Dalle idee ai fatti, l’innovazione che fa cultura


IFM Academy è la rubrica ideata da IFM Group, in collaborazione con studiosi specializzati, esperti di settore e ricercatori in ambito ICT, con l’obiettivo di riflettere, con un approccio super partes, su tutto ciò che oggi è considerato innovazione nel mondo tecnologico. IFM Academy è uno spazio dove si intrecciano i pensieri e il confronto fra i diversi punti di vista la fa da padrone. Come in una sorta di scuola peripatetica della tecnologia, si affrontano di volta in volta i temi ritenuti più interessanti dal mercato per fornire approfondimenti e spunti di analisi a chi, come noi, opera nel settore delle comunicazioni avanzate. In questo numero parliamo di Machine-to-Machine-to-People, un argomento che non ha bisogno di presentazioni alla luce del sempre maggiore interesse che sta suscitando presso la stampa, la ricerca e i decisori di business.

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MACHINE-TO-MACHINE-TO-PEOPLE

 IL NUOVO IMPERATIVO

Con il termine Machine-to-Machine-to-People si fa riferimento a un affascinante paradigma tecnologico che oggi sta letteralmente catalizzando l’attenzione del mercato. Si basa sull’idea di “smart objects” – oggetti dotati di identità – fra loro interconnessi per rendere possibile lo scambio di informazioni. L’intelligenza non rimane, però, confinata agli oggetti e si spinge fin dentro alla natura della rete che li collega. L’M2M2P non si configura certo come un paradigma compiuto, ma come un percorso di sviluppo che oggi è arrivato a comprendere le reti di sensori e attuatori in grado di collegare in tempo reale il mondo fisico e quello digitale. In questo cammino di evoluzione, nuove tecnologie e nuovi paradigmi saranno chiamati a interagire fra di loro per offrire al mondo fisico quelle caratteristiche di accessibilità, interconnessione e intelligenza che oggi sono un’esclusiva dell’esperienza digitale. Il Machine-to-Machine-to-People ha davvero un potenziale applicativo sterminato che è destinato a incidere progressivamente sul tessuto economico-sociale delle varie nazioni. Gli scenari possibili sono infatti senza confini e sono limitati soltanto dalla fantasia e dal buon senso. Smart City, Smart Home, Smart Energy, Smart Environment, Smart Car, eHealth sono solo alcuni dei suoi macro ambiti applicativi. Si va dall’autovettura che dialoga con l’infrastruttura stradale per prevenire incidenti agli elettrodomestici di casa che si coordinano per ottimizzare l’impegno di potenza; dai semafori che si sincronizzano per facilitare il passaggio di un mezzo di soccorso ai dispositivi medicali che si localizzano nel presidio di un pronto soccorso. Per quanto concerne la diffusione del Machine-to-Machine-to-People in Italia e nel mondo, i numeri – documentati da una ricerca Gartner – non possono non stupire. Dalla ricerca, datata settembre 2011, è emerso infatti che nei prossimi 10 anni ci saranno oltre 7 miliardi di dispositivi “Internet–connected” che saranno inseriti in più di 100mila applicazioni. Secondo un’altra indagine di mercato si prevede che entro il 2014 l’economia generata da Internet raggiungerà il 5,8% del Pil, cifra equivalente a 800 miliardi di euro. Siamo quindi di fronte a un fenomeno di dimensioni senza precedenti, nel quale appare quanto mai decisivo investire a livello europeo affinché imprese e centri di ricerca possano sviluppare al meglio la tecnologia M2M2P.

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L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

L’industria della tecnologia dell’informazione attraversa uno dei periodi di trasformazione più rilevanti negli ultimi vent’anni. Il motore del cambiamento è alimentato da due elementi fondamentali: la crescita esplosiva di potenti dispositivi dotati di capacità computazionale e il fenomeno del “Cloud computing” che, oltre a rendere disponibili applicazioni accessibili via rete, si appresta a svolgere il ruolo di collante verso un’architettura simbiotica, dove il paradigma utilizzatore-utilizzato si trasforma in un sistema collaborativo in cui ogni elemento contribuisce attivamente ad aumentare il valore della conoscenza.

Le cose intorno a noi stanno diventando capaci di interagire con noi e noi dobbiamo diventare capaci di interagire con le cose.

