Il cloud per il Made in Italy

Cinque data center attivi, due ad Arezzo, tre all’interno del campus di Ponte San Pietro in provincia di Bergamo più altri due nel campus in costruzione a Roma. Il salto di qualità nella crescita di Aruba, il principale cloud provider italiano e società da anni attiva in settori come il web hosting, la registrazione domini e la Posta Elettronica Certificata – cambia completamente la prospettiva.

«Il Global Cloud Data Center di Ponte SP, con i suoi 200mila metri quadri di superficie, è il data center campus più grande d’Italia» – spiega Fabrizio Garrone, Enterprise Solution director di Aruba Enterprise, la divisione del gruppo che si occupa di progetti IT complessi per grandi aziende e Pubblica Amministrazione. «Ampliato lo scorso novembre con due nuovi Data Center di ultima generazione, che si aggiungono agli altri già esistenti su più siti, ha visto un investimento di oltre 500 milioni di euro che contribuirà ad aumentare la competitività dell’Italia in un settore, quello del digitale made in Italy, per parecchi anni sonnolento».  

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Oggi, l’offerta di Aruba, e della sua divisione Enterprise, è un mix riuscito di competitività e italianità. Questa sinergia è ancorata nella sovranità dei dati, nella capacità consulenziale e nella profonda comprensione dei processi aziendali. «Il nostro valore risiede nella capacità di capire la realtà e le esigenze delle aziende italiane, per storia e cultura pertanto l’unicità di Aruba Enterprise – spiega Garrone – è di riuscire a offrire sia l’infrastruttura, connettività compresa, sia i servizi cloud, con un approccio realmente ibrido ed integrato. «Questo ci permette di fornire al cliente un’esperienza completa evitando qualsiasi tipo di lock-in, cioè senza obbligare nessuno a chiudersi sul nostro cloud. Ferma restando la possibilità per il cliente di utilizzare qualsiasi altra soluzione. Insomma, un approccio più aperto e flessibile rispetto ad altri player».

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Non tutto, non subito

Facciamo un passo indietro. L’errore tipico, o comunque un modo di pensare fallace, è quello di voler migrare in cloud una volta sola e in tempi brevi. «È vero che anche per un’azienda medio grande diventa sempre meno sostenibile mantenere un proprio data center, questo però non significa potersi permettere dall’oggi al domani di migrare tout court in cloud. Per questo è più corretto parlare di un percorso che porti ad una vera Digital Transformation dell’azienda. Aruba Enterprise, sia come operatore di data center che operatore cloud, è in grado di accompagnare in modo efficace i propri clienti in questo cammino di cambiamento». Come? «Facendo sì che l’IT aziendale sia il vero promotore e protagonista di questa trasformazione, governando e non subendo il cambiamento. Perché il business deve concentrarsi su come svilupparne del nuovo e non sulle modalità con cui viene erogato. Inoltre, c’è da considerare che per alcune organizzazioni la semplice migrazione in cloud non è più la soluzione a tutti i mali, bensì è necessario rivedere e riprogettare la maggior parte degli applicativi aziendali in un’ottica cloud native». Il consiglio è di abbracciare un approccio ibrido. «Quello in cui si valuta cosa portare in cloud e con quali modalità. A meno che un’azienda non sia una start-up che usa 1 o 2 applicativi – prosegue Garrone – e non si riesca a migrare tutto e in una sola volta. Possiamo partire dallo spegnimento del data center aziendale – magari superato e soprattutto costoso – spostando “semplicemente” le infrastrutture fisiche del cliente nei nostri data center per poi accompagnarli verso un IT completamente cloud native». Qui emerge il vero valore di Aruba – sottolinea Garrone: «Possiamo agevolare l’azienda cliente nell’implementazione di una soluzione di cloud ibrido all’interno delle nostre infrastrutture con soluzioni dedicate, anche da un punto di vista hardware, ospitate nei nostri data center, infrastrutture connesse con il nostro public cloud, ma anche e soprattutto in grado di comunicare con i public cloud ovunque nel mondo, abilitando così un’esperienza realmente multicloud e di apertura verso il mondo».

Italianità e sostenibilità ambientale. Dai telai Legler ai data center di ultima generazione. Ha radici profonde la visione di Aruba, e del suo braccio Enterprise, verso l’IT più green

Vicini ai clienti italiani

La flessibilità di Aruba Enterprise non si esaurisce nell’approccio tecnologico. Contrattualistica e service level agreement ritagliati sulle esigenze del cliente rappresentano altrettanti atout nell’offerta dell’operatore. «Sappiamo che per la loro natura le aziende “nostrane” tendono a cercare soluzioni specifiche o accordi contrattuali adattati alle loro esigenze e noi siamo sempre disponibili a rispondere a queste richieste». Per Garrone l’italianità è un valore e non una bandiera da agitare a discapito dei risultati. «La nostra strategia è di essere competitivi sul mercato europeo e la nostra italianità ci permette di offrire un valore aggiunto ai nostri clienti senza imporre alcuno svantaggio in cambio». Consapevoli che si può fare Made in Italy anche in un settore, l’IT, lontano dai riflettori puntati sulle classiche tre F del Fashion, Food, and Furniture. «L’Italia può rappresentare – e Aruba ne è un esempio – anche un modello di offerta di soluzioni IT e cloud a disposizione delle aziende del Made in Italy. Un settore nel quale il nostro Paese non è più solo un generatore di domanda ma è anche un produttore di offerta» riconosciuto anche fuori dai nostri confini. «Per fare un esempio: dopo la Brexit – la società che gestisce alcune delle maggiori borse europee, si è trovata a selezionare le infrastrutture data center dove far risiedere le sue attrezzature IT, e la scelta è ricaduta proprio su di noi. Fino a pochi anni fa, un operatore di questa portata non avrebbe neanche considerato l’Italia come una possibile scelta. Invece il cliente ha scelto Aruba sia per la capacità di adattare l’offerta alle loro esigenze, presentando la proposta “su misura” migliore, sia per l’eccellenza delle nostre soluzioni tecnologiche. Oggi, il 25% delle transazioni finanziarie europee passano attraverso il campus di Ponte San Pietro. Per noi questo è motivo di grande orgoglio».

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Sostenibilità ed efficienza energetica

La transizione digitale e la transizione verso un’economia verde possono procedere di pari passo. In una ideale continuità di visione dello sviluppo e di legame con il territorio, i server di Aruba hanno preso il posto dei telai della famiglia di industriali tessili Legler, originari del cantone svizzero della Glarona, che già a metà dell’Ottocento introdussero innovazioni tecnologiche in grado di trasformare la forza del fiume in energia e di utilizzarla da una sponda all’altra del Brembo. «Ai vantaggi di poter facilmente spegnere il data center aziendale e liberarsi delle sue complessità, si aggiungono quelli di sostenibilità ed efficienza energetica, di cui i nostri clienti non devono più preoccuparsi» – conferma Garrone. «Aruba può mettere sul piatto data center green by design: energia proveniente da fonti rinnovabili (Certificazione GO), sette centrali idroelettriche di proprietà, impianti fotovoltaici e sistemi di raffreddamento che utilizzano acqua di falda e l’impegno continuo alla neutralità climatica del data center. Tutte componenti che fanno di Aruba oltre che un protagonista della transizione green, un connubio riuscito – conclude Garrone – tra competitività sul mercato, stato dell’arte tecnologico e approccio sostenibile».