Il Cloud per le Pmi


Nei prossimi tre anni numerose piccole e medie imprese acquisteranno servizi Cloud. I vantaggi di questa modalità di fruizione dell’ICT, i dubbi delle aziende e la realtà attuale

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Quali sono le applicazioni e i servizi Cloud più coerenti con le esigenze delle Pmi? Lo abbiamo chiesto a un panel di operatori italiani dell’ICT. Aldo Rimondo, direttore Small Business & Distribution di Microsoft Italia (www.microsoft.com/italy), apre la discussione con una prospettiva di scenario. «Nello studio “Smb Cloud Adoption 2011”, che approfondisce l’impatto del Cloud sulle piccole e medie imprese nel corso dei prossimi 3 anni a livello globale, si evidenzia come il 39% delle Pmi preveda di acquistare uno o più servizi Cloud entro tre anni e che il numero di servizi Cloud acquistati dalle Pmi nel medesimo periodo sia destinato a raddoppiare nella maggior parte dei Paesi del mondo. Una forte trasformazione – continua Rimondo – interesserà le modalità lavorative stesse. Entro tre anni, il 43% delle attività di lavoro verrà effettuato tramite servizi Cloud a pagamento, il 28% rimarrà on-premise e il 29% sarà gratuito o abbinato ad altri servizi». Un mercato in forte trasformazione, quindi che, secondo quanto sostiene Lorenzo Gonzales, innovation senior consultant di HP italiana (www.hp.com/it/), si sta primariamente concentrando sul Software-as-a-Service (SaaS) e i servizi in mobilità. Un’affermazione confortata da quanto evidenziato dalla ricerca “Cloud & Transformation Study”, commissionata da HP e condotta da Coleman Parkes su un campione di 100 IT decision maker e Cio di aziende italiane con l’obiettivo di analizzare i trend relativi all’adozione del Cloud nel settore finanziario, pubblico e delle utility. Dalla ricerca, dice Gonzales, emerge chiaramente che la richiesta delle aziende è disporre di soluzioni funzionali alle esigenze del modello di business italiano. Per quanto riguarda l’area delle applicazioni e dei servizi, Massimiliano Salin, direttore commerciale di Reitek (www.reitek.com), ritiene che essa riveli una concreta opportunità, poiché i clienti hanno la possibilità di trovare soluzioni collaudate, ready-to-use e flessibili.

La capacità delle Pmi di accedere ai vantaggi del Cloud – secondo quanto espresso da Giuseppe Nocita, amministratore delegato di Pipeline (www.pipeline.it) – dipende sia dalla qualità ed economicità dell’offerta che può essere articolata anche da strutture di territorio tramite Cloud privati o Cloud ibridi, sia dalla possibilità delle aziende di accedere a connessioni a banda larga. «Gli elementi positivi – dice Nocita – sono la dismissione di parte dell’infrastruttura interna e la semplicità di adattare il servizio con i propri ritmi di crescita e decrescita; di contro i freni sono prevalentemente legati all’infrastruttura di telecomunicazione, debole soprattutto nei distretti industriali».

Denis Nalon, portfolio & business programs manager di Fujitsu (www.it.fujitsu.com), pone invece all’attenzione la trasformazione che il nuovo paradigma di infrastruttura può introdurre nei diversi contesti aziendali. Nalon è infatti convinto che la logica che deve presiedere un’offerta di servizi over the Cloud debba consentire alle piccole imprese di agire come le grandi aziende mentre, di converso, queste ultime devono essere messe nella condizione di acquisire l’agilità tipica delle startup. Converge su quest’ultima affermazione il parere di Giovanni Gavioli, country manager di Esker Italia (www.esker.it), il quale ritiene che la possibilità di accedere a un’offerta normalmente riservata ad aziende di dimensioni rilevanti sia il grande vantaggio che il Cloud riserva alle Pmi, «sia in termini di una esternalizzazione completa del servizio IT (infrastruttura e piattaforma) sia in termini di soluzioni fino a oggi troppo costose per piccole e medie strutture (ciclo passivo, Crm, gestione ordini clienti, …)».

