A cura di Antonio D’Agata, Director Strategic Accounts & Partner di Axiante
Dall’ultimo report Magic Quadrant 2025 di Gartner dedicato alle Customer Data Platform (CDP) emerge un dato sorprendente: a fronte di investimenti crescenti e di un riconoscimento del loro valore strategico, appena il 22% delle aziende utilizza queste piattaforme in modo sistematico e continuativo per disporre di una visione unificata e profonda dei propri clienti. Secondo MarTech.org, il problema non è tecnologico ma di aspettative: troppo spesso infatti queste soluzioni non riescono a soddisfare ciò che gli utenti si attendono. Comprendere le cause di questo divario è essenziale per sbloccare il reale potenziale delle CDP.
Le radici delle aspettative disattese
Le ragioni di questo gap sono molteplici. In primo luogo, molte organizzazioni si avvicinano a queste piattaforme con aspettative irrealistiche, immaginando una sorta di “bacchetta magica” capace di trasformare da sola e istantaneamente l’azienda in una realtà customer oriented, definendo e implementando la strategia necessaria a questa finalità. La realtà è ben diversa: implementare efficacemente una CDP richiede tempo, risorse dedicate e un ripensamento dei processi aziendali, oltre a essere “solo” uno degli strumenti per supportare le imprese a mettere il cliente al centro delle proprie scelte.
Un ulteriore aspetto spesso sottovalutato è la necessità di definire chiaramente gli obiettivi del progetto CDP sia in termini strategici e tecnologici che operativi. Senza un allineamento preliminare sul “perché”, sul “cosa” si vuole ottenere e poi sul “come”, il rischio è di perdersi in progetti che non ottengono i benefici attesi.
In questa direzione anche il coinvolgimento degli utenti è un passaggio centrale ma spesso sottovalutato. Un confronto con i vari utilizzatori per definire il nuovo assetto organizzativo e tecnologico anche per consentire una migliore integrazione con altre soluzioni come i CRM tradizionali e i vari dataset già esistenti.
Rispetto a quest’ultimo aspetto non va sottovalutata la complessità dell’integrazione dei dati. Le aziende operano con ecosistemi tecnologici frammentati, dove i dati risiedono spesso in diversi repository da unificare proprio tramite CDP, ma ciò si scontra spesso con le difficoltà legate alle architetture IT, alla qualità dei dati e alle resistenze organizzative al cambiamento. Tutti freni che mettendo a rischio la capacità di queste soluzioni di generare insight, fino alla loro stessa ragion d’essere.
Infine va tenuto conto che implementare una CDP non significa semplicemente installare un software, ma richiede figure capaci di comprendere sia le dinamiche tecniche che quelle di business. Molte organizzazioni si trovano impreparate di fronte a questa necessità, compromettendo fin dall’inizio così il successo del progetto.
L’imprescindibile valore delle CDP
Nonostante questi ostacoli, le Customer Data Platform rimangono fondamentali. Il motivo è semplice: in un mondo dove “l’ascolto” del cliente è determinante per il successo delle aziende e i customer journey si sviluppano attraverso molteplici touchpoint digitali e fisici, poter contare su una visione unificata e dettagliata del cliente è un driver strategico.
Le CDP rappresentano infatti l’unica soluzione tecnologica in grado di collegare tutti i dati e i punti di contatto con l’utente per creare profili profondi che vadano oltre la semplice aggregazione di dati demografici e comportamentali, in modo da raccogliere preferenze ed intenzioni, anche in tempo reale, attivando quel riconoscimento e quella personalizzazione che i consumatori non solo si aspettano, ma ormai pretendono.
Inoltre, in un contesto normativo sempre più stringente – dal GDPR all’AI Act – le CDP offrono un framework strutturato per la gestione anche della compliance, anche a vantaggio dell’attenzione crescente delle persone alla privacy.
Le caratteristiche per il successo
La scelta di una CDP efficace richiede pertanto un’attenta valutazione di caratteristiche fondamentali che ne influenzano il successo, proprio la scalabilità dell’architettura rappresenta il primo criterio essenziale: la piattaforma deve crescere con l’organizzazione, gestendo volumi crescenti di dati multi-canale senza compromettere le performance o richiedere costose ristrutturazioni.
L’interoperabilità costituisce il secondo aspetto da valutare: una CDP moderna deve integrarsi nell’ecosistema tecnologico esistente, connettendosi con CRM, marketing automation platform, piattaforme e-commerce, sistemi di customer care, etc. per massimizzare la raccolta e l’integrazione dei dati.
La governance dei dati rappresenta il terzo elemento critico e quindi la Customer Data Platform dovrà includere funzionalità avanzate di data quality management, lineage tracking e privacy compliance (GDPR) per garantire integrità informativa e conformità normativa. Mentre interfacce intuitive, capacità di segmentazione real-time e dashboard personalizzabili sono centrali per l’usabilità e l’accessibilità alla piattaforma e quindi per una sua adozione effettiva da parte dei team.
Ma la vera differenza si ottiene quando la CDP non si limita alla semplice aggregazione dei dati e profilazione ma li trasforma in actionable insight ovvero in indicazioni operative. Software come SAS CI 360, per esempio, utilizzano algoritmi di machine learning avanzati per elaborare le informazioni, identificando pattern nascosti e suggerendo azioni concrete per ottimizzare l’engagement del cliente e limitare i tassi di churn
Infine non va sottovalutato che l’importanza di progettare un vero e proprio piano d’integrazione per le persone che la dovranno utilizzare e per i processi che ne verranno coinvolti, definendo aspetti come la proprietà dei dati, la governance delle decisioni, le responsabilità, fino ai percorsi di formazione.