Tra i disturbi del sonno più frequenti, l’insonnia logora l’umore e l’organismo di chi ne soffre e si ritrova a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati senza riuscire in alcun modo a prendere sonno. I motivi di questa diffusissima patologia possono essere i più disparati, dall’abuso di caffeina alla cosiddetta “insonnia da Hi-tech”: ma cosa accade nel cervello di una persona insonne?

Questa è la domanda che si sono posti i ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine, che hanno rilevato nelle menti dei soggetti monitorati una maggior attività e plasticità delle regioni cerebrali coinvolte; come se il cervello non si spegnesse mai e fosse acceso 24 ore su 24, sempre pronto a ricevere input dal mondo esterno e a rielaborare informazioni, inibendo il sonno.

Cervello più plastico e attivo

La ricerca, pubblicata su Sleep,  ha sottoposto il cervello di 28 partecipanti, 18 con insonnia e 10 senza disturbi del sonno, a una serie di stimolazioni magnetiche transcraniche (Tms). Nella Tms delle piccole correnti elettromagnetiche, non dannose, sono applicate in alcune regioni (quelle delle corteccia motoria, in questo caso), dove temporaneamente le funzioni cerebrali sono compromesse. Questo sistema consente di analizzare la funzionalità dei circuiti neuronali.

In questo caso specifico lo studio era orientato a mettere in luce il grado di plasticità di questa regione, ovvero la sua capacità di adattarsi e rispondere agli stimoli esterni. Per fare ciò, gli scienziati hanno stimolato i partecipanti perché muovessero i pollici e successivamente hanno insegnato loro a muovere il dito in direzione opposta, osservando se durante l’applicazione di nuove correnti il movimento era stato acquisito: un chiaro indice di maggior plasticità neuronale.  L’apprendimento del nuovo movimento si è rivelato più facile per i soggetti affetti da insonnia cronica. Un cervello più plastico, dunque, e più attivo nella regione della corteccia motoria.

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Un aiuto per la diagnosi

Anche se lo studio ha portato a risultati indubbiamente interessanti, ancora resta da capire le ragioni di quanto osservato dagli studiosi. Non è chiaro infatti il rapporto causa-effetto del fenomeno, ovvero se l’aumentata plasticità sia una causa o una conseguenza dell’insonnia e se la stessa capacità di adattarsi ai cambiamenti sia un vantaggio o meno per chi ne soffre.

Al momento quel che è certo è che la Tms potrebbe essere usata come uno strumento di diagnosi per l’insonnia e che si potrebbero ipotizzare dei trattamenti, come la riduzione dell’eccitabilità dei neuroni, basati proprio su queste recenti osservazioni.