Crittografia: cinque miti da sfatare

Troppi i preconcetti che a tutt’oggi impediscono alle aziende di adottare soluzioni di crittografia per proteggere i propri dati. Una riluttanza che potrebbe rivelarsi costosa se dovesse tradursi in una massiccia perdita di dati … Diamo un’occhiata più da vicino ai miti più comuni sulla crittografia dei dati

1Mito 1: “Crittografare i miei dati è uno spreco di denaro”

La crittografia dei dati è un po’ come una polizza assicurativa – se ne nota l’utilità solo quando sorgono problemi. Ma le cifre parlano chiaro. Secondo lo studio ‘2018: Studio sui costi della violazione dei dati: panoramica globale‘, condotto da Ponemon Institute per IBM, nel 2018 il costo medio per singola violazione si attestava in Italia su USD 3.43 milioni, con un volume medio di dati violati di 22.633 unità.

Come Stormshield ha evidenziato nel white paper “Trasformazione digitale delle aziende; dove si inserisce la sicurezza?” non possiamo più permetterci di ignorare le numerose nuove potenziali fonti di vulnerabilità, compresi il nomadismo digitale, i servizi di condivisione di documenti basati su cloud e il maggiore utilizzo di oggetti connessi.

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Conclusioni

In breve, dato che subire un furto di dati è molto più costoso che proteggerli, che nel tempo la tecnologia è diventata molto più fruibile, che nessuno è al sicuro dagli attacchi informatici e, che, infine, la cifratura dei dati rimane uno dei sistemi di protezione più efficaci, non c’è davvero nessun motivo per cui le aziende non dovrebbero adottare solide soluzioni di crittografia.