Insiel, il dato in azione. Come potenziare i servizi della PA

Insiel, il dato in azione. Come potenziare i servizi della PA

Insiel, società in-house della Regione Friuli Venezia Giulia, ha creato un Information Catalog – basato sulla data virtualization di Denodo – per valorizzare il patrimonio informativo regionale, avviando un processo di standardizzazione e di semantica del dato

Dinanzi alla vasta complessità a cui il dato va incontro, la data-driven transformation diviene sempre più una sfida organizzativa che richiede alle aziende la capacità di ottimizzare piattaforme, flussi e competenze. Occupando un posto centrale all’interno dei processo di trasformazione digitale, la comprensione del dato non può bastare da sola a dare valore al business di un’impresa, piccola o grande che sia. Ciò che serve è una valorizzazione dell’informazione, sia quella prodotta all’interno che quella derivante da sorgenti esterne, utili a completare un quadro di riferimento che possa trasformare il dato stesso in azione. Secondo IDC, entro il 2023 un’impresa su quattro userà gli analytics in real-time, per guidare le decisioni a livello operativo, affidandosi agli insight prodotti direttamente dalle applicazioni, potenziate con il machine learning e l’intelligenza artificiale. In un anno, metà delle Global 2000 avrà abilitato risorse dedicate alla valorizzazione del dato per guidare i processi di innovazione. Di queste, però, soltanto il 10% riuscirà a industrializzare un processo di data analytics stabile, scalabile e resiliente. Servono dunque tecnologie adattive ma anche partner che sappiano indirizzare le aziende verso i corretti modelli di governance in grado di abilitare l’innovazione e renderla organica, efficiente e duratura.

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VALORIZZARE IL TERRITORIO

Si tratta di una presa di coscienza a cui deve arrivare soprattutto chi gestisce una mole di informazioni importante e in continuo divenire, come Insiel, la società in-house della Regione Friuli Venezia Giulia nata nel 1974. Realizzando da decenni servizi per la PA, enti locali e sanità pubblica, Insiel gestisce – per conto della Regione FVG – un vero e proprio “tesoro” fatto di dati, con una profondità storica rilevante. Nell’ottica di voler valorizzare tale patrimonio informativo, Insiel ha scelto Denodo per avviare un processo di standardizzazione della semantica del dato che, rilevato in epoche così diverse, era figlio di lavorazioni differenti, spesso eterogenee e difficilmente comparabili. All’interno dell’area innovazione di Insiel, si trova la divisione specifica che si occupa di scienza del dato, che lavora per ottenere informazioni di alto valore da rendere fruibili e riutilizzabili. L’obiettivo? Creare un Information Catalog (o Data Catalog) in grado di diventare l’interfaccia semplificata e con un livello di astrazione avanzato, realizzato tramite la data virtualization. «Sin dalla sua genesi, Insiel ha costruito delle base dati storiche molto interessanti» – spiega Diego Antonini, amministratore unico di Insiel. «Questo insieme di dati andava messo a frutto, incrociando le varie tipologie di archivi. A un certo punto, ci siamo posti due domande: cosa fare con quei dati, in termini di applicativi per i cittadini e servizi per la comunità? Come estrarre le informazioni da silos che, nel tempo, hanno risposto a esigenze fisse e non sempre votate al domani?».

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Dopo una gara di appalto, che ha visto Denodo vincitrice, Insiel ha creato dei database virtuali che, grazie al loro arricchimento con tag e categorie, riescono non solo a mostrare le informazioni ricercate da un utente, ma anche a creare correlazioni. Si tratta di informazioni che, in prima battuta, servono nell’immediato a chi deve prendere decisioni a livello regionale. «Per esempio, abbiamo costruito un database che ingloba tutte le informazioni degli asili nido. Grazie alla data virtualization, caselle dinamiche possono darci elementi peculiari che riguardano, tra l’altro, il viaggio di un autobus da un punto all’altro e le sue varie fermate in prossimità delle scuole, incrociando tale informazione con i dati sul traffico cittadino o la densità della popolazione sul territorio, per creare nuovi punti di salita/discesa dei bambini, a seconda dei periodi. Oppure ricostruendo l’intera anagrafica degli studenti della regione, anagrafica che prima non esisteva, per ottimizzare i servizi di trasporto, delle mense, delle biblioteche o per gestire i flussi in condizioni particolari per venire incontro alle necessità di distanziamento come durante la pandemia».

OLTRE I SILOS

«Attraverso la data virtualization, ci siamo posti l’obiettivo di superare i silos. Va però sfatato un mito: oggi ci sono molte opinioni sul fatto che l’informatica pubblica abbia bisogno di nuovi strumenti tecnologici per lo scambio dei dati. In realtà, i tool ci sono eccome, e da anni, mentre quello che manca è la cultura alla base dell’innovazione. Facciamo l’esempio della Sanità» – continua Antonini. «Nel processo di analisi di un’informazione unica e specifica sull’andamento di un contagio, non otterrò alcun valore se non metto in relazione quel dato con altri archivi che non sono propriamente sanitari, come lo spostamento dei lavoratori da un’area all’altra o l’arrivo di turisti». Per Antonini dunque, l’adottare applicativi nuovi e di ultima generazione all’interno delle amministrazioni pubbliche è un passaggio fondamentale, ma solo se procede di pari passo con la comprensione più ampia di come certi strumenti vanno utilizzati da parte degli operatori, sia per leggere il dato attuale nella sua interezza, sia in relazione a ciò che ha intorno. In questo modo, si possono ottenere dagli incroci tra database apparentemente lontani – conferendo loro nuovi significati – utili a programmare interventi localizzati in grado di rispondere alle esigenze reali e immediate della popolazione.

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INTERPRETARE IL DATO

L’idea di Insiel è anche quella di sfruttare la virtualizzazione per arrivare a decidere come operare fattivamente sul territorio, con nuovi progetti e servizi. «Il governo segue proprio tale direzione visto che uno degli scopi del PNRR è di aumentare il livello di digitalizzazione dei servizi al cittadino. Questi possono essere di vario tipo, dall’iscrizione alla scuola all’abbonamento ai mezzi pubblici. In ogni caso, la possibilità di avere dati aggregati, utilizzabili in maniera ampia, ci dà la possibilità di pensare a iniziative differenti, sfruttando finalmente quel concetto di Open Data che consente di mettere a disposizione di terzi quelle informazioni da cui partire per realizzare iniziative a favore sia di enti pubblici che di utenti privati». Il tutto nel rispetto della privacy e delle norme regolatorie, in un’ottica di crescita dell’economia locale e nazionale. «Il nostro è un piano ambizioso – afferma Antonini – anche perché sappiamo che non basta una singola tecnologia per risolvere i problemi della PA. Spesso si pensa solo a sviluppare nuove app e software, tralasciando la gestione dei processi. Per arrivare a una Pubblica Amministrazione più virtuosa è necessario agire all’interno, snellendo i flussi e cambiando metodologie e “colli di bottiglia” che frenano o bloccano l’innovazione pubblica. Agenzie in-house come la nostra possono avere sia l’onore che l’onere di guidare la trasformazione, facendo da collante tra le varie iniziative a sostegno della digitalizzazione».

DA COME FARE A COSA CREARE

I benefici avuti dalla partnership tra Insiel e Denodo hanno portato, in primo luogo, alla razionalizzazione dell’accesso ai dati e alla crescita della consapevolezza da parte dei decisori del valore dei dati e dell’interoperabilità in ottica open. «Due sono gli obiettivi sul lungo periodo» – spiega Antonini. «L’abilitazione di funzionalità self-service e la costruzione di servizi di data-centric. Si tratta di due aspetti fondamentali per rendere il dato sempre disponibile, valorizzandolo nel tempo. Questo perché chi oggi accede a informazioni ottenute cinque o dieci anni fa magari si ritrova dinanzi a elementi su cui non è possibile eseguire analisi approfondite. Nel futuro non potrà più essere così: con le tecnologie in nostro possesso, è possibile arricchire l’informazione di tanti aspetti, che magari non sembrano essere utili nell’immediato ma che potrebbero esserlo un domani, per eseguire inferenze di vario genere». Inoltre, come parte della pubblica amministrazione, occorre comunque tener presente le normative in materia di GDPR, che se non pongono limiti all’attuazione progettuale ne guidano certamente attori e scenari applicativi. «Partendo dall’esperienza con Denodo, abbiamo intenzione di creare database virtuali incrociando tutti gli archivi oggi a disposizione. Dopo aver lavorato su quelli “civili”, passeremo alla virtualizzazione dei “sanitari”, sempre nell’ottica del rispetto della privacy e della corretta gestione delle informazioni, con opportunità di integrazione ora poco immaginabili». La domanda a quel punto non sarà più “come fare?” ma “cosa creare?” con i database ottenuti. «Un quesito che allora svelerà la qualità del lavoro fatto, grazie alla capacità di avere le risposte che mancavano. E con la certezza di avere indirizzato nel migliore dei modi il percorso di digitalizzazione per concentrarsi sullo sviluppo di nuovi servizi a supporto della collettività».

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