Cloud Computing, Ibm investe in Asia e Nuova Zelanda

Nuovi piani di riorganizzazione e upgrade dei data center si focalizzano con investimenti in laboratori e infrastrutture avanzate a basso consumo energetico

Un nuovo data center del valore di 57 milioni di dollari ad Auckland, in Nuova Zelanda, che sarà completato nel 2010, un altro appena inaugurato in Corea del Sud e poi, ancora, l’apertura di un centro di ricerca in Hong Kong che si occuperà di sviluppare applicazioni collaborative basate su Lotus.

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Quest’ultimo occuperà 80 persone che lavoreranno come team allargato del Laboratorio di sviluppo creato in Cina in cui già sono impegnati circa 5 mila dipendenti.

Gi investimenti in area Asia-pacifico fanno parte di un piano triennale di riorganizzazione ed espansione dei quasi 500 data center sparsi globalmente per il mondo. Data center che saranno ri-attualizzati in base al nuovo modello di cloud computing.

Per i nuovi insediamenti Ibm vuole sfruttare al massimo le energie rinnovabili e ridurre il più possibile i consumi energetici contribuendo a un contenimento delle emissioni di carbonio.

Il data center di Auckland, per esempio, si avvarrà di un sistema di raffreddamento che nei periodi climatici più rigidi potrà sfruttare l’aria che verrà immessa forzatamente dall’esterno.

Il progetto del nuovo data center neozelandese è una buona notizia che servirà anche ad alleviare le preoccupazioni di uno dei più importanti clienti Ibm che opera sul territorio, vale a dire la compagnia aerea Air New Zealand, che nell’ottobre scorso a causa di un guasto a uno dei generatori del data center ha subito delle interruzioni di servizio che hanno compromesso il sistema di prenotazioni online e lo stesso call center arrecando disagi a più di 10 mila passeggeri.

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Il problema è sorto durante uno dei tanti interventi di manutenzione ordinaria è ha causato un guasto a uno dei generatori che alimentavano il mainframe dedicato al sistema di ticketing della compagnia aerea.

Non certo un buon esempio di efficienza nell’erogazione di un servizio che dovrebbe garantire innanzitutto business continuity, ovvero continuità operativa, quanto meno alle applicazioni aziendali più critiche.