Agricoltura Social

Tecnologia e agricoltura sono stati, fino a pochi anni fa, concetti molto diversi. Benchè popolare in certi contesti, l’agricoltura comunitaria non era il modo migliore per diventare concorrenziali sul mercato, data la scarsa capacità di produrre e distribuire velocemente il prodotto alla massa. Per fortuna gli sviluppi della tecnologia consentono oggi ai mercati più datati di comunicare meglio con il resto del mondo. Un panorama che è particolarmente evidente oltreoceano dove una serie di applicazioni per strumenti mobili permettono di connettere produttori e consumatori, aziende agricole e colleghi per competere con i produttori di massa. Al centro di questa idea c’è la volontà di ridurre sempre più la povertà e di consentire alle piccole aziende di guadagnare fette di mercato che, seppur minime, consentono di rimanere in vita e di portare avanti la produzione interna. La chiave del successo è la condivisione di risorse e know-how, una particolarità presente da un po’ di tempo nell’internet dei social network.

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MFarm

Una startup dal Kenya, fondata da Jamila Abass e Susan Eva Oguya, utilizza la tecnologia SMS per consentire agli agricoltori di informarsi sul mercato attuale e sui prezzi regionali di colture specifiche, aggregando gli ordini di ofrnitura per ridurre i costi complessivi di acquisto. MFarm nasce per le richieste di aiuto da parte degli agricoltori del Kenya che si lamentavano per la mancanza di trasparenza nel mercato, nonché del costo elevato dei fattori di produzione agricola. In questo modo si tiene la situazione monitorata e in il più possibile trasparente per restituire un mercato locale più equo e giusto. La forza di MFarm è quella di richiedere agli utenti solo l’invio di un messaggio di testo visto che la maggior parte dei piccoli produttori agricoli vive ancora sotto la soglia della povertà con scarse risorse economiche e strutturali.

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iCow

Le fattorie africane condividono spesso una caratteristica: la mancanza di connessione, sia a livello fisico che tecnologico. Fondata da un agricoltore e imprenditore keniota, la startup iCow consente ai lavoratori locali di inserire informazioni sul bestiame in possesso e ricevere aggiornamenti su questioni importanti per ognuno di loro come la pratiche di alimentazione, arrivo dei giorni di gestazione, controllo delle malattie e tanto altro. Anche in questo caso il sistema si basa sugli SMS e finora raggiunge circa l’80% dei territori del Kenya, con una buona quantità di dati circa gli allevamenti e gli spostamenti del bestiame in particolari periodi dell’anno. L’importanza dell’informazione tra produttori e consumatori e vitale soprattutto in mercati piccoli ed emergenti dove spesso non si conoscono i rischi sulla salute degli utenti e su questioni critiche come la diseguaglianza nei mercati del paese; ad esempio lo scorso anno in alcune zone del nord del Kenya la gente moriva di fame, mentre nella valle centrale il cibo stava marcendo.

Farmigo

Anche nei paesi più sviluppati come gli Stati Uniti, i benefici dei social media e della condivisione delle informazioni, sono rimaste a lungo fuori dalla portata dei piccoli agricoltori. Per ovviare ad un tale gap sono nate alcune comunità online tra cui Farmigo con sede in California. Il portale è un’importante risorsa per gli agricoltori che possono gestire la raccolta, la vendita e la distribuzione dei loro prodotti e per i consumatori che possono sottoscrivere con i produttori locali alcune offerte e ricevere direttamente a casa gli ordini. La piattaforma guadagna il 2% su ogni transazione effettuata su Farmigo fornendo la tecnologia necessaria per la gestione delle derrate in arrivo e in partenza. La comunità nasce come alternativa ai classici canali di distribuzione, incentivando i prodotti agricoli locali attraverso la vendita, per le piccole aziende, con margini di profitto superiori grazie all’assenza di intermediari e all’incentivazione del consumo di prodotti che vengono coltivati proprio al fianco dei cittadini. Del resto gli stessi ideatori del sito dichiarano: “La nostra sfida più grande è quella di educare le famiglie sui benefici dell’acquisto diretto, in termini economici e di salute”.

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