Agile BI: mito o realtà

«L’analitica dei dati è importante per avere un processo più snello, più efficace ed efficiente; ciò ha un ritorno immediato sulla soddisfazione dei clienti, sul livello dei ricavi e la riduzione dei costi di un’azienda»

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Negli ultimi anni l’ambiente di business ha cambiato completamente il modo in cui le organizzazioni operano in un mercato sempre più globale, spingendole a preoccuparsi maggiormente di migliorare l’efficienza e ridurre i costi per rimanere competitivi.

Siccome la velocità del business aumenta, diversi manager delle line of business sono meno disposti ad attendere i tempi del dipartimento IT per avere report personalizzati e analitici. Molti utenti oggi si aspettano di interagire con l’informazione e creare una propria vista dei dati.

La metodologia Agile ha catturato l’attenzione degli sviluppatori software di tutto il mondo. La sua promessa di implementazioni rapide per ambienti complessi ha un grande appeal. Ma una metodologia Agile è giusta per un ambiente di BI? La risposta è sì, con qualche vincolo. Certamente la pressione per i team di Business Intelligence è grande per sviluppare componenti di BI più velocemente, ma questo non deve voler dire abbandonare gli standard architetturali o la documentazione per fare più velocemente.

Ne abbiamo parlato con Claudia Imhoff, presidente di Intelligent Solutions, presente a Roma per partecipare all’International Summit sulla BI organizzato da Technology Transfer.

 

Data Manager: Come si progetta una Cif (Corporate Information Factory), quali sono i passi che un’azienda deve fare per progettarla correttamente?

Claudia Imhoff: L’architettura si presta a diversi approcci, ma la soluzione migliore è quella di gestire uno step alla volta. Ogni progetto deve utilizzare come base le fondamenta del precedente progetto; si comincia sviluppando una piccola parte alla volta, prima si inizia con il datawarehouse, a seguire la Business Intelligence e man mano si espandono sia l’una che l’altra. Ci vogliono molti anni per completare l’architettura e per avere parti che siano rilasciabili e anche riusabili.

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Questo approccio di lungo periodo (step by step) è sostenibile con le esigenze di un’azienda?

Si. Ogni progetto produce dei componenti riusabili (un insieme di report o un insieme di elementi analitici) che possono essere incorporati nel processo decisionale. Quindi è vero che per completare l’intera architettura ci vogliono molti anni, allo stesso tempo ogni singolo progetto produce un risultato che può essere usato. L’architettura completa rappresenta un programma che sovrasta e controlla i singoli progetti di cui è composto.

Al giorno d’oggi la velocità nel reperire le informazioni è fondamentale per le aziende, l’approccio agile è una soluzione?

La differenza tra la metodologia agile e i sistemi iterativi del passato è che ogni componente viene prodotto più velocemente (due/quattro settimane rispetto a tre/sei mesi). Il campo di applicazione viene suddiviso in piccole parti e ciò rende possibile lo sviluppo veloce.

La metodologia Agile in effetti non è adatta per realizzare un’architettura Cif o per sistemi di BI. Abbiamo bisogno infatti che vi sia un’architettura formale e che i documenti vengano scritti; queste sono due caratteristiche assenti nella metodologia Agile, quindi è possibile usarla, ma insieme con quella tradizionale che ci permette di creare un ambiente sostenibile e riusabile.

Ci sono delle best practices da seguire?

È necessario avere un’architettura, avere il supporto del business e del reparto IT, è necessario disporre di documentazione scritta (modello dei dati, metadati) ed è fondamentale capire che tutto è composto da un insieme di programmi che bisogna coordinare.

I requisiti del business sono il vero motore, la tecnologia è importante, ma non deve essere fine a se stessa, bensì al servizio del business. Inoltre è fondamentale che l’allineamento tra il business e la tecnologia continui anche dopo il completamento dei progetti, per garantire che l’architettura sia sempre update, differentemente dall’approccio classico in cui a fine progetto ognuno va per la sua strada.

