La misofonia è un disturbo che genera insofferenza verso i rumori quotidiani di bassa intensità

Infastidirsi per il pianto continuo di un bambino o per l’abbaiare insistito di un cane può essere comprensibile e non celare alcuna patologia. Quando invece ci si innervosisce eccessivamente e si hanno veri e propri scatti di rabbia in risposta a suoni comuni come quello del respiro di una persona, la masticazione o il suono del bere, allora si potrebbe soffrire di misofonia. Secondo un precedente studio americano l’ipersensibilità dell’udito rivelerebbe una personalità geniale, quindi il fastidio verso i rumori non è così preoccupante, in quanto indice di un’indole creativa e brillante. Un altra ricerca aveva dimostrato che l’udito umano è in grado di filtrare i suoni che ci infastidiscono, facendo da filtro e sintonizzandoci solo su alcune frequenze considerate positive.

Un impulso ad aggredire chi fa rumore

Uno studio dell’Università del Newcastle ha rivelato che si tratta di una patologia comune, che genera un comportamento negativo come ad esempio rabbia e ansia, nei confronti dei rumori di tutti i giorni. Si tratta di suoni che provengono normalmente dalle persone durante le loro attività quotidiane, come il rumore prodotto dal vostro vicino di scrivania o da chi è seduto accanto a noi al ristorante o semplicemente un respiro più profondo del solito. Basta poco per scatenare l’insofferenza, che si può manifestare in un impulso ad aggredire la fonte del rumore.

Si sviluppa già a 5 anni

La misofonia è descritta come un’anormale connettività funzionale dell’insula all’interno del cervello e reazione esagerata ai rumori.

Condotta su persone di diversa età e genere, la ricerca ha rilevato che quasi uno su due dei soggetti interessati soffre di questa patologia, che potrebbe già manifestarsi già all’età di 5 anni.

“La misofonia non può essere classificata come un disturbo psichiatrico o neurologico. Con essa non vengono riscontrate particolari effetti pericolosi o lesivi al momenti. Tuttavia; coloro che ne soffrono non denunciano il disturbo per paura dello stigmatizzazione che questo potrebbe causare alla loro vita. Solo i medici sono generalmente consapevoli del disturbo. Questo studio definisce un fenotipo chiaro sulla base dei cambiamenti di comportamento nei soggetti interessati. Le risposte autonome, l’attività cerebrale e la struttura del problema guideranno gli sforzi in corso per classificare questa malattia perniciosa.”

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