Ad infondere nuove speranze per la cura dell’autismo è uno studio italiano condotto dall’università di Milano che apre la strada all’uso di innovativi farmaci molecolari

La ricerca è stata condotta da un team di ricercatori coordinati da Giuseppe Testa dell’Istituto europeo di oncologia e dell’università degli Studi di Milano, in collaborazione con il gruppo di Giuseppe Merla della Casa Sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), e pubblicato su Nature Genetics.

Lo studio si è concentrato su due malattie determinate da alterazioni speculari nel dosaggio genico: la perdita o la duplicazione di 26 geni che stanno sul cromosoma 7. La perdita di una copia di questi geni causa la sindrome di Williams, una patologia che si manifesta con un ritardo mentale grave che condiziona il linguaggio, definendo un profilo di personalità che una volta veniva chiamato “da cocktail party”. La duplicazione degli stessi geni però da alcuni anni viene messa in relazione anche all’autismo, che invece presenta sintomi opposti e i cui fattori di sviluppo sono già presenti durante la gestazione.  Gli studiosi italiani hanno evidenziato che tra questi 26 geni uno in particolare, GTF2I, ha un ruolo determinante come ”fattore di trascrizione”: un gene regolatore della funzione di molti altri geni, che può accendere o spegnere. Altre ricerche hanno inoltre dimostrato che c’è un legame preoccupante tra l’esposizione ai pesticidi durante la gravidanza e le probabilità di insorgenza di questa patologia.

Leggi anche:  Regole d'oro per prolungare la vita: come aggiungere fino a 24 anni al tuo percorso di vita

Inibitori farmacologici usati per curare malattie del neurosviluppo

“Abbiamo scoperto – spiega il coordinatore della ricerca, GiuseppeTesta – che GTF2I non agisce da solo, ma in associazione con un enzima, LSD1, coinvolto anche in molti tipi di tumore e contro il quale si sono cominciati a sviluppare, anche qui in Ieo, molti nuovi farmaci. Ebbene, siamo riusciti a dimostrare che la somministrazione di farmaci contro LSD1 è in grado di ripristinare il corretto funzionamento di alcuni circuiti molecolari, anche in presenza di anomalo dosaggio di GTF2I, aprendo de facto la strada allo studio di come questi inibitori farmacologici possano essere un giorno impiegati anche nell’autismo e più in generale nelle malattie mentali del neurosviluppo. Proprio sui neuroni riprogrammati a partire dalla cute dei pazienti reclutati per il nostro studio partirà ora lo screening farmacologico per nuovi composti”.