E’ da sempre opinione comune in ambito nutrizionale suddividere i grassi in ‘buoni’ e ‘cattivi’, facendo riferimento agli effetti benefici o negativi a lungo termine sull’organismo che li assume: in particolare si è sempre creduto che una dieta ricca di grassi saturi facesse male al cuore, aumentando il rischio di infarto

Da una recente analisi pubblicata sugli Annals of Internal Medicine, guidata dagli esperti dell’Università di Cambridge (Regno Unito), arriva invece una sorprendente smentita: non esiste un’associazione certa tra il livello totale di queste sostanze e la probabilità di sviluppo di malattie coronariche, sia che venga misurato nel sangue sia che venga rilevato negli alimenti. Del resto anche recenti ricerche hanno messo in luce come una dieta senza grassi non sia necessariamente un bene per il cuore, promuovendo i benefici della dieta mediterranea.

Non esistono solo “buoni” e “cattivi”

La ricerca, che ha considerato un campione di 600 mila persone in 18 nazioni, ha anche messo in dubbio gli effetti benefici dei cosiddetti “grassi buoni” da sempre decantati dai nutrizionisti, ovvero i grassi polinsaturi come omega 3 e omega 6. Per esempio uno studio italiano dell’anno scorso ha dimostrato che l’assunzione di Omega 3 non ha effetti sulla mortalità per problemi cardiovascolari. Anche se gli studiosi spiegano che non bisogna generalizzare, in entrambi i casi infatti il quadro è molto più complesso di una semplice dicotomia tra “buoni” e “cattivi”: ad esempio, nel caso di omega 3 e omega 6, ne esistono diversi sottotipi nel sangue che incidono in modo differente sul rischio di malattie coronariche, che si riduce con l’aumentare dei livelli di EPA e DHA e di acido arachidonico (omega 6). 

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Viceversa, la nobilitazione dei grassi saturi presenti in moltissimi alimenti di origine animale e vegetale –  burro, olio di arachidi, di girasole e di palma, solo citarne alcuni – non riguarda tutte le sostanze: gli studiosi hanno evidenziato un’associazione tra i livelli ematici di acido palmitico e acido stearico e una maggior incidenza di danni cardiovascolari, mentre l’acido margarico (contenuti nei latticini) ridurrebbe in modo significativo questi rischi per il cuore.

Bisogna rivedere le linee guida nutrizionali?

“Questi sono risultati interessanti che potrebbero stimolare non linee di ricerca scientifica e incoraggiare a riprendere in considerazione le nostre attuali linee guida nutrizionali”. Questa è la riflessione conclusiva di Rajiv Chowdhury, primo autore dell’analisi.

Lo studio infatti sembra sovvertire le tesi finora sostenute dai nutrizionisti e ormai entrate a far parte dell’opinione comune.

“Questa analisi dei dati a disposizione suggerisce che non ci siano abbastanza prove per affermare che un’alimentazione ricca di grassi polinsaturi e povera di grassi saturi riduca il rischio di malattie cardiovascolari – spiega Jeremy Pearson, direttore medico associato della British Heart Foundation – Tuttavia sono necessari studi clinici su larga scala prima di giungere a una conclusione definitiva. Il modo migliore per mantenere il cuore in salute, insieme ad assumere tutti i farmaci necessari, è smettere di fumare, mantenersi attivi e assicurarsi che l’alimentazione sia sana da un punto di vista globale. Ciò significa non tenere in considerazione solo i grassi nella dieta ma anche l’assunzione di sale, frutta e frutta e verdura”.