Gli agenti intelligenti cambiano il paradigma dell’automazione: Aubay guida la transizione verso una gestione adattiva, scalabile e supervisionata
Nel crescente dibattito che ruota intorno al tema dell’AI applicata al mondo aziendale, gli agenti intelligenti rappresentano una delle frontiere più interessanti. In cosa si differenziano dalle tecnologie precedenti? E soprattutto, che ruolo possono giocare nelle imprese italiane? A fare chiarezza, interviene Giorgio David Jacchini, senior manager di Aubay Italia con una visione maturata “sul campo” tra progetti reali e confronti diretti con le aziende. Il suo punto di vista è netto: «Gli agenti sono strumenti innovativi ma per comprenderne il valore occorre prima capire bene cosa possono concretamente fare. È anche un percorso di progressiva conoscenza e di progressiva fiducia verso le capacità dello strumento, rispetto a una capacità di automazione che crediamo potrà essere massima».
VERSO L’INTELLIGENZA CONTESTUALE
Per anni, l’innovazione dei processi aziendali è passata attraverso strumenti di Robotic Process Automation, capaci di eseguire operazioni ripetitive con una logica definita a priori ma caratterizzati da limiti legati alla rigidità di questi stessi strumenti. Gli agenti intelligenti, e le tecnologie di Agentic Process Automation in genere, cambiano la prospettiva, introducendo un livello di “comprensione” del contesto prima impensabile. «La tecnologia RPA è basata su flussi poco adattabili» – spiega Jacchini. «Cambiando un passaggio nel processo, si è costretti a rivedere l’intero flusso. Gli agenti intelligenti, invece, si adattano, apprendono e ottimizzano i percorsi in base al feedback ricevuto. La transizione verso l’AI agentica è sinonimo di efficienza operativa e produttività, di maggiore organicità, flessibilità e capacità di apprendimento, che guarda a un miglioramento certificabile in termini di velocità di esecuzione e di spostamento delle risorse verso attività a valore aggiunto. Si tratta di un cambio radicale».
IL VALORE DELL’INTERAZIONE UOMO-MACCHINA
Quella di Aubay in materia di agenti intelligenti è una visione ben definita e circostanziata, votata all’accessibilità delle nuove tecnologie, ma basata su un concetto altrettanto preciso: le soluzioni APA non toglieranno lavoro alle persone. Detto che i robot lavorano al posto dell’uomo e che l’agente AI, man mano che impara, rende un processo sempre più semplice – la macchina non avrà mai “libero arbitrio”: gli operatori umani che prima svolgevano mansioni ripetitive possono diventare infatti supervisori degli agenti, interpretando i risultati delle attività loro affidate. «L’intelligenza artificiale non fa tutto da sola, per lo meno oggi» – sottolinea Jacchini. «L’human in the loop è un pilastro di questa evoluzione e se manca è impossibile pensare di trasformare processi aziendali critici. Serve un approccio strutturato, in cui l’umano resti parte integrante del sistema per controllare e verificare il lavoro degli agenti ed è proprio in questa fase che il ruolo delle persone si evolve. Non si tratta di sostituirle, ma di farle crescere: è un’opportunità di sviluppo, non una minaccia».
PIÙ EFFICIENZA, PIÙ VALORE
L’altro nodo da sciogliere legato all’AI agentica riguarda il ritorno dell’investimento. La sua adozione è giustificata? Porta vantaggi tangibili? Secondo Jacchini, la risposta è affermativa, a patto di muoversi con consapevolezza. «Gli agenti intelligenti sono più veloci, più affidabili e lavorano sempre nello stesso modo» – afferma il manager di Aubay. «Liberando le persone dai compiti a basso valore, si possono dedicare queste risorse a compiti più strategici, e di conseguenza aumentare l’efficienza complessiva dell’organizzazione. Un esempio concreto? Pensiamo a un addetto che deve aprire un ticket, che potrebbe essere interrotto, rallentato, distratto e indotto all’errore. L’agente, invece, riceve la richiesta, la processa, la gestisce sempre nello stesso modo, migliorando via via le sue prestazioni». E anche questo è ROI.