Smart Innovation

IFM Academy è la rubrica ideata da IFM Group, in collaborazione con studiosi specializzati, esperti di settore e ricercatori in ambito ICT, con l’obiettivo di riflettere, con un approccio super partes, su tutto ciò che oggi è considerato innovazione nel mondo tecnologico. IFM Academy è uno spazio dove si intrecciano i pensieri e il confronto fra i diversi punti di vista la fa da padrone. Come in una sorta di scuola peripatetica della tecnologia, si affrontano di volta in volta i temi ritenuti più interessanti dal mercato per fornire approfondimenti e spunti di analisi a chi, come noi, opera nel settore delle comunicazioni avanzate. Dopo aver discusso di Machine to Machine to People e Social Innovation, in questo numero parliamo dell’elemento mancante della triade, l’elemento culminante, che comprende al suo interno gli altri due: la Smart Innovation.

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IL NUOVO PARADIGMA

Con il termine Smart Innovation si fa riferimento a un nuovo modo di parlare di innovazione nella PA. Un modo più ampio e complesso, che abbraccia alcuni dei temi più capaci di abilitare lo sviluppo del nostro Paese:

 

–          l’open government inteso come modello di governance basato su strumenti e tecnologie, che rendono le amministrazioni pubbliche aperte, trasparenti e partecipate dai cittadini;

–          l’innovazione sociale interpretata come capacità di sviluppare nuove idee e forme organizzative per affrontare i problemi della nostra società, anche grazie al supporto delle tecnologie;

–          la smart city intesa come territorio, che grazie alla diffusione di tecnologie abilitanti, a una governance illuminata e alla partecipazione attiva dei cittadini riesce a garantire una qualità della vita superiore.

In particolar modo, l’attenzione di questo numero vuole concentrarsi sul passaggio epocale da città semplicemente intelligente a comunità resiliente, come vera evoluzione di una pubblica amministrazione davvero proiettata al futuro. E se la smart city, fatta di innovazione e tecnologie a misura d’uomo, comporta investimenti e tempi mediamente lunghi, la città resiliente richiede solo visione, disponibilità, apertura ed è immediatamente realizzabile. Quello cui stiamo assistendo, è un’evoluzione senza precedenti: la trasformazione da ente che informa, a soggetto che comunica, e che quindi accetta lo scambio, la replica, la critica, senza censure e omissioni. Una città può essere definita intelligente, quando sa dialogare. Un dialogo che deve esistere fra le tecnologie, ma anche fra gli enti del territorio e, soprattutto, tra i cittadini e tra questi e le istituzioni. Nell’era dei servizi online e della tecnologia a portata di tutti, il cittadino comune, però , non riesce ancora a comprendere a chi si deve rivolgere e cosa deve fare. Il problema è legato alla disponibilità di contenuti chiari. Del resto, lo diceva anche Bill Gates: «Il contenuto è sempre il vero re». E senza di quello e senza la possibilità di fruirne in modo immediato ed efficace si è ancora molto lontani da una città che sia intelligentemente unificata dal punto di vista della knowledge, in modo tale che le migliori esperienze e le applicazioni più valide siano estese e messe a disposizione di tutte le istituzioni del territorio. Una città intelligente diventa resiliente – la resilienza è ciò che in psicologia chiamano “la capacità di trarre un’esperienza positiva da un’avversità” – quando, oltre a saper dialogare, favorisce lo scambio e la condivisione, sfruttando in particolar modo le potenzialità dei social media. Comunicazione e condivisione, fino a ieri attività accessorie delle organizzazioni più progredite, oggi spinte dai social network, sono diventati i campi e i motori del cambiamento e dell’innovazione. Per questo il mondo social, con la sua cultura e i suoi strumenti, può essere una base di rilancio per una Pubblica Amministrazione a corto di risorse, ma non di idee. Grazie al Web 2.0 i cittadini si organizzano per limitare o ridurre l’impatto negativo di un avvenimento, per divulgare e condividere informazioni utili, per sviluppare o ideare progetti di trasformazione. In tutto ciò le istituzioni non si possono permettere di essere assenti. Il rischio, per le pubbliche amministrazioni che non vogliono o non imparano a creare, occupare, presidiare, usare, gli spazi virtuali forniti dal Web 2.0, è quello di essere superate, bypassate o, addirittura, sostituite dai loro stessi cittadini, perdendo gradatamente autorità e utilità, e in alcuni casi anche la faccia. La gestione di questo nuovo modello di comunicazione comporta, in prima istanza, la messa in relazione dei tanti soggetti, che all’interno dei diversi enti, presiedono i flussi informativi. Ma non è sufficiente, occorre anche stabilire e costruire un rapporto fiduciario con coloro che gestiscono l’operatività e sono dunque proprietari delle informazioni, fornendo, in cambio della loro collaborazione, supporto e strumenti facilitatori.