Per Fujitsu la logica di servizio è stata declinata nell’implementazione della piattaforma Global Cloud Services che prevede un portale self-service e disponibilità di template di sistema pre-definiti e personalizzabili per consentire la replica e l’implementazione rapida di applicazioni e di sistemi virtuali.

Anche Marco Frigerio, regional manager Italia di DataCore (www.datacore.com), pone l’accento sull’infrastruttura e valuta il Cloud come potenzialmente allineato alle esigenze delle Pmi. «Significa – dice Frigerio – avere la possibilità di accedere ad architetture complesse, con il massimo grado di affidabilità e sicurezza garantiti, pagando soltanto quanto effettivamente utilizzato, un grande vantaggio rispetto ai costi iniziali richiesti da un IT più tradizionale. La capacità di offrire servizi quando e dove necessario, la capacità di dimensionare gli investimenti in base alle effettive necessità, tutto questo permette alle aziende di accedere a servizi sempre più completi e su misura, siano essi applicativi critici, come il Crm e il gestionale, piuttosto che semplici servizi di backup, così come l’intera infrastruttura IT, dai server ai desktop virtualizzati».

E sulle dinamiche che condizionano il mercato odierno, Diego Barbisan, services product manager di Horsa (www.horsa.it), ritiene che il Cloud abbia delle grandi potenzialità in quanto permette una rapida capacità di adattamento e un costante adeguamento a differenti modelli di business. «In questa prospettiva – dice Barbisan – è fondamentale garantire un controllo costante dell’efficienza e dell’efficacia dei sistemi e delle applicazioni». Applicazioni che, secondo Giovanni Mocchi, responsabile business unit Consulting & Services di Zucchetti (www.zucchetti.it), sono la componente di offerta primaria nei confronti delle Pmi. «Il Cloud – afferma Mocchi – non può prescindere né dai contenuti applicativi, sia in ambito gestione personale sia sulla componente Erp, né dall’infrastruttura».

Symantec (www.symantec.com/it), di contro, porta al centro della discussione il tema della sicurezza e di come essa sia essenziale per convertire le aziende al nuovo paradigma di servizio. «La capacità di gestire al meglio le attività in questo ambito è indispensabile – dice Massimiliano Bossi, Smb channel sales manager dell’azienda per potere disporre di una copia sicura e remota dei propri dati o anche per organizzare le informazioni con strumenti di archiviazione».

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Roberto Giari, Ceo di Logon Technologies (www.logontech.it), afferma che la maggior parte delle Pmi utilizza già applicazioni Cloud, come la condivisione di file, servizi di posta, website e altri piccoli servizi. «La familiarità con la tecnologia ha creato la propensione a importare queste logiche anche in ambiti dell’organizzazione aziendale, in precedenza amministrati all’interno. Spesso – prosegue Giari – è utile partire da soluzioni considerate ibride, come possono essere i servizi di disaster recovery, che mantengono i dati e i server all’interno dell’azienda ed esportano solo i backup».

 

Pronti, attenti, via?

Quanto è pronto e ricettivo il mercato delle Pmi nei confronti di una offerta tecnologica e di servizio in una dimensione Cloud? Andrea Toponi, project management business unit manager di SkyLab (www.skylab-italia.it), è dell’idea che, «nonostante il Cloud costituisca l’attuale argomento di punta dell’intero settore IT, non è ancora del tutto chiaro quali siano i suoi reali contenuti e confini. A tale indeterminatezza – prosegue Toponi – dovremo abituarci perché l’evoluzione del paradigma è in evoluzione e lo sarà fino a che i fruitori non acquisiranno piena consapevolezza sul nuovo modus operandi». Lorenzo Gonzales (HP), osserva come il Cloud sia considerato dalle grandi aziende un passaggio evolutivo per l’ottimizzazione dei propri ambienti IT, mentre nelle piccole realtà si è più orientati all’utilizzo di servizi SaaS.

