IT Transformation. Quale ruolo per i servizi professionali?

Rizzotto Fabio_Idc

Il fattore umano sarà differenziante nell’era digitale e dell’automazione dei sistemi IT e dei processi di business

Dietro alle consolidate classificazioni dei servizi professionali IT (consulting, systems & network integration, application development, training & education) si nascondono ormai trasformazioni epocali. Più si parla di Digital Transformation e IT Automation, più questo cambiamento è rapido. Per gli attori dell’offerta di servizi e per le aziende che ne fanno ricorso.

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Una recentissima indagine IDC (3rd Platform Professional Services Survey, Gennaio 2015) mette in luce l’approccio che le aziende mondiali stanno adottando per innovare. Il 35% dichiara di adottare risorse interne; quasi il 30% ricorre a cloud service provider (di fatto segnando anche una trasformazione del modello IT: dal public al private passando per le formule hybrid); il 35% utilizza business consultant, system integrator, hardware e software vendor, telco provider etc. Il forte ricorso a terze parti per compensare la carenza di tempo, risorse e competenze si accompagna all’esigenza di mantenere internamente le competenze strategiche, su cui far leva per valorizzare asset e core business in questo momento “disruptive”.

Per gli attori dell’offerta la sfida è grande. Posizionarsi come partner nei nuovi scenari cloud, mobile, social, big data e IoT è un esercizio complesso e chiama in causa l’intera organizzazione, non solo i modelli di service delivery. Ma osserviamo ora alcune dinamiche che caratterizzano l’evoluzione di questi servizi rispetto ad alcuni mercati emergenti.

Evoluzione dei servizi

Uno dei segmenti a maggior crescita è il cloud, in cui le aziende pongono questioni complesse. Come cambia l’approccio alla “migration” nel cloud rispetto alle iniziative di migrazione tradizionale? I system integrator hanno le competenze necessarie per gestire la transizione di processi e applicazioni in ambienti cloud? Quali sono e dove risiedono gli asset infrastrutturali dei cloud service provider? Dal confronto con il mercato e con l’offerta emergono una serie di driver, ma anche fattori di rischio per i service provider con riguardo al cloud. Le leve vincenti risiedono nell’abilità di coniugare competenze tecnologiche trasversali in ambito cloud con esigenze industry-specific, quindi con conoscenza dei processi e capacità di trasformarli. Tra i principali fattori critici emerge la sovrastima del “cost-saving” legato alla transizione cloud, spesso non accompagnata da strategie di reindirizzamento delle risorse potenzialmente liberate. Altre sfide riguardano la sfera del vendor lock-in (percepita o reale), così come l’ambito del project management, visto rispetto alle tempistiche ma soprattutto rispetto alla difficoltà di gestire rifocalizzazioni e cambiamenti in corsa. La crescita dei cloud professional services a livello mondiale è sostenuta. Secondo IDC, nel periodo 2012-2017 il tasso di crescita medio annuo è superiore al 20% per tutte le componenti, dalla IT consulting alla system & network consulting e integration, con punte del 30% per il custom application development.

Big Data, grande opportunità

Per le aziende, il ricorso a servizi professionali IT è necessario per comprendere use e business case, definire obiettivi, identificare le fonti dati interne ed esterne da valorizzare, creare il corretto mix di tecnologie, soluzioni e processi. La sfera della Data e Information Management assume complessità crescente nell’era Big Data. Facendo leva anche su hardware e software, le imprese hanno bisogno dei service provider per “aprire” i propri sistemi ed esplorare il potenziale, gestire le nuove architetture e i crescenti volumi di dati internamente o in ambienti esterni (cloud), creare nuove pratiche e competenze analitiche. Processi vincenti di “service engagement” dovranno però misurarsi con la necessaria maturità tecnologica, su confronto e rapporto di fiducia, sulla capacità dei vendor di conciliare investimenti richiesti e ROI. è questa la sfida più grande, in cui il ruolo dell’azienda cliente è comunque indispensabile (se non primario): il successo e la sua misurazione dipendono anche dalla capacità dell’intera organizzazione di lavorare su diverse leve interne (sponsor, cultura e change management, comunicazione, committment, gruppi di lavoro interfunzionali etc.). Molte delle competenze richieste oggi dai nuovi scenari Big Data non esistono o sono in via di definizione (data scientist, per esempio). I service provider possono colmare parzialmente questo gap; non mancano iniziative da parte della community degli operatori che lavora internamente con propri “Labs” e a stretto contatto con università ed enti formativi (in generale, lo skill gap su nuove tecnologie e “digital” è in crescita in tutta Europa).

Mobility per i servizi professionali

Esigenze di sviluppo applicativo, migrazione, integrazione sono sempre più pressanti per le aziende per posizionare offerte e processi sui nuovi mercati. E le dinamiche spingono verso un rafforzamento del bisogno di coniugare sviluppi in ambito front-end con evoluzione del back-end, unica strada per consentire l’evoluzione dell’intera organizzazione verso l’economia mobile e digital.

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Le opportunità per i service provider sono estese perche esteso è l’ecosistema mobile. Interoperabilità delle piattaforme mobili con le infrastrutture aziendali, implementazione di soluzioni in mobilità per la forza lavoro, sviluppo di mobile app native, creazione di policy e soluzioni di sicurezza, compliance, gestione di applicazioni e contenuti. Mobile specialist e developers sono sempre più richiesti.

Sicurezza IT

Spinta dalla mobility e dalle crescenti minacce per le aziende, anche la sicurezza IT fa sentire la sua voce e chiama in causa non solo hardware e software vendor, ma anche servizi professionali. Access management, network security, data protection, policy management, predictive e intelligent security. Dalla consulenza alla implementazione fino alla formazione, le aziende ricercano supporto per innovare mitigando i rischi, per aumentare la visibilità e la percezione delle minacce, per accedere a competenze ed essere preparate a gestire potenziali incidenti.

Servizi professionali di BPO

Il cambiamento è in atto anche per i servizi professionali di BPO (Business Process Outsourcing). I servizi di customer care/contact center sono un esempio di mercato in trasformazione. Cambiano attitudini, competenze, approcci, processi, tecnologie richieste agli operatori di contact center: l’interazione, il rapporto, l’esperienza con il cliente risente della forte spinta alla multicanalità. Cambiano le preferenze dei consumatori, cambiano le modalità con cui intrecciano e usano i vari canali (mobile, social, web etc.), facendo insistere sul canale telefonico molte più sfide e complessità rispetto al passato. Ai provider è richiesta un’evoluzione della proposizione, che apre a nuove opportunità: supportare l’integrazione delle informazioni strutturate e non derivanti dalle conversazioni con i clienti, definire nuovi processi per assicurare consistenza e valore alle informazioni, fornire competenze e soluzioni analitiche per indirizzare nuovi bisogni di customer insight.

Nuove regole, nuove competenze

Il panorama delle opportunità è molto vasto, gli esempi potrebbero andare avanti all’infinito. Servono nuove regole di ingaggio, nuove competenze, nuove modalità di project management. Servono anche marginalità per questi servizi e giusta “remunerazione” per le figure professionali coinvolte (ovvero adeguate “tariffe di mercato”). Quest’ultimo aspetto chiama in causa un problema storico, che nel nostro Paese ha raggiunto negli anni scorsi un trend negativo preoccupante legato alla crisi, alle pressioni da parte della domanda e alla forte competizione nell’offerta. Una dinamica che ci auguriamo possa trovare maggiore equilibrio nella prospettiva della trasformazione digitale.

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Fabio Rizzotto, senior research & consulting director – IDC Italia