A cura di Santiago Pontiroli, Lead TRU Researcher di Acronis
Un’indagine condotta dal team Acronis TRU (Threat Research Unit) ha recentemente portato alla luce nuove varianti di Chaos RAT, uno strumento open source di amministrazione remota sempre più utilizzato in contesti malevoli. L’analisi – focalizzata in particolare sulla versione per sistemi Linux – mette in evidenza come questo strumento, nato con finalità legittime, sia diventato oggi una componente attiva e pericolosa nelle campagne di attacco osservate nel 2025.
Identificato per la prima volta in attacchi reali alla fine del 2022, Chaos RAT è sviluppato in Go ed è compatibile con sistemi Windows e Linux. Le sue funzionalità includono gestione file, shell remota, esecuzione comandi, controllo dei processi e comunicazione tramite server C2. Con la versione 5.0.3, rilasciata nel 2024, è stato introdotto il supporto nativo a 64 bit per entrambi gli ambienti, confermando l’evoluzione costante dello strumento e l’interesse della community, testimoniato da oltre 500 fork su GitHub.
Uno dei motivi principali del suo successo tra gli attori di minaccia è la facilità d’uso: molti lo impiegano direttamente nella versione disponibile pubblicamente, senza modifiche rilevanti, sfruttando il pannello di amministrazione di default accessibile via browser. In altri casi vengono apportate modifiche minime al codice o al protocollo di comunicazione, spesso per eludere i meccanismi di rilevamento basati su firme e confondersi con il traffico di malware generico. Questo approccio consente agli attaccanti di restare sotto traccia e rende difficile l’attribuzione di una specifica campagna a un gruppo ben definito.
Uno strumento semplice da usare, difficile da attribuire
L’indagine Acronis evidenzia come Chaos RAT venga spesso distribuito tramite pacchetti compressi che si spacciano per strumenti di diagnostica Linux, come NetworkAnalyzer.tar.gz o sysclean, veicolati attraverso e-mail di phishing o script bash. Una volta installato, il RAT raccoglie informazioni di sistema, si connette a un server remoto e attende comandi, tra cui trasferimento file, esecuzione di script e cattura di screenshot. Il tutto con un livello di persistenza e flessibilità che lo rende adatto a diverse fasi della catena d’attacco: dalla ricognizione iniziale al mantenimento dell’accesso, fino all’installazione di payload secondari.
L’uso esteso di Chaos RAT da parte di attori diversi – dai gruppi APT ai criminali comuni – complica ulteriormente l’attribuzione. La scelta di strumenti open source come Chaos, QuasarRAT o AsyncRAT consente infatti ai gruppi più sofisticati di mimetizzarsi nel rumore della criminalità informatica ordinaria, riducendo il rischio di essere scoperti. Questo modello operativo, sempre più diffuso, rappresenta una sfida significativa per i team di difesa, chiamati a distinguere tra minacce avanzate e attacchi opportunistici.
Il malware che espone i suoi stessi utilizzatori
Ma ciò che rende ancora più emblematico il caso Chaos RAT è quanto emerso da due vulnerabilità critiche scoperte nel suo pannello di amministrazione: CVE-2024-30850 e CVE-2024-31839. La prima è una command injection che consente di eseguire comandi arbitrari sul server; la seconda è una vulnerabilità XSS che permette di iniettare codice JavaScript nella sessione dell’amministratore. In pratica, anche un attaccante che utilizza Chaos RAT per colpire sistemi esterni può essere a sua volta compromesso da terzi.
Queste vulnerabilità rendono possibile il controllo remoto dell’infrastruttura Chaos da parte di altri attori, aprendo la strada a nuove manipolazioni del RAT, all’inserimento di backdoor aggiuntive o alla raccolta di informazioni sui sistemi già compromessi. Un esempio pratico, diventato virale, è quello in cui un ricercatore ha sfruttato il bug per far partire nel pannello la celebre canzone “Never Gonna Give You Up” di Rick Astley: una dimostrazione provocatoria ma efficace per attirare l’attenzione sui rischi insiti anche negli strumenti utilizzati dagli attaccanti.
Al di là dell’ironia, il caso di Chaos RAT mette in luce un problema più ampio: la diffusione incontrollata di software open source impiegato per scopi malevoli. La facilità di accesso, la velocità di personalizzazione e l’assenza di meccanismi di verifica robusti rendono questi strumenti estremamente pericolosi nelle mani sbagliate. E la possibilità di scaricare e usare lo stesso identico strumento sia per test legittimi sia per attacchi reali rende più complicata l’attività dei team di threat intelligence.
Detection avanzata per neutralizzare minacce open source
In questo contesto, il ruolo delle tecnologie di detection e risposta avanzata diventa essenziale. Acronis ha recentemente esteso il supporto di EDR ai sistemi Linux, offrendo alle aziende una protezione completa su Windows, macOS e Linux. Il rilevamento delle minacce viene integrato nel framework MITRE ATT&CK e consente di intervenire tempestivamente con azioni come la quarantena dei file, l’arresto dei processi o il ripristino da backup. Una copertura fondamentale per ambienti cloud, server critici e infrastrutture DevOps, spesso bersagliate da strumenti come Chaos RAT.
Il messaggio è chiaro: se l’open source è una risorsa preziosa per l’innovazione, può diventare altrettanto pericolosa se sfruttata per scopi dannosi. Chaos RAT ne è un esempio lampante. La sua evoluzione, la sua diffusione e la sua stessa vulnerabilità dimostrano quanto sia fluido il confine tra utilità e minaccia. E quanto sia importante dotarsi di strumenti in grado non solo di rilevare, ma di anticipare e disinnescare questi rischi.