Check Point, tra le sfide dell’IoT e i benefici della AI

Check Point, tra le sfide dell’IoT e i benefici della AI

Roberto Pozzi ci racconta come l’Internet delle Cose sta diventando sfidante in ambito security e in che modo l’Intelligenza Artificiale può contribuire alla salvaguardia delle reti

C’era un tempo, molto lontano, in cui IoT era un acronimo sconosciuto ai più. Termine utilizzato prevalentemente in ambito industriale, l’Internet delle Cose è un trend in continua ascesa. Tra webcam, sensori di movimento, rilevatori di fumo e quant’altro, l’IoT fa oramai parte delle nostre vite e, in quanto tale, dovrebbe godere di una protezione almeno pari a quella del resto di dispositivi capaci di viaggiare in rete per recepire e inviare informazioni.

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E invece no, vige ancora un certo malcostume nel lasciare che l’IoT esca, out-of-the-box, così com’è: privo di lucchetti, senza password forti e aperto a possibili violazioni. Se il discorso è vero per l’ambito consumer, dove la poca sicurezza viene percepita sempre più come un problema, lo è maggiormente per quei contesti che necessitano di forme di cybersecurity elevate. Lo sa perfettamente Roberto Pozzi, Regional Director Southern Europe di Check Point Software Technologies, che ci racconta la visione della compagnia in merito alle sfide generate dalla diffusione dell’Internet delle Cose.

“Non ci sorprende quanto stia crescendo il mercato globale dei device connessi. Il panorama B2B ha imparato a conoscerli da tempo, da quando ha cominciato a studiare soluzioni ad-hoc in grado di assicurare meglio alcuni strumenti, tanto utili per un’implementazione del business quanto rischiosi se non correttamente protetti. Se da un lato bisogna pensare a prodotti già sviluppati, alla fonte, con un livello di sicurezza adeguato, dall’altro urge attuare una strategia più ampia di formazione e sensibilizzazione su questi temi. L’innovazione da seguire è quella software ma anche culturale, mettendo a disposizione delle aziende quel know-how che ci pone come nome di assoluto riferimento nel parco internazionale”.

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Ma qual è lo step successivo, l’integrazione tecnica che può far compiere alla security, soprattutto in applicazioni professionali, quel salto decisivo verso una difesa che sia davvero pronta ad affrontare le sfide dell’IT attuale? Secondo Pozzi: “Un aiuto concreto può giungere dall’Intelligenza Artificiale. Prodotti aggiornati, che sfruttano una velocità elaborativa di molto superiore al modo di agire del pensiero umano, hanno la possibilità non solo di rispondere in maniera migliore agli attacchi ma anche di prevederli con un tale anticipo da porre in netto vantaggio chi difende da chi assalta. In un campo che si muove e muta così velocemente, le potenzialità offerte da una AI funzionale diventeranno indispensabili in ottica futura, per consentire di individuare virus, falle e altre vulnerabilità con tempistiche di gran lunga inferiori a quelle a cui siamo abituati. L’AI permette di andare oltre ciò che l’uomo può fare, anche in termini di violazioni informatiche. Ad esempio, automatizzando ciò che i reparti tecnici non riescono a eseguire, come spulciare e analizzare milioni di documenti e trend, dietro cui si nascondono strategie e obiettivi, modalità e procedure. Attivarsi prima vuol dire conseguire un risultato che accelera la risposta”.

I temi snocciolati dal Regional Director Southern Europe sono gli stessi che Check Point affronta durante le sue CPX, le Check Point Experience. Dopo quella di Milano di fine ottobre, dietro l’angolo c’è l’appuntamento del 21 novembre a Roma, incentrato sulle tecnologie di difesa di nuova generazione e sulla necessità di allungare lo sguardo verso panorami di security più estesa, che interessino non solo contesti di protezioni tradizionali ma tutti gli altri ambiti della vita connessa.

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