Huawei combatte gli Stati Uniti con le pubblicità sui giornali

Huawei, altri dieci anni difficili secondo il fondatore

“Chi è più affidabile tra noi e loro?” si chiede Huawei, che ha deciso di rispondere tono su tono alle accuse provenienti da Washington

Huawei ha comprato una pubblicità a tutta pagina su diversi importanti giornali statunitensi per negare l’accusa che le sue apparecchiature di rete sono un rischio per la sicurezza. La pubblicità è apparsa sul Washington Post, sul New York Times, sul Wall Street Journal, su Politico, USA Today e sul Los Angeles Times, il 28 febbraio. Tramite questa mossa, la cinese ha esortato i lettori a farsi un’idea seria sulla società, sostenendo che il governo di Washington ha messo in circolo vari fraintendimenti, con riferimento al lavoro in aree critiche, e perciò molto controllate, del sistema. “Non credere a tutto ciò che senti” – afferma il messaggio – le nostre porte sono sempre aperte. Vorremmo che il pubblico degli Stati Uniti ci conoscesse meglio”.

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Cosa può fare

La mossa è l’ultima di una serie di rifiuti pubblici di affermazioni condotte dagli Stati Uniti secondo cui Huawei facilita la sorveglianza sponsorizzata da Pechino, tramite collegamenti condotti con il governo cinese. L’azienda è stata fermata dal mercato statunitense, mentre diversi altri paesi hanno espresso preoccupazioni sull’utilizzo degli attrezzi del fornitore nelle loro infrastrutture di telecomunicazione ma senza prendere posizioni nette a riguardo. Il fondatore Ren Zhengfei ha incontrato giornalisti stranieri e ha tenuto un’intervista con la BBC qualche settimana fa, per spiegare la situazione, mentre al Mobile World Congress di Barcellona, ​​il presidente Guo Ping ha affermato che gli Stati Uniti stanno semplicemente andando avanti con tentativi senza senso e denunce infondate.

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“L’accusa di sicurezza che arriva dagli Stati Uniti in merito al nostro 5G non è surrogata da prove. L’ironia è che lo US Cloud Act consente alle entità governative di accedere ai dati dei cittadini nei confini, pensiamo al Datagate e a Prism. Chi è più affidabile tra noi e loro? È una domanda fondamentale, che gli americani dovrebbero farsi. E chi non la capisce dovrebbe fare un salto da Edward Snowden”.