«Che il mercato sia ricettivo non vi è dubbio – afferma Giovanni Mocchi (Zucchetti) -, ma esige certezze sia in termini di costi che di affidabilità del servizio. E, in questo senso, essere nella condizione di erogare il software attraverso una propria piattaforma di servizio rappresenta un indubbio vantaggio». Per Roberto Giari (Logon Technologies), tuttavia, la vera sfida è riuscire a tradurre il tutto in proposte che si dimostrino in grado di abbassare il costo delle soluzioni, mantenendo adeguati ed elevati profili di affidabilità e, soprattutto, di sicurezza. Massimiliano Bossi (Symantec) considera inoltre importante che le aziende inizino ad adottare il Cloud in maniera molto graduale e limitatamente a pochi utenti, in modo da poterne capirne l’efficacia e affrontare tutte le possibili problematiche che ne possano derivare. Salin (Reitek) invita infine a una riflessione di fondo: «Siamo ancora all’inizio. L’offerta di applicazioni Cloud è tuttora povera rispetto all’on-premise e spesso la si confonde con il mero noleggio». E Toponi di SkyLab ricorda che «le Pmi sono pronte per sfruttare le opportunità laddove gli investimenti non limitino la flessibilità. I provider, però, devono essere capaci di spiegarne i vantaggi al cliente finale».

 

Plus e minus

Quali sono i driver e i freni all’adozione del Cloud? «Il fattore di adozione più importante – afferma Roberto Loro, direttore servizi tecnologici e Cloud di Dedagroup (www.dedagroup.it) – è riferibile ai costi complessivi di gestione dell’IT, il cosiddetto Tco (Total cost of ownership). È l’elemento che determina una fortissima sensibilità da parte delle Pmi». Altrettanto importante, in termini di driver, è la flessibilità degli ambienti e la capacità di assecondare la crescita con l’andamento del business. Per quanto riguarda i freni, Loro individua un timore diffuso, ovvero la preoccupazione che il percorso verso il Cloud sia una strada senza ritorno, che crea un legame vincolante con l’operatore scelto. «Per questo – dice Loro – una valutazione consapevole e seria, non solo dei livelli di servizio, ma delle garanzie contrattuali in termini di indipendenza dal fornitore, è un elemento imprescindibile per tutti coloro che decidono di intraprendere un’evoluzione in una prospettiva Cloud».

L’IT come servizio rappresenta di fatto un percorso evolutivo per tutte quelle aziende che hanno progettato i propri sistemi seguendo una logica orientata all’architettura Soa e ai Web services, dice Denis Nalon (Fujitsu). «Queste aziende sono nella condizione di poter rendere la propria infrastruttura sempre più flessibile e di lavorare nell’ottica di creazione di un private Cloud, per spostarsi poi gradualmente al public Cloud». Per massimizzare l’utilità di questo modello, sottolinea Nalon, le aziende devono però affrontare una riorganizzazione del data center e hanno assoluto bisogno di risorse che permettano loro di avere una govenance dell’intera struttura.

Aldo Rimondo (Microsoft) non ha comunque alcuna riserva: «Il nuovo paradigma rappresenta un fattore di accelerazione tecnologica, in quanto consente di dotarsi di soluzioni IT avanzate a costi accessibili e in tempi rapidi». Ecco, quindi, che la necessità di evolvere rapidamente per affrontare la complessità del mercato attuale, diventa uno dei driver portanti per l’adozione del Cloud. «La competitività delle Pmi non può prescindere dall’innovazione tecnologica e la semplicità e l’accessibilità delle soluzioni – aggiunge Rimondo – costituisce uno stimolo alla diffusione di questo approccio». La strategia Microsoft fa proprio leva sui benefici offerti in termini di costi, gestione e manutenzione, e produttività. Costi, in quanto i servizi vengono pagati a consumo e ciò significa trasformare i costi fissi in costi variabili. Gestione e manutenzione, poiché i servizi sono gestiti, sono aggiornati e migrati al fornitore del servizio e ciò riduce tempi e risorse oltre ad assicurare affidabilità. Produttività, in quanto i servizi sono accessibili da diversi device e ciò permette di avere la giusta flessibilità e di restare sempre connessi. «Un possibile freno alla sua adozione può essere invece rappresentato dalle resistenze legate al tema della sicurezza. Per questo motivo – continua Rimondo – Microsoft s’impegna per aiutare le aziende a prendere consapevolezza degli aspetti di sicurezza & privacy e dell’integrazione con i propri processi interni». Un tema, quello della sicurezza, cui si associa Giovanni Gavioli di Esker: «L’ostacolo maggiore è rappresentato dalla fiducia nella sicurezza, la consapevolezza che propri dati riservati sono potenzialmente disponibili a chiunque».

