L’evoluzione di Citrix: dalla virtualizzazione al workspace

L'evoluzione di Citrix: dalla virtualizzazione al workspace

Quali sono le esigenze a cui risponde il workspace digitale e come si lega a intelligenza artificiale e machine learning

Flessibilità, autonomia di scelta, supporto alle nuove tecnologie. Da sempre, i mantra di Citrix sono questi. L’azienda, storicamente riconosciuta come leader nel campo della «virtualizzazione desktop» ha oramai da qualche tempo aperto il suo mondo a diverse integrazioni, tali da porla come uno dei punti di riferimento per la trasformazione digitale delle imprese. Ne abbiamo parlato con Fabio Luinetti, fresco di nomina come country manager di Citrix Italia, essendo entrato in carica lo scorso 16 settembre.

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«Sin prima del mio arrivo, consideravo Citrix come un’azienda riconosciuta sul mercato per le soluzioni di virtualizzazione. Ovviamente è ancora così ma ho potuto constatare le opportunità che il gruppo ha colto nel declinare il concetto di virtualization andando ben oltre la classica accezione del termine, per adattarlo alle mutevoli evoluzioni nel segmento dell’IT. Dall’affermazione del cloud, abbiamo capito che parlare di workspace non vuol dire più limitarsi a offrire piattaforme di virtualizzazione ma approcciare il contesto in maniera più ampia ed articolata, con un punto d’attenzione particolare per la sicurezza. Non a caso, la rottura portata da certe applicazioni nel mondo consumer sono l’esempio di come la tecnologia può cambiare la vita delle persone, che si tratti di singoli individui o di un’intera azienda».

Secondo Luinetti, quel gap che un tempo vedeva il panorama enterprise “provare” piattaforme di nuova generazione che poi, solo successivamente, sarebbero arrivate presso gli utenti domestici, oggi disegna un quadro decisamente opposto, in cui è il settore IT professionale a dover rincorrere app e software giunti in maniera antecedente su smartphone, tablet e computer tradizionali. Il motivo? «Non mancano le tecnologie, quelle le abbiamo già, ma sicuramente l’IT ha tempi di adozione differenti, più lenti rispetto all’utenza consumer che è preparata al cambiamento. Pensiamo alle modalità as-a-service che, dopo anni, si sono affermate in lungo e in largo invadendo oramai ogni ambito della produttività consumer. Una simile rivoluzione è in atto come trend nel workspace che sta già evolvendo in modo significativo».

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In che modo Citrix si inserisce in tale flusso evolutivo che vede l’ambiente di lavoro sempre più dinamico e complesso? «Beh, oggi abbiamo società e dipendenti che si dimenano tra applicazioni differenti, da quelle legacy alle web, passando per le in-house o sviluppate da terzi. Insomma, c’è una giungla che può anche creare una sorta di confusione, con la conseguenza di ridurre la produttività, finendo per frenare la crescita invece che accelerarla. Come Citrix abbiamo un obiettivo, che è quello di porre la tecnologia come elemento abilitante ai diversi mondi applicativi, con al centro l’utente, le sue applicazioni e la valenza, indissolubile, del dato. Passare dal fornire principalmente soluzioni di virtualizzazione ad essere una piattaforma evoluta è un processo che abbiamo intrapreso e che è altamente sfidante. Pensiamo che l’innovazione, nella sua vera accezione, non sia solo inventare qualcosa di nuovo ma individuare strade alternative per risolvere i problemi, mixando ciò che abbiamo già e favorendo l’esperienza utente».

In cosa si trasformerà il workspace di domani? «Attualmente il posto di lavoro viene ancora visto come qualcosa a sé stante, un posto fisico che solo apparentemente può vivere sul digitale. E invece è in atto un cambiamento dei processi che necessitano di essere più snelli e versatili. In tale ottica, uno dei trend che Citrix vede con maggiore interesse è quello dell’intelligenza artificiale e del machine learning. Un ambiente davvero smart, permeato di IA, potrà presto supportare e velocizzare le attività dell’uomo. Come? ad esempio, offrendo in maniera proattiva l’accesso a determinate applicazioni, report, analytics, ecc. valorizzando la storia dei comportamenti utente, arrivando a “sapere” che, in quel preciso momento, periodicamente, la persona che si trova dinanzi al computer è solita effettuare tali operazioni.  È la macchina che aiuta l’uomo, anticipando le sue esigenze. L’ambiente di lavoro, per divenire davvero indipendente, deve consolidarsi come luogo virtuale, slegato da spazi e tempi tradizionali; non più soggetto a una macchina ma aperto a infinite possibilità, che sono il futuro della collaborazione».

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