Riparte il processo a Google per il video di abusi su disabile

L’accusa ha chiesto la conferma della condanna per tre manager italiani dell’azienda di Mountain View. “La colpa è della professoressa e non di Google” affermano gli avvocati di Big G

Oggi si è svolto il processo si appello per la vicenda che ha riguardato Google e un video caricato su Google Video che ritraeva un ragazzo affetto dalla sindrome di down molestato dai compagni di scuola. Il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Bertolé Viale, ha chiesto oggi la conferma della condanna inflitta in primo grado a tre dirigenti di Google, sei mesi di reclusione.

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“Una lezione di crudeltà”

La vicenda inizia nel 2006 quando viene postato su Google Video un filmato girato con il telefonino che ritraeva un ragazzo affetto dalla sindrome di down mentre subiva abusi da parte dei compagni di scuola. Nel 2009 era partito il processo contro tre dirigenti di Google, rei di non aver controllato preventivamente il contenuto del filmato. L’anno successivo il giudice Oscar Magi li condannò a sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per la violazione della normativa sulla privacy.

L’accusa

“Non solo è stata violata la privacy del minore, ma sono anche state date lezioni di crudeltà ai 5.500 visitatori che hanno visto il video”, ha spiegato la Bertolé Viale. Google avrebbe dovuto “effettuare un controllo sui dati caricati in rete, un controllo preventivo che avevano la possibilità di fare e che non è stato fatto per ragioni di costo, un controllo che infatti avrebbe rallentato l’azione di Google sul mercato dei video che era in forte espansione”, ha concluso il sostituto procuratore.

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La difesa

Google si è sempre difesa affermando che non è possibile controllare a priori il contenuto di tutti i video caricati sul proprio servizio, inoltre, operando in accordo con la normativa sul commercio elettronico, Mountain View ha l’obbligo di rimuovere un filmato solo in seguito a richieste legali motivate.”Sarebbe come perseguire il servizio postale per il contenuto diffamatorio di una lettera che si è ricevuto”, osservò una portavoce di Google nel 2008.

“Non esiste nell’ordinamento italiano un obbligo per Google di controllare il contenuto dei video”, ha sostenuto l’avvocato Giuseppe Vaciago, legale della società, che ha poi sottolineato la tempestività con la quale Google ha rimosso il video, esattamente 2 ore dopo la segnalazione da parte della Polizia Postale. 

La vera responsabile secondo Vaciago è la professoressa, che non ha impedito la registrazione del video:  “Non ha mosso un dito mentre i ragazzi filmavano, ha guardato impassibile una scena riprovevole. A differenza nostra che non avevamo un obbligo giuridico di controllo, lei ce l’aveva”.