altra categoria. Queste aziende devono comprendere chi sono i loro clienti e fare qualcosa per venire incontro ai loro desideri e alle loro necessità. Quando manager e imprenditori mi chiedono un consiglio, dico loro semplicemente di fare come Amazon. L’interazione sociale sul Web è determinate nel processo decisionale. Dell nei primi sei mesi del 2009 ha incrementato di dieci volte il fatturato in proporzione ai suoi contatti sul Web. I social network rappresentano una risorsa nelle ricerche di mercato per valutare il messaggio migliore. Molte aziende stanno esplorando le potenzialità di business di Facebook o Twitter, ma non siamo arrivati a un modello valido.

Il Web 2.0 sta cambiando il rapporto tra prodotto e cliente?

Dal 5% al 25% del business è generato dal marketing che dà consigli sugli acquisti in funzione di ciò che è stato acquistato in precedenza. Non è più questione di brand o di immagine, ma di scelte. Oggi, il mezzo non è solo il messaggio, ma anche chi lo veicola e l’immediatezza con cui lo fa. Tutto sta cambiando. Il consumatore diventa attore del ciclo di produzione. Ciò che attira l’attenzione esprime un’intenzione implicita. Il brand non è più monolitico, ma diventa un dialogo in divenire. I segmenti di mercato sono sempre più frammentati fino a rappresentare singoli individui. La comunicazione, da capacità di creare bisogni, diventa capacità di ascoltare i bisogni. Le vendite diventano servizio. Le transazioni diventano conversazioni.

C’è differenza tra individui e consumatori?

Ci sono solo individui che compiono delle scelte più o meno razionalmente, individui singoli che scelgono attraverso quarantamila tweets al minuto, mezzo milione di items su Facebook, quattro milioni di ricerche su Google.