Commuove la notizia del protocollo che consente la permanenza, all’interno di una struttura ospedaliera per malati terminali, degli animali d’affezione appartenenti al nucleo familiare: precisamente si tratta dei residence di San Felice a Ema, San Giovanni di Dio e delle Oblate, nella zona di Firenze

“Da tanti anni nella nostra struttura ci sono dei residenti speciali, pappagallini portati qui da una signora consapevole di essere alla fine della vita che li ha lasciati perché li accudissimo”- spiega il primario Piero Morino.

Piccoli o grandi, ma sempre fedeli fino alla fine

Così Morino spiega le finalità del protocollo: “abbiamo formalizzato una consuetudine già consolidata in linea con gli obiettivi degli hospice, ossia ricreare, in un ambiente protetto, l’atmosfera di casa”. E la misura risulta di facile attuazione anche perché ad ogni paziente è riservata una stanza singola, nel rispetto della privacy e della tranquillità di tutti gli ospiti della struttura.

L’obiettivo non è quindi quello realmente curativo della pet therapy, ma quello di dare comunque conforto ai pazienti nella fase terminale della propria malattia, rendendo meno duro il distacco. 

L’obiettivo non è propriamente quello curativo della pet therapy, ma si cerca di dare un ultimo conforto ai pazienti nella fase terminale della propria malattia, rendendo meno duro il distacco. 

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Le stanze del residence sono aperte quindi ad animali di tutti i tipi, tartarughe e criceti compresi, anche se resta il cane l’animale da compagnia prediletto dai pazienti.