Passi da gigante sono stati fatti negli ultimi mesi nell’ambito delle modalità di somministrazione dell’insulina, che è ancora fondamentale per chi soffre di diabete: anche in Italia arriva finalmente un dispositivo intelligente, in grado di prevedere le crisi ipoglicemie

Dopo l’insulina “on demand” frutto di una ricerca del Mit di Boston, che si attiva solo quando serve grazie a una molecola modificata, in Italia arriva un dispositivo “smart”, presentato al congresso “Diabete: l’era della tecnologia intelligente” di Roma. Una tappa importantissima vero la creazione del cosiddetto “pancreas artificiale”, che permetterà ai pazienti diabetici di regolare i livelli del glucosio nel sangue.

La ricerca scientifica ultimamente ha fatto grandi passi avanti nell’ambito della cura del diabete, dal cerotto temporaneo per misurare la glicemia al sistema di microinfusione bio, per rilasciare l’insulina solo quando serve.

Questo nuovo microinfusore unisce un monitoraggio continuo dei livelli del glucosio con una pompa che eroga l’insulina, ma a differenza dei dispositivi attuali, che bloccano l’infusione quando ormai la glicemia è troppo bassa, questo dispositivo è in grado di calcolare con un algoritmo l’arrivo di una crisi.

Verso il pancreas artificiale

“È un sistema molto promettente”, ha spiegato Riccardo Schiaffini, diabetologo pediatra dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. “Almeno il 50% dei pazienti con diabete di tipo 1 – ha aggiunto – ha una ipoglicemia notturna, e ogni paziente ha almeno una ipoglicemia grave a settimana”.
Totalmente rimborsato dal Servizio sanitario nazionale, il dispositivo sarà destinato soprattutto ai pazienti con diabete di tipo 1, ma potranno usarlo anche quelli con diabete d tipo 2.

“Questo è un deciso passo avanti”, ha confermato Emanuele Bosi, direttore del Diabetes Research Institute dell’ospedale San Raffaele di Milano. “Sono ormai dieci anni che si lavora al pancreas artificiale, e quello che una volta sembrava solo un sogno ormai è una realtà in vista. Nonostante gli enormi progressi degli ultimi decenni c’è ancora molto da fare, lo testimonia il fatto che il rischio di mortalità di un ragazzo diabetico è ancora doppio rispetto a quello di uno che non ha il diabete”.

 

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