ISchool, un passo verso la scuola 2.0

“Si può realizzare un modello alternativo di fare la scuola, dove invece di spendere in carta, distribuzione dei librai, si spendono soldi per dotare tutti gli studenti italiani di un pc, uno strumento più utile; permettendo così sia di limitare il digital divide che di incentivare la cultura informatica.”

Una classe senza libri cartacei, al posto della lavagna uno schermo interattivo multimediale, studenti e insegnanti che, tramite un netbook, studiano su un libro virtuale le cui pagine vengono arricchite da nuovi contenuti reperiti e condivisi dagli allievi stessi e validati dal docente.

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Uno scenario da film di fantascienza? No, è ciò che sta avvenendo oggi in due classi di seconda liceo classico linguistico dell’Istituto Scolastico Suor Orsola Benincasa, a Napoli; è la sperimentazione di nuovi strumenti e tecnologie di didattica digitale avviata da Telecom Italia (attraverso la propria struttura TiLab, che cura i processi di innovazione del gruppo) e dalla facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Si tratta della nuova piattaforma informatica per la didattica Ischool, le cui componenti software sono state sviluppate, a supporto di Telecom Italia, presso il Centro di Ricerca per l’Informatica e l’Automazione Industriale (Criai) di Portici.

Il docente spiega utilizzando una Lim (Lavagna interattiva multimediale) Oliboard fornita, congiuntamente ai netbook in dotazione agli allievi; a fine lezione tutte le annotazioni del docente, scritte alla lavagna, divengono esse stesse risorse da aggiungere alla piattaforma e vanno ad arricchire il testo del libro. Ma c’è di più; il docente può scegliere di registrare tutta la lezione, a beneficio di chi vuole rivederla e di eventuali allievi assenti per malattia. La lezione può quindi essere di nuovo fruita in maniera asincrona riascoltando la spiegazione del docente e seguendo di nuovo le azioni da lui eseguite alla lavagna (ad esempio in podcasting da casa). Ne abbiamo parlato con il Prof.Giorgio Ventre – Presidente del CRIAI

Come nasce il progetto ISchool?

Il progetto nasce dalla collaborazione di Telecom Italia, il CRIAI (Consorzio campano di ricerca per l’informatica e l’automazione industriale) e l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

L’iniziativa che si chiama appunto ISchool, nasce per favorire lo sviluppo di una piattaforma di condivisione in ambito scolastico. Non è una piattaforma di e-learning, quindi classica, di accesso alle informazioni per la didattica, ma piuttosto, uno strumento attraverso il quale una classe (intesa come studenti e docenti) condivide il materiale didattico lo elabora, lo commenta, ne fa un’ulteriore versione e poi la rende disponibile ad altri corsi, ad altre scuole, ad altre classi.

Quindi si può definire come un progetto di collaboration aziendale applicato al sistema scolastico?

Esatto. Chiaramente poi c’è tutto un aspetto infrastrutturale ed hardware connesso, infatti per abilitare la condivisione è necessario dotarsi di e-books, lavagne multimediali, ecc, ma a mio avviso questo è un aspetto marginale rispetto a quello della piattaforma di condivisione.

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Importante inoltre l’enfasi sull’utilizzo dei testi elettronici, il governo oggi impone infatti agli editori di rendere disponibili, per alcune tipologie di scuole, i testi in formato elettronico. La piattaforma ISchool dà per scontata la disponibilità del libro di testo in questo formato (una versione pdf del classico libro o invece una versione multimediale evoluta e differente del testo? Per il momento siamo ancora nella prima fase, ovvero quella del pdf, ma è auspicabile che si giunga presto alla seconda). Quindi, grazie alla presenza di un’infrastruttura hardware sia in aula che a casa e la disponibilità, almeno in formato pdf, del testo elettronico, abbiamo costruito subito sopra un’ulteriore piattaforma di condivisione nella quale si può seguire un approccio quasi “wiki” in cui, partendo dal testo, dalle competenze dei docenti e dalle esperienze dei discenti, si va ad aumentare il materiale su un certo tema o una certa materia.

Qual è la storia di questa sperimentazione?

Telecom aveva coinvolto il CRIAI nell’ipotizzare una sperimentazione (perché il CRIAI sta lavorando con Telecom per lo sviluppo di alcuni componenti di queste piattaforme). Nella sperimentazione Stefano Nocentini, che è il capo delle tecnologie di Telecom Italia, ci chiese di verificare la possibilità di fare una sperimentazione sul campo ed abbiamo deciso di coinvolgere il Suor Orsola.

Il Suor Orsola è quello che io ho chiamato un “ecosistema della formazione” perché credo sia l’unico caso in Italia e forse addirittura in Europa che prevede da un lato un’università che sviluppa le competenze per i docenti, quindi corsi in scienze della formazione primaria, scienze dell’educazione e scienze della comunicazione, ovvero i classici corsi di laurea umanistica che tendono a formare i docenti e i comunicatori, dall’altro le scuole (Suor Orsola ha infatti le scuole che vanno dall’asilo al liceo). Il tutto è limitato all’interno di questa cittadella monastica che garantisce perciò anche una continuità fisica all’interno di questa cittadella della formazione. Abbiamo quindi avviato dei colloqui con l’Istituto a metà giugno e, nonostante il tempo ridottissimo, siamo riusciti ad avviare la sperimentazione entro settembre (sono partite due classi, di cui un classico-linguistico).

In seguito Telecom ha poi coinvolto anche Olivetti come fornitore sia della lavagna multimediale (Oliboard) che dell’e-book.

