Identificata l’origine della malattia nell’area che regola l’umore

Non si tratterebbe dell’area del cervello associata alla memoria ma l’origine dell’Alzheimer sarebbe causata dalla morte dei neuroni presenti nell’area legata anche ai disturbi d’umore. Una straordinaria scoperta che apre a nuovi orizzonti di cura per la malattia considerata la piaga dell’epoca moderna, ottenuta grazie a uno studio italiano pubblicato su Nature Communications coordinato da Marcello D’Amelio, professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Nel 2014  l’Istituto Europeo per la Ricerca sul Cervello (Ebri) fondato dal Nobel Rita Levi Montalcini aveva scoperto il meccanismo che provoca la patologia, che pare sia favorita dalla mancanza di sonno e dall’eccesso di carne cotta, e la conseguente degenerazione del cervello, che gli esperti ritengono possa essere rallentata grazie all’assunzione di vitamina D.

L’ippocampo non c’entra

Fino ad oggi si credeva che la malattia fosse causata da una degenerazione delle cellule dell’ippocampo, area cerebrale da cui dipendono i meccanismi del ricordo. Questa nuova ricerca, condotta in collaborazione con la Fondazione IRCCS Santa Lucia e del CNR di Roma, rivela invece che l’area collegata allo sviluppo della malattia è quella tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, neurotrasmettitore collegato anche ai disturbi d’umore.

La morte dei neuroni che producono dopamina causa il mancato arrivo di questa sostanza nell’ippocampo, inceppando il meccanismo che consente di trattenere i ricordi. Un’ipotesi che è stata confermata somministrando su modelli animali due diverse terapie mirate a ripristinare i livelli di dopamina. I riusati mostrano che veniva recuperato il ricordo, ma anche la motivazione. Finora si è cercato di arginare l’Alzheimer mettendo in atto scelte di vita preventive, che rallentassero l’incedere della demenza senile e preservassero l’integrità dei neuroni

Depressione e perdita di memoria

“L’area tegmentale ventrale – chiarisce D’Amelio – rilascia dopamina anche nell’area che controlla la gratificazione. Per cui, con la degenerazione dei neuroni dopaminergici, aumenta anche il rischio di perdita di iniziativa”. Ecco perché all’alzheimer si accompagna spesso anche un progressivo disinteresse nei confronti delle attività quotidiane, fino a scivolare nella depressione vera e propria.

Sembra però che i cambiamenti dell’umore associati all’Alzheimer non sarebbero conseguenza della sua comparsa, ma una spia iniziale della comparsa della patologia.

“Perdita di memoria e depressione – conclude D’Amelio – sono due facce della stessa medaglia”.

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