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L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

In ambito tecnologico, la resilienza è la capacità dei materiali o dei sistemi di resistere alle sollecitazioni, mantenendo le caratteristiche funzionali. I sistemi sono ormai ampiamente resilienti e, comunque, sono note tutte le tecniche e i metodi per renderli tali. Fenomeni sporadici di fragilità manifesta sono generalmente il risultato di superficialità nella progettazione o sottovalutazione del contesto di riferimento. In ambito sociale, la resilienza riguarda, invece, la capacità della società di impegnarsi per essere in grado di fronteggiare le perturbazioni.

Mentre in ambito tecnologico la resilienza si accompagna, di norma, alla ridondanza, in ambito sociale si accompagna alle capacità di organizzazione, al senso di responsabilità, alla buona volontà, all’empatia e al coraggio, che servono per individuare i cambiamenti necessari e realizzarli. Una società deve saper guardare ai propri valori, percezioni, istituzioni sociali e tecnologie e all’occorrenza modificarli. Una società resiliente è una società adattativa, che non subisce il cambiamento, ma lo valorizza per migliorare la qualità della vita. Senza queste caratteristiche la Smart Innovation non potrà che ridursi a uno sfoggio di capacità “automatiche”, evidenziando soltanto la pigrizia di affrontare, attraverso la conoscenza, i problemi e i bisogni alla radice.

In una società resiliente ed empatica, l’innovazione tecnologica potrà esprimere il meglio delle sue potenzialità, valorizzando il ruolo dell’ultima lettera dell’acronimo con cui abbiamo iniziato le considerazioni della IFM ACADEMY: M2M2P, People.

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L’OPINIONE

L’innovazione responsabile

Non è certo un caso se la città, forse il nucleo più antico e naturale, per secoli il simbolo stesso di comunità sociale, oggi sia diventata teatro o autentico laboratorio di innovazione e cambiamento. Nelle città intelligenti – immaginate da un ambizioso progetto dell’Unione europea per un continente più “saggio” sul piano energetico e gestionale –  le tecnologie si sposano ai tradizionali canali di informazione, creazione del consenso, discussione e decisione politica per dar luogo a nuovi servizi e soprattutto a nuove forme di amministrazione della cosa pubblica.

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E’ quanto mai sensato articolare tutti questi cambiamenti su scala locale, non solo perché l’azione su scala locale ha un impatto più immediato e visibile, ma anche perché i sindaci e le giunte che amministrano le città, ricevono dalle mani dei loro elettori un mandato più cogente, più facile da rinnovare o, viceversa, revocare.

Molte città, anche in Italia, rispondono positivamente a questo appello per una innovazione responsabile ma anche incredibilmente pragmatica, finalmente verificabile, rispetto alle tante promesse di cambiamento andate deluse, proprio perché eccessivamente diluite, disperse nelle mille istanze della politica nazionale.

E’ nel relativo piccolo degli aggregati urbani più dinamici, che la tecnologia, “liberata” nel tessuto sociale, produrrà gli effetti più duraturi e contagiosi.

Andrea Lawendel

Approfondimenti su www.ifmgroup.it