A cura di Gianluca Sinibaldi – Direttore Energy&Utilities di Minsait in Italia
In Italia il dibattito sull’energia è spesso schiacciato su due poli contrapposti: da un lato l’urgenza della transizione ecologica, dall’altro il peso ancora rilevante delle fonti fossili nella tenuta del sistema produttivo e dei trasporti. È in particolare il settore Oil&Gas a trovarsi al centro di questa tensione. In mezzo, però, si muove una terza forza che troppo a lungo è stata considerata accessoria e che invece sta ridisegnando l’intero comparto: la tecnologia. Non più soltanto fattore di efficienza, ma leva per trasformare radicalmente il modo in cui produciamo, gestiamo e consumiamo energia.
Le nuove piattaforme digitali stanno già modificando la quotidianità delle operazioni. I sistemi basati su sensori IoT consentono di monitorare costantemente tubazioni, serbatoi e raffinerie, riducendo drasticamente il rischio di incidenti ambientali e guasti improvvisi. Algoritmi di intelligenza artificiale modulano la produzione in base alle oscillazioni della domanda, con benefici immediati in termini di riduzione dei consumi e stabilità del sistema. I digital twin, infine, permettono di replicare virtualmente impianti complessi e di testare scenari operativi senza fermare la produzione. Ciò che fino a poco tempo fa sembrava futuribile è oggi parte integrante delle strategie dei grandi operatori energetici italiani.
Il valore aggiunto va ben oltre la dimensione economica. L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che circa il 70% delle emissioni di metano — uno dei gas serra più dannosi — generate dal settore dei combustibili fossili potrebbe essere abbattuto grazie a tecnologie già disponibili, spesso con investimenti contenuti. La tecnologia non è solo un acceleratore di efficienza, ma già oggi rappresenta la leva più concreta per trasformare un comparto tradizionalmente percepito come “pesante” in un attore capace di contribuire alla decarbonizzazione.
In questo scenario, la cybersecurity emerge come nuova frontiera critica. Raffinerie, oleodotti e terminal portuali non sono più infrastrutture isolate, ma nodi di un ecosistema connesso, e dunque esposti a vulnerabilità che possono compromettere non solo la continuità produttiva, ma anche la sicurezza ambientale. La direttiva europea NIS2 ha posto regole più severe per i settori critici, spingendo verso un approccio “secure by design”, in cui la protezione digitale non è un presidio aggiuntivo, ma parte integrante della progettazione e della governance degli impianti. È un cambio di mentalità che il settore non può più rinviare.
Accanto alla dimensione tecnologica c’è quella industriale. Le innovazioni digitali sono già al centro dei progetti di riconversione delle bioraffinerie italiane, che trasformano feedstock sostenibili in biocarburanti avanzati. Qui la digitalizzazione diventa lo strumento che consente di garantire tracciabilità delle materie prime, efficienza energetica nei processi e certificazione degli standard ambientali lungo tutta la catena del valore.
Il futuro del settore energetico italiano si giocherà dunque su una capacità di sintesi: integrare l’esperienza industriale maturata in decenni con le potenzialità delle nuove tecnologie. È un equilibrio delicato, che non consiste nel rinnegare il presente, ma nel trasformarlo. Perché la vera innovazione non è sostituire ciò che esiste, ma renderlo compatibile con le esigenze del domani.
Tre sono i pilastri su cui costruire questa traiettoria: IoT, intelligenza artificiale e cybersecurity. Insieme, queste tecnologie permettono di ridurre i rischi ambientali, migliorare l’affidabilità e l’efficienza delle infrastrutture e rafforzare la resilienza complessiva del sistema energetico. Non più accessori marginali, ma componenti centrali di una strategia industriale che deve coniugare competitività, sicurezza e sostenibilità.