Formazione, innovazione tecnologica, una stretta partnership con Nvidia: tutti elementi con cui l’azienda si conferma leader tra i fornitori di infrastrutture critiche
Stefano Mozzato, VP Marketing EMEA di Vertiv, prende spunto dalla chimica per sintetizzare con una metafora ciò che sta alla base del lavoro dell’azienda. «Pensate a tutti i singoli elementi come se fossero atomi», dice, «le innovazioni AI, la collaborazione con Nvidia, gli investimenti sui data center: ognuno di questi singoli elementi si lega l’un l’altro contribuendo a formare una molecola, un ecosistema all’interno del quale tecnologia ed energia permettono di sfruttare al massimo le potenzialità del dato digitale».
Una molecola in continua evoluzione, dal momento che, rispetto ai primi usi sperimentali dell’AI risalenti ormai a oltre un ventennio fa, il panorama è cambiato drasticamente. «Perché l’uso dell’AI generativa porta a risultati non deterministici, quindi impossibili da prevedere, ma soprattutto perché per essere alimentata richiede infrastrutture di tutt’altra portata rispetto a quanto vedevamo nei primi anni del 2000: allora i rack più performanti necessitavano di circa 20 kilowatt – per intenderci, un ordine di grandezza simile a quello di 10 asciugacapelli attivi al massimo della potenza – mentre oggi ciascun rack ne richiede tra i 124 e i 126. Numeri ingestibili per il raffreddamento ad aria, che hanno quindi costretto all’adozione di sistemi di cooling liquido e a un progressivo cambio di paradigma: le strutture ora sono considerate un unicuum e nel misurarle non si pensa più in termine di “quanti rack”, bensì di “quante GPU”. E il pensiero stesso sul dato è mutato grazie all’avvento della sovranità digitale, rispetto alla fase in cui “tutto sul cloud” era il mantra che ognuno pronunciava, dalle grandi aziende ai singoli utenti».
Formazione, innovazione, partnership: il percorso verso Colosseum
Naturalmente, per far fronte alle nuove sfide e alla necessità di infrastrutture sempre più performanti, la formazione assume un ruolo fondamentale. Da qui la decisione di Vertiv di inaugurare proprio in questi giorni un nuovo training center a Francoforte, che si aggiungerà ai 15 poli dell’Academy già attivi in EMEA, di cui due si trovano in Italia: a Bologna quello dedicato alla gestione energetica, a Tognana (Padova) quello con focus sulle soluzioni termiche. «Ricordo ancora il primo forum sul raffreddamento a cui presi parte in Cina», racconta Mozzato, «si parlavano tre lingue: cinese, inglese e… padovano. In Italia storicamente abbiamo la fortuna di essere molto avanti dal punto di vista delle competenze, della conoscenza, del talento, anche se poi purtroppo ci scontriamo con i soliti problemi. E miti come “ah, ma i data center sono troppo energivori”. Forse inizialmente, ma oggi nel nostro paese, passata la moda dei sistemi adiabatici, praticamente nessuno consuma acqua. La chiave è concentrarsi sul riuso e la riduzione degli sprechi».
Ancor più importanti, poi, sono ricerca e sviluppo, aree in cui un partner come Nvidia gioca un ruolo di primo piano. «Ogni anno raccogliamo i frutti di quanto studiato e sperimentato in quelli precedenti, tanto che dal punto di vista tecnologico siamo costantemente una generazione avanti rispetto a ciò che viene rilasciato al pubblico. Questo ci permette di testare in anticipo quali soluzioni funzionano per ciascuna diversa necessità, che in questo settore è un qualcosa di critico», conclude. Ed è proprio in risposta all’odierno bisogno del mercato di una “single unit of computing” che Vertiv realizzerà insieme a Nvidia e Domyn il supercomputer Colosseum: il primo di una nuova serie di soluzioni modulari prefabbricate, che aprirà nuovi orizzonti nel mondo digitale.
Una fotografia del mercato italiano

E per quanto riguarda il mercato italiano? «Cresce di pari passo con quello globale, a un tasso sempre più esponenziale», risponde Andrea Faeti, Sales Enterprise Account Director di Vertiv Italia. «Certo, esiste ancora un delta importante tra quante realtà manifestano un interesse verso soluzioni AI e quante poi le applicano effettivamente all’interno dei propri business, ma indubbiamente gli investimenti stanno aumentando. Rispetto alla rincorsa al cloud, nella quale avevamo accumulato un ritardo immenso rispetto ad altri paesi, ora il gap c’è ma è decisamente più sottile, grazie senza dubbio anche al tema della sovranità».
La chiave per il successo sta nell’offrire soluzioni che siano adattabili e scalabili a seconda delle necessità. «Non tutte le situazioni richiedono la massima potenza computazionale per le moli di dati su cui lavorano, come ad esempio è il caso delle realtà nel settore legal. Il return on investment per i clienti oggi è più alto, ma perché resti tale bisogna sforzarsi di essere efficienti. E si può farlo in molti modi. Non ricostruendo le infrastrutture da zero, ma piuttosto riciclando ciò che si ha già a disposizione e aggiornandolo laddove serve, facilitando il processo di adozione con un approccio bottom up. Questo vale il doppio in Italia, vista la stratificazione del mercato con la prevalenza di piccole e medie imprese: la differenza si fa con la presenza e la prossimità sul territorio, anche attraverso i partner, e garantendo tutta la parte di service, che in questo settore è imprescindibile.