Stiamo forse evolvendo verso una “Post Pc Era” dove ciascuna capacità computazionale assume una dimensione globale che ha il potenziale per cambiare il modo di concepire la tecnologia stessa. Il nuovo ambito diventerà una piattaforma percettiva di comunicazione e collaborazione resa disponibile a ogni utilizzatore dove le parole chiave saranno mobile, sociale, visuale, virtuale.

I dispositivi, le persone, i dati, le applicazioni potranno condividere un unico contesto rendendosi mutuamente utili a migliorare, grazie all’aumentata percezione, la singola prestazione.

Per questa strada sarà probabilmente necessario mettere in discussione e ripensare i modelli tradizionali per evolverli, rendendoli partecipi di un contesto che si amplia e assorbe tutti gli accadimenti che possono insistere sulle possibili decisioni.

Alan Turing in un saggio del 1950, Macchine calcolatrici e intelligenza, già anticipava questi concetti, scrivendo: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza”.

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I PROGETTI

Il cantiere del futuro è già in fermento. 177 sono i progetti individuati come significativi e analizzati dalla School of Management del Politecnico in una nuova ricerca sulla diffusione di queste tecnologie in Italia e nel mondo, per un totale di 700 applicazioni. In alcuni ambiti il nostro Paese è addirittura all’avanguardia. Sono infatti già stati installati 34 milioni di contatori intelligenti di luce e gas e sono attive 3,9 milioni di Sim che trasmettono solo dati, connesse dunque a oggetti. In questo contesto le università europee stanno stringendo accordi fra di loro e con alcuni laboratori giapponesi per concentrarsi sullo sviluppo di questa tecnologia che sta assumendo un ruolo sempre più determinante per la capacità di mettere in comunicazione gli oggetti della vita quotidiana, lavorativa o domestica con le persone.

Il tema del Machine–to-Machine-to-People è perfino giunto sotto i riflettori del mondo politico. L’Unione Europea ha infatti da tempo tracciato una roadmap e anche il nostro ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo ha definito strategico l’obiettivo delle città intelligenti. Il filone Smart City è sicuramente uno degli ambiti di maggior applicazione del M2M2P. L’intenzione è quella di puntare sulla tecnologia per migliorare la vivibilità delle città a vantaggio dei cittadini e affrontare problemi di grande rilevanza sociale, come inquinamento, traffico, dispersione energetica, invecchiamento della popolazione. In questo scenario si inseriscono numerosi progetti di social innovation focalizzati sulla cosiddetta “aged population”. Fra questi meritano particolare attenzione quello lanciato dal Comune di Rozzano, nell’hinterland milanese, che prevede di dotare un numero selezionato di anziani di un sistema multimediale di remote care denominato “Angel Pad” per offrire loro protezione, assistenza e compagnia e quello promosso dalla Regione Carinzia che si propone di costruire degli appartamenti ad hoc in ottica smart per facilitare la vita degli anziani.

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L’OPINIONE

Al servizio delle persone

Quella “P” aggiunta a un acronimo ormai consolidato è un doveroso richiamo a un principio fondamentale troppe volte trascurato dai fornitori di soluzioni tecnologiche e infrastrutturali. Quello per cui la tecnologia è al servizio delle persone, non viceversa.

Così, dopo aver sentito parlare di macchine che chiamano altre macchine quando hanno bisogno di qualcosa, si fa strada l’idea che questo dialogo, mediato magari da soluzioni infrastrutturali “leggere”, possa essere davvero utile anche a chi le macchine le ha costruite.

È confortante pensare che uno degli ambiti preferenziali per il futuro dell’M2M2P sia quello sanitario: sensori che comunicano parametri vitali, apparati diagnostici che trasmettono informazioni altrettanto preziose per la prevenzione delle malattie in aree poco industrializzate – o cablate – come l’Africa.

Ma questa stimolante promessa porta con sé anche un severo impegno. Quello di studiare e implementare i protocolli che garantiscano la massima interoperabilità tra hardware diversi e una comunicazione altrettanto standardizzata e soprattutto sicura, evitando situazioni di “lock in” legate a soluzioni proprietarie e attacchi all’integrità e alla riservatezza dei dati.

Andrea Lawendel

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