IDA, “Ricerca di Mercato 2025 Status dei Data Center in Italia”: boom delle fabbriche dati entro il 2026

IDA, “Ricerca di Mercato 2025 Status dei Data Center in Italia”

Presentata ieri a Roma alla presenza del Ministro Adolfo Urso

I tempi lunghi per la messa in opera delle infrastrutture tecnologiche, la mancanza di un codice Ateco e di una normativa unificata, insieme al “nodo” del consumo energetico e di suolo non sembrano frenare la crescita dei Data Center in Italia. Alla fine del 2024 l’aumento nell’offerta di data center è stato del 6%, lasciando intravedere la fase iniziale di un’importante accelerazione. In totale lo scorso anno la potenza degli hub digitali ha raggiunto i 287 MW e quella installata in Italia tra fine 2025 e 2026 supererà tutta quella odierna, grazie soprattutto all’entrata in funzione di numerosi data center hyperscale. E se nel 2028 si prevede che l’Italia supererà il traguardo di 1 GigaWatt, nel 2031 le stime indicano che verrà raggiunto il traguardo dei 2 GigaWatt. Si tratterebbe di un aumento del 600% rispetto ai numeri del 2024, con una crescita media annua del 30%.

Sono solo alcuni dei dati della “Ricerca di Mercato 2025 Status dei Data Center in Italia” di IDA (Associazione Italiana Data Center) presentati ieri a Roma al “Data Center Symposium”, nel corso del quale le aziende del settore si sono confrontate col ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, con il Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin – Responsabile del MASE – coi parlamentari di maggioranza e opposizione che stanno seguendo l’iter delle norme di regolamentazione, coi tecnici ministeriali e coi responsabili di agenzie e authority di regolamentazione, AGID e ARERA.

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“I principali nodi da sciogliere restano quelli legati ai tempi e alla complessità dei procedimenti autorizzativi, che oggi possono variare sensibilmente da un territorio all’altro. È fondamentale arrivare all’introduzione di un procedimento unico nazionale per i progetti di data center, che possa semplificare e coordinare tutti i passaggi amministrativi, mantenendo al contempo elevati standard di sicurezza e sostenibilità”, commenta Sherif Rizkalla, presidente di IDA.

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Gli Hyperscaler trainano la crescita, puntando all’AI

I fornitori di cloud hyperscale stanno rapidamente costruendo nuove availability zones in diverse regioni di Italia, portando il cloud più vicino agli utenti finali (aree metropolitane) per migliorare prestazioni, efficienza e sovranità dei dati. A favorire la connessione digitale di nuovi Paesi e aree metropolitane è anche la capacità dei cavi sottomarini nel Mediterraneo, destinata a un aumento di 10 volte nei prossimi cinque anni, dando vita a nuovi hub di data center (ad esempio Genova, Palermo, ma anche Barcellona e Creta).

Allo stesso tempo, gli Hyperscaler stanno puntando con forza alla leadership nel mercato delle infrastrutture per l’IA. L’adozione dell’IA, infatti, non solo sta accelerando il time-to-market degli investimenti, ma sta anche generando una maggiore richiesta di energia e densità energetica, potenzialmente introducendo una nuova classe di prodotti data center e aprendo opportunità di investimento anche in aree oltre ai grandi mercati italiani (Milano e Roma).

Data Center commerciali a quota 21,8 miliardi nei prossimi 5 anni

Gli investimenti nella costruzione di data