Il modello semantico di Denodo

Il modello semantico di Denodo

Semantic Layer: lo strumento per leggere e utilizzare i dati in modo coerente e condiviso

Un approccio logico che consente di integrare, interpretare e utilizzare i dati in modo coerente e condiviso, senza modificare le fonti esistenti. È questo il significato del Semantic Data Layer, argomento del webinar condotto da Andrea Zinno, Data Evangelist di Denodo, che ne ha illustrato il ruolo come strumento per la modernizzazione delle architetture IT, i vantaggi nella riduzione della complessità e nell’aumento della resilienza, e le funzionalità della piattaforma Denodo. «Quando si parla di integrazione e gestione del dato, il riferimento va quasi sempre agli aspetti tecnologici – esordisce Zinno -. Eppure la tecnologia oggi è talmente matura da consentire di collegare qualsiasi cosa. Molto meno frequente è guardare a questo tema dal punto di vista semantico».

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Il punto di partenza è chiaro: «Noi integriamo i dati perché vogliamo rappresentare il mondo esterno con il quale ci confrontiamo come azienda e per il ruolo che abbiamo. Anche nella vita privata siamo tutti in qualche modo affamati di dati. Ciò che guida l’integrazione del dato è la necessità di creare quella che normalmente viene chiamata concettualizzazione del nostro contesto di riferimento».

Si tratta di un processo complesso, che richiede analisi, modellazione, monitoraggio e adattamento continuo. «Ogni concetto ha un suo ciclo di vita: parte da un requisito che rappresenta ciò che vogliamo farci con quel dato, viene modellato, monitorato nel tempo e adattato ai cambiamenti di un mondo molto fluido, fino ad arrivare idealmente alla sua obsolescenza», spiega Zinno.

Da qui nasce il concetto di vista aumentata. «Il primo livello riguarda i dati sotto il diretto controllo dell’organizzazione, quelli di cui ho ownership e responsabilità, che siano on premise o in cloud – prosegue Zinno. «Il secondo livello comprende i dati forniti da data provider esterni o da enti pubblici, che possono essere utili ma richiedono accordi e contratti. Il terzo livello, il vero augmented, va oltre: prende in considerazione qualsiasi dato indipendentemente da chi lo gestisca, includendo, per esempio, fornitori, outsourcer, autorità di controllo, altre aziende ancora».

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Si tratta di un primo passo verso una vera e propria data economy. E qui entra in gioco il modello semantico.  Secondo Zinno è necessario garantire che i termini utilizzati siano universalmente compresi, avere un punto unico in cui rappresentare i concetti e chiarire che di un determinato concetto esiste una versione oggettiva e trasversale, accanto a viste specializzate che ciascuno attribuisce allo stesso soggetto. La sfida diventa ancora più complessa quando i dati iniziano a circolare tra organizzazioni diverse: in quel momento l’elemento di soggettività si amplifica e serve un unico modello di riferimento, capace di dare coerenza a un significato articolato. «Quando integriamo una nuova fonte dati non estraiamo i dati per portarli all’interno come nel modello ETL tradizionale, ma ne estraiamo il significato, lo traduciamo in un formato unico e lo popoliamo nel modello semantico», spiega Zinno.

Un altro tassello importante è il data marketplace, l’interfaccia pensata per i data consumer. «Nasconde gli aspetti tecnici e consente di esplorare i dati con linguaggio naturale, per categorie e filtri, fornendo anche suggerimenti. La semantica è quindi fondamentale in un mondo di economia dei dati, ma lo è altrettanto avere un approccio logico che garantisca agilità e flessibilità», conclude Zinno.