Una cosa importante da sottolineare è che il lavoro è fatto in gruppo, cioè non si tratta di lasciare a Suor Orsola gli strumenti e basta. C’è stato un importante coinvolgimento dei docenti perché se esso non c’è, il discorso non ha molto senso. A quel punto il tutto si ridurrebbe davvero ad una versione pdf dei libri classici. Questo progetto invece punta molto sul coinvolgimento perché fa in modo che il docente capisca e sia convinto dell’utilità della piattaforma. Questo significa però cambiare anche un po’ la modalità di docenza: si passa da un modello in cui si spiega la lezione e basta ad un altro più interattivo in cui il docente spiega la lezione ma poi interagisce con gli studenti tramite project work, relazioni, ecc. Insomma lo studente deve diventare un fattore attivo di questa attività di formazione.

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C’era davvero bisogno di un progetto come questo, la scuola 2.0 con un po’ di volontà non si poteva fare da soli? Qual è la differenza?

Io credo di no perché dipende come si vuole fare. La scuola può sembrare un ambiente molto anarchico, in realtà è invece molto strutturata. Ha dei programmi ufficiali che vengono dati dal Ministero, ha dei libri di testo ufficiali che vengono approvati dal Ministero e che vengono adottati dai docenti, quindi è un processo formale di decisione e di condivisione. L’approccio 2.0 può andar bene ma quando è un caso specifico, cioè quando il docente è bravo con l’informatica, è un patito di wiki che decide e fa una scelta coinvolgendo i docenti ed investe il suo tempo in questo. Ma la maggior parte delle scuole italiane non è così.

Quindi si deve innescare un processo che sia il più possibile standardizzato. Infatti non a caso Telecom ha un tavolo con il Ministero ancora aperto in cui si parla anche di queste sperimentazioni. Bisogna però evitare di passare dalla totale anarchia alla totale centralizzazione delle decisioni. Secondo me l’approccio che si deve seguire è quello di sfruttare la decisione del Ministero di imporre la digitalizzazione dei testi, incoraggiando gli editori a rendere questi libri non più soltanto leggibili su un lettore, ma addirittura interattivi.

Solo così possiamo realizzare un processo in cui, ovunque in Italia, l’apprendimento vada verso la digitalizzazione. Io poi sono dell’idea che ci sono alcune cose che potrebbero essere fatte. Ad esempio, se si prende una delle brochure pubblicitarie delle grandi catene di informatica, un notebook discreto costa ormai 600-700 euro ed è una macchina anche di una certa potenza. E’ un costo ammortizzabile in 5 anni. Questo è quello che avviene come privato, ma se l’acquisto è fatto da una classe il prezzo probabilmente è ancora più basso. Perché allora non fare in modo che tutto il materiale didattico della scuola sia già disponibile su una piattaforma informatica? Perché non incentivare l’acquisto vendendo un pacchetto che è fatto dal notebook + i libri di testo? Io sono dell’idea che si possa realizzare un modello alternativo di fare la scuola che potrebbe essere non necessariamente quello di Telecom o di un altro operatore, però un modello in cui il Ministero dice: “tutti gli studenti della scuola media italiana – ad esempio – devono lavorare avendo un computer a casa”.

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Questo è un concetto molto interessante ma si scontrerebbe con gli altri problemi: digital divide, la mancanza di banda larga in alcune parti del paese.

In effetti questo problema esiste, tuttavia vi sono delle possibilità di risolverlo, ad esempio cominciando a mappare quali e quante sono le zone che in Italia non sono coperte da ADSL e se una scuola dovesse essere in una zona in cui non c’è la connettività si potrebbe connettere tramite il satellite. Se c’è la volontà tutto si riesce a fare. Io sono convinto che se invece di spendere in carta, distribuzione dei librai, ecc, si spendono 100 euro all’anno per un computer in 5 anni, si può avere uno strumento che può essere più utile per i ragazzi. E già così si limiterebbe il digital divide, incentivando la cultura informatica.

Questo non lo potreste fare in Campania?

C’è un’attenzione forte su certi temi da parte del Ministero e si potrebbe fare una sperimentazione su una provincia o una regione ipotizzando una politica di incentivazione mista: centrale e regionale.

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Giorgio Ventre è Professore Ordinario di Sistemi per l’Elaborazione dell’Informazione presso il Dipartimento di Informatica e Sistemistica dell’Università di Napoli Federico II. Dopo aver conseguito nel 1989 il Dottorato di Ricerca in Ingegneria Informatica, dal 1990 al 1991 è stato ricercatore a contratto presso il Centro di Ricerca sul Calcolo Parallelo ed i Supercalcolatori (CPS) del CNR. Dal 1991 al 1993 è stato Post-doctoral fellow presso l’International Computer Science Institute di Berkeley dove si è occupato della definizione di protocolli di comunicazioni per applicazioni real-time e multimediali. Nel 1993 è tornato presso l’Ateneo Federiciano dove ha costituito il Gruppo di Ricerca sulle Reti di Calcolatori. Giorgio Ventre è stato co-fondatore del Laboratorio Nazionale per l’Informatica e la Telematica Multimediali (ITEM) del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, laboratorio che ha diretto dal Giugno 2000 al Febbraio 2004. E’ attualmente Presidente del Consorzio Campano di Ricerca per l’Informatica e l’Automazione Industriale, un Centro di Ricerca Pubblico-Privato tra l’Università di Napoli Federico II, Telecom Italia ed ITS. Gli interessi di ricerca di Giorgio Ventre sono nel settore delle reti di calcolatori e dei sistemi di elaborazione distribuiti, nel campo dei quali ha pubblicato circa 200 lavori scientifici. E’ membro dei Comitati di Programma e di Indirizzo di numerose conferenze scientifiche internazionali ed è attualmente membro dell’Editorial Board per Computer Networks, Elsevier.