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Nelle opinioni degli operatori emerge in tutta la sua portata il grande potenziale offerto dal Cloud e, nello stesso tempo, gli sforzi che devono essere fatti per rendere operativo quanto proposto. Alcuni ostacoli da superare, dice Lorenzo Gonzales di HP, fanno per esempio riferimento alla disponibilità della banda larga e alla regolamentazione della gestione dei dati.

Va fatta chiarezza e creata cultura. Vi è da parte dei clienti, afferma Massimiliano Salin di Reitek, la percezione di non avere il possesso delle strutture, percezione dettata dalla scarsa conoscenza relativamente ai modelli di business dell’IT che solleva il Cloud. Ecco, quindi, come rileva Massimiliano Bossi (Symantec), che si devono coniugare aspetti positivi, come l’ottimizzazione degli investimenti, con la scarsa fiducia riposta nella sicurezza così come nella non sufficiente connettività per poter gestire volumi di dati in continuo aumento.

I driver? Potersi dotare di infrastrutture IT flessibili, risponde Frigerio (DataCore), in grado di supportare la crescita e la produttività aziendale, senza un impegno iniziale di risorse troppo oneroso. Per quanto riguarda i freni, Frigerio ritiene essi non risiedano tanto nella tecnologia in sé, ma in una limitata offerta di mercato. «Rispetto ad altri Paesi ed escludendo alcuni grandi provider multinazionali, in Italia vi sono ancora troppo pochi Cloud service provider in grado di offrire una infrastruttura completa a un prezzo ragionevole».

«Certamente – spiega Barbara Reffi, amministratore delegato di Passepartout (www.passepartout.net) -, l’esigenza che hanno gli utenti di poter accedere in ogni momento e da ogni luogo ai propri programmi, dati e informazioni è da tutti visto come un valore. Così come un messaggio che cattura l’attenzione è determinato dalla capacità di ridurre gli investimenti in hardware, sicurezza e infrastrutture, mentre limitativa risulta la paura legata alla perdita di controllo sui propri dati e informazioni». Un punto di vista cui si associa Roberto Giari di Logon Technologies: «I livelli di sicurezza richiesti tra una gestione on Cloud del proprio sito e delle applicazioni critiche (vedi Erp) sono qualitativamente differenti. Per i servizi business è fondamentale gestire i livelli di accesso all’applicazione e al database server, proteggere il database server, gestire i backup fornendo garanzie dei tempi di ripristino».

 

Personalizzazione

Esiste la possibilità di ritagliare soluzioni Cloud per mercati verticali? «Certamente – afferma Lorenzo Gonzales (HP) – ed è un aspetto molto importante per il mercato italiano. Lo sviluppo di servizi applicativi specializzati su base territoriale, fortemente verticalizzati da un punto di vista sia funzionale che di capacità innovativa, rappresenta un’opportunità unica per le Pmi italiane». «Vi sono già oggi numerosi progetti pilota – afferma Roberto Loro (Dedagroup) – riferibili a soluzioni verticali che sono pronte per essere messe a disposizione dei clienti. E lo stesso si può dire riguardo alla nostra soluzione Erp che prevede l’erogazione in modalità as-a-Service».

«L’industrializzazione di soluzioni a uso e consumo di mercati verticali – aggiunge Diego Barbisan (Horsa) – è sicuramente un obiettivo da perseguire. A mio avviso il successo di tale approccio potrà essere garantito, ancora una volta, dalla capacità di noi operatori a esemplificare il contenuto del servizio, indirizzando i clienti con pochi, ma chiari elementi».

Le verticalizzazione viene riconosciuta come strada obbligatoria anche da Gavioli (Esker): «Non è possibile pensare di trasferire alle Pmi i costi di start-up e configurazione per ogni soluzione implementata». Sulla stessa scia Barbara Reffi di Passepartout: «Non si può prescindere dall’esigenza di personalizzazione e versioning delle soluzioni applicative». Un percorso da cui si dissocia Symantec, come riferisce Massimiliano Bossi, la quale sta invece puntando su servizi standard che possano essere sfruttati da più clienti possibili. Di avviso ancora diverso Marco Frigerio (DataCore), che fa una distinzione tra un’offerta necessariamente orizzontale da un punto di vista di infrastruttura e un’offerta declinata in modo specialistico sulla componente applicativa.