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Inoltre spesso sento dire che la BI deve essere facile da usare. No. Abbiamo bisogno di BI facile da consumare!

Ecco perché. 

A questo punto della storia della BI, è chiaro che la tecnologia alla base di reporting e di analisi deve essere facile da usare. Altrimenti, chi potrebbe fruirne? I vendor hanno trascorso molto tempo impegnando risorse e denaro per rendere la loro tecnologia la migliore, quella con il più facile accesso alla progettazione, al controllo e alla formattazione dei dati. Siamo ora in grado di manipolare enormi quantità di dati – terabyte e pedabytes – con “facilità”. 

Ora bisogna fare il passo successivo, cioè dobbiamo capire come le informazioni di BI si integrano nel flusso di lavoro aziendale.

Finché non cambia lo slogan BI da “facile da usare” in “facile da consumare”, temo che la BI continuerà a essere relegata a un ruolo marginale, mondo incontrastato degli analisti, o essere limitata a mostrare le belle immagini a utenti non tecnici. Tecnologi, concentriamoci su quando, dove e come le persone utilizzano le informazioni invece di quanto facilmente si possono selezionare i dati, formattare un report, creare un grafico, e così via… 

Ci sono casi di successo?

Centinaia, forse migliaia e qualunque vendor potrà fornirglieli.

Quindi è semplice realizzare questa architettura?

No, non è così semplice. È necessario avere il committment del business e l’allineamento con il reparto IT.

Ci vuole molto tempo e attenzione nonché la possibilità di disporre di idonei finanziamenti per comprare la tecnologia necessaria. Alla fine di questo lungo percorso il Roi sarà positivo e l’investimento porterà i suoi frutti all’azienda soprattutto se le decisioni vengono prese basandosi sui fatti e non sull’emotività e l’impulsività del momento.

Lei è una esperta di Crm, qual è il rapporto con la BI?

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In effetti sono esperta di Customer Analytics che rappresenta solo una parte del Crm, tuttavia c’è una forte relazione tra la BI e la Customer Analytics. Ecco alcuni esempi: le tendenze di acquisto, la segmentazione, la durata dell’acquisto, tutto ciò riguarda il cliente e le sue abitudini, cosa compra, come compra, dove compra.

Il cliente è ancora al centro delle strategie commerciali?

Certo, senza clienti non ci sarebbe il business. Ci sono diversi aspetti del business che sono influenzati dal rapporto con i clienti, per esempio la sostenibilità dei prodotti, il soddisfare la domanda con l’offerta ecc., la valorizzazione del ruolo delle risorse umane.

L’Analytics è importante per avere un processo più snello, più efficace ed efficiente; ciò ha un ritorno immediato sulla soddisfazione dei clienti, sul livello dei ricavi e la riduzione dei costi di un’azienda.

 

Claudia Imhoff – È presidente di Intelligent Solutions, una nota e rispettata società di consulenza e di training specializzata in Business Intelligence e Crm che ha implementato con successo più di 150 architetture di Corporate Information Factory. Claudia Imhoff è molto famosa e internazionalmente riconosciuta come esperta di Crm e dell’infrastruttura di supporto che è la Corporate Information Factory. È co-autrice di 4 libri, scrive mensilmente una rubrica su DM Review e collabora con molte altre riviste e pubblicazioni. È stata nel Board of Advisors del Dama International e nel 1999 ha ricevuto dal Dama l’Individual Achievement Award. È anche una advisor e faculty member del Data Warehousing Institute.

 

Technology Transfer presenterà a Roma il 20-21 Ottobre 2011 il seminario di Larissa Moss “Approcci Agili al Data Warehousing e alla Business Intelligence” e dal 30 Novembre al 2 Dicembre 2011 l’International Data Management & Data Warehouse Conference 2011.