Uno studio sui topi porta a una svolta rivoluzionaria nella lotta contro il diabete congenito

Grazie al lavoro svolto da un team di ricercatori italiani e americani si apre una nuova importante possibilità per arrivare alla remissione completa del diabete di tipo 1, ricorrendo a cellule staminali emopoietiche modificate in laboratorio.

Questo straordinario risultato è stato ottenuto dal Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università di Milano, in collaborazione con il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School, utilizzando l’infusione di cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate per aumentare la sintesi di PD-L1, proteina carente nelle staminali ematopoietiche di soggetti affetti da diabete di tipo 1, patologia che colpisce oltre 300 mila persone solo nel nostro Paese, nonostante almeno 1 milione di persone ne siano inconsapevoli.

Rimodellato il sistema immunitario

Le cellule somministrate hanno bloccato la reazione autoimmune in modelli murini di diabete e in modelli ex vivo con cellule umane.

“Con la somministrazione di queste cellule il sistema immunitario viene rimodellato”, spiega il Professor Paolo Fiorina, direttore del centro di ricerca internazionale sul diabete di tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi. “Lo studio mostra come le cellule staminali, trattate e successivamente iniettate nel topo, siano in grado di migrare nel pancreas, sito in cui sono contenute le isole pancreatiche che producono insulina. In tutti i topi trattati il diabete è stato completamente curato e un terzo di loro ha mantenuto la normoglicemia per una lunga durata. La proteina PD-L1 è stata ripristinata sia tramite terapia genica che usando un approccio farmacologico con molecole di piccole dimensioni”.

Nessuna controindicazione

Non è la prima volta che si fa ricorso alla via immunoterapeutica per fermare l’attacco dell’organismo alle cellule insulari per curare i pazienti affetti da diabete di tipo 1. Recentemente è stato scoperto l’anticorpo che ne predice l’insorgenza, ma finora non si era mai arrivati a una terapia efficace nell’arrestare effettivamente l’avanzamento della malattia.

“La forza di questo approccio” aggiunge il Professor Fiorina “è la virtuale mancanza di possibili controindicazioni, poichè con questo metodo si andrebbero ad utilizzare cellule provenienti dai pazienti stessi”. Tuttavia saranno necessari ulteriori approfondimenti per stabilire la durata degli effetti di questa nuova terapia genica e determinare con esattezza la frequenza di somministrazione della cura.

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