«È evidente che vi sono molteplici mercati in cui il paradigma Cloud può essere adottato – aggiunge Roberto Giari (Logon Technologies) – ed è evidente, come già oggi accade, che ci sono livelli organizzativi ed esigenze che inducono a ragionare in termini di nuvola applicativa. L’esempio classico è quello di SalesForce che a suo tempo ha fatto una scelta, a mio parere condivisibile».

 

Clienti e fornitori

Il Cloud può contribuire a cambiare radicalmente il rapporto tradizionale cliente/fornitore? «È una delle conseguenze naturali dell’effetto Cloud – spiega Gonzales (HP) -, in quanto consente ai clienti di accedere rapidamente ai servizi sfruttando allo stesso tempo criteri di economicità». Per Giovanni Mocchi di Zucchetti il Cloud va considerato come un’opzione all’interno di una più ampia offerta: «È il cliente a cui spetta la scelta tra una soluzione Cloud o tradizionale delle soluzioni HR ed Erp da noi proposte».

La progressiva affermazione della virtualizzazione e del Cloud computing cambia inevitabilmente i modelli di delivery. È di questa opinione Denis Nalon (Fujitsu): «Da un lato la progressione verso servizi di tipo gestito, dall’altro i modelli as-a-Service aprono opzioni di sourcing alternative e potenzialmente vantaggiose. Certo – prosegue Nalon – la scelta di passare da un assetto in cui le problematiche di sourcing sono incentrate sulla fornitura e manutenzione delle tecnologie a uno basato su un contributo che prevede la gestione della tecnologia, comporta un ridisegno dei processi, in modo da sfruttare al massimo le potenzialità del nuovo modello».

Per Horsa il Cloud accelera la logica delle partnership industriali, «non più vendor come semplici fornitori di soluzioni tecniche o tecnologiche, ma erogatori di un servizio», dice Diego Barbisan. «In questo nuovo modello – aggiunge Salin (Reitek) – vedo un fornitore sempre più proattivo nei confronti del cliente. Non basta più vendere, è necessario fare in modo che il cliente utilizzi al massimo il servizio».

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Più cauto Giovanni Gavioli di Esker il quale ritiene «che il rapporto cambierà definitivamente nel momento in cui le soluzioni saranno completamente disponibili online, scaricabili e auto-configurabili in pochi e semplici passi. Per il momento non vedo accadere ciò in tempi rapidissimi se non in casi semplici. Andremo avanti ancora con il solito rapporto in essere al momento e cambierà solamente il modo in cui la soluzione verrà fruita».

Barbara Reffi (Passepartout) pone invece l’accento sul diverso ruolo della Rete, elemento centrale di intermediazione cui si affida chi opera nelle Pmi. «I vendor continueranno ad avere bisogno della Rete, ma la funzione di questa si sposterà su attività a più alto valore aggiunto come le verticalizzazioni e personalizzazioni». «I fornitori – dice Marco Frigerio (DataCore) devono capire che il modello tradizionale col quale si vendevano infrastrutture IT sovradimensionate non è più proponibile. Oggi i clienti vogliono pagare solo quello di cui hanno bisogno in quel dato momento, così da lasciare liberi i capitali per sostenere crescita e sviluppo, ed eventualmente espandere l’infrastruttura IT gradualmente, cosa che solo la virtualizzazione e i servizi Cloud possono garantire».

«Fornire servizi applicativi online – afferma Roberto Giari (Logon Technologies) – implica una fiducia reciproca tra fornitore e cliente. È necessario che quest’ultimo abbia ben chiaro tutti i passaggi del processo di attivazione, tutte le funzionalità di utilizzo e tutte le modalità con cui richiedere interventi in caso di anomalia. Ancora, il cliente deve essere in grado di misurare le performance del fornitore. È un lavoro che porta a un colloquio continuo e fondato sui processi organizzativi prima che sulle tecnologie. Il cliente non sceglie questa strada per acquisire la tecnologia fine a sé stessa, ma bensì per migliorare, semplificare e rendere più veloci i processi e i risultati aziendali».

 

Tipologia clienti

Sebbene un approccio strutturale al Cloud, come rileva uno studio IDC (www.idc.com) commissionato da Fujitsu, sia ascrivibile primariamente alla grande azienda, è verosimile ipotizzare che esso possa progressivamente assumere un’importanza trasversale a ogni tipo di azienda.

Una distinzione importante la traccia HP. Secondo Gonzales i clienti più propensi ad adottare il Cloud sono le aziende che sentono l’esigenza di innovare e che comprendono i benefici generati in termini di efficienza e costi di implementazione. Per Dedagroup non esiste un segmento più pronto di un altro, ma aziende più o meno mature. «È fondamentale – spiega infatti Roberto Loro – che vi sia un Cio e un team IT che abbiano la consapevolezza del valore del Cloud. Significa allontanarsi progressivamente dalla tecnologia pura per avvicinarsi al governo della tecnologia come servizio». Diego Barbisan pensa che la «dimensione Cloud non sia a oggi completamente compresa. La confusione mediatica generata negli ultimi anni ha reso le Pmi poco ricettive ad acronimi quali Saas, Iaas e Paas». Ecco, quindi, che la proposizione di Horsa è intesa a semplificare la struttura di servizio, un strategia che ha come obiettivo un costante controllo della filiera Cloud (dalla piattaforma tecnologica, all’applicazione, alla connettività) al fine di garantire continuità operativa e tempi di gestione certi.

Le realtà più sensibili, secondo Reitek, sono quelle che riconoscono nel Cloud una proposta di flessibilità che ben si associa a investimenti in nuovi prodotti o mercati. Il Cloud, secondo Massimiliano Salin, è di fatto il mezzo più rapido per abbassare le barriere al cambiamento.

Una posizione di neutralità quella di Esker: «Non abbiamo a oggi identificato settori o tipologie più o meno sensibili al Cloud rispetto ad altre», afferma Gavioli. L’opinione di Bossi (Symantec), invece, è che, sebbene l’attuale interesse sia prevalentemente generato dalle medie-grandi aziende, sarà il segmento delle Pmi che premierà in seguito e più diffusamente il nuovo stile di servizio.

Passepartout, come sostiene Barbara Reffi, individua opportunità anche nel settore degli Studi Professionali, in quanto le loro applicazioni subiscono continui aggiornamenti e il Cloud li libera da tutti i problemi connessi a questo tipo di esigenze in quanto possono lavorare in studio, da casa, ma anche dal cliente. Frigerio (DataCore) è di avviso diverso e sostiene che siano ancora troppo pochi i clienti in Italia per tracciare uno sviluppo di tendenza: «È ancora tutto in divenire. Si può immaginare che ne possano trarre un vantaggio diffuso sia grandi che piccole e medie aziende, così come si può prevedere un mix di utilizzo di Cloud private e pubbliche». Nocita (Pipeline) è però convinto che la personalizzazione e verticalizzazione siano dipendenti dai contesti di riferimento: «In una Cloud pubblica è d’obbligo la standardizzazione, difficile prevedere offerte ritagliate su specifiche esigenze. Pipeline propone da tempo la soluzione iParcel del proprio Erp come risposta integrante l’offerta Cloud di desktop remotizzato e office solution». Per Mocchi (Zucchetti) le aziende più attive sul fronte SaaS sono quelle che presentano una struttura geograficamente distribuita o quelle che si avvalgono di personale itinerante, dove la comunicazione e condivisione delle informazioni diventa una criticità crescente da dover gestire.

«Non esistono regole fisse – afferma infine Roberto Giari di Logon Technologies -: la propensione di un’azienda all’innovazione organizzativa e tecnologica è trasversale rispetto alle tipologie. Le ragioni spesso dipendono dal tipo di servizio che l’azienda deve mettere a disposizione per il proprio business, dalla cultura dell’IT manager e dalla sua capacità di evidenziarne i benefici alla direzione aziendale».