Cinque priorità per sbloccare il potenziale strategico dell’Intelligenza Artificiale in Italia

Cinque priorità per sbloccare il potenziale strategico dell’Intelligenza Artificiale in Italia

A cura di Erminio Polito, Amministratore Delegato di Minsait in Italia

Nel dibattito sull’Intelligenza Artificiale, le imprese italiane hanno superato la fase dell’entusiasmo iniziale: oggi la sfida è trasformare la sperimentazione in adozione sistemica. L’IA è ormai presente in molte realtà produttive, ma spesso in modo frammentato, confinato a progetti pilota o casi d’uso isolati. Il rischio è limitarsi a migliorare l’esistente, senza cogliere la portata trasformativa di una tecnologia che potrebbe contribuire in modo decisivo a rilanciare produttività e innovazione nel Paese.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Secondo il report che, come Minsait, abbiamo realizzato insieme a The European House – Ambrosetti, l’IA potrebbe già oggi generare un aumento della produttività aggregata del 3,2%, con proiezioni fino al 4,3% nei prossimi anni. Ma per realizzare questo potenziale è necessario affrontare ostacoli strutturali: mancano una visione condivisa, una governance efficace, un piano strategico coerente e, soprattutto, investimenti adeguati su competenze, dati e infrastrutture.

Le imprese non sono ferme: il 63% di quelle di grande dimensione ha già avviato o pianificato progetti legati all’Intelligenza Artificiale. Ciononostante, oltre il 70% non dispone ancora di una strategia definita e il 38% investe in questa tecnologia meno di 50.000 euro l’anno. È una fase di esplorazione utile, ma che rischia di restare confinata ad ambiti tattici, focalizzati sull’efficienza, senza incidere su modelli organizzativi o processi core. Per accompagnare questo passaggio verso un’adozione strategica e diffusa servono cinque priorità d’azione.

Innanzitutto, è imprescindibile definire e finanziare una strategia nazionale per l’IA. Non bastano dichiarazioni d’intenti: servono piani operativi chiari, risorse dedicate e una governance istituzionale. È questa la condizione necessaria per assicurare un’adozione diffusa dell’IA nei settori chiave del sistema economico e industriale.

Leggi anche:  IT Wallet e imprese: verso un nuovo standard di identità digitale

Accanto a questo, occorre rafforzare i fattori abilitanti: in primis le competenze, ancora carenti in larga parte del tessuto produttivo italiano. Solo il 4% delle imprese risulta altamente digitalizzato e meno della metà della popolazione adulta possiede competenze digitali di base. Per raggiungere gli obiettivi del Digital Compass 2030 della Commissione Europea sarà necessario colmare un divario formativo che coinvolge oltre 15 milioni di cittadini.

Un terzo elemento strategico sarà stimolare l’adozione dell’IA anche all’interno della Pubblica Amministrazione. Promuovere forme strutturate di collaborazione tra pubblico e privato attraverso reti, laboratori condivisi e sinergie operative, può accelerare lo sviluppo di soluzioni di IA accessibili e inclusive, capaci di generare benefici diffusi per cittadini e imprese.

Al tempo stesso, è fondamentale offrire alle imprese casi d’uso concreti, modelli replicabili e strumenti per orientarsi. La complessità percepita è ancora alta: servono esempi pratici e settoriali che rendano l’innovazione accessibile, soprattutto per chi è all’inizio del percorso.

Infine, un’attenzione speciale va riservata ai territori e alle PMI, che rappresentano il cuore della nostra economia. Ad oggi, oltre 126.000 piccole e medie imprese italiane non hanno ancora raggiunto un livello base di digitalizzazione. Per superare questo divario servono politiche mirate, che rendano l’adozione dell’IA sostenibile, utile e allineata alle esigenze locali.

Queste priorità non sono semplici raccomandazioni tecniche: sono la base per costruire una traiettoria nazionale che collochi l’Italia tra i protagonisti della trasformazione digitale globale. Per farlo, servirà un’azione coordinata tra istituzioni pubbliche, imprese e sistema formativo. Ma è anche un’occasione per orientare il cambiamento, non subirlo.

L’Intelligenza Artificiale è qui per restare. È uno strumento potente, che può reinventare modelli, processi, relazioni. Il suo impatto dipenderà da quanto sapremo integrarla, non solo a livello tecnologico, ma anche strategico, culturale e industriale.

Leggi anche:  Aziende e data center alla prova dell’AI: come si stanno riconfigurando infrastrutture e workload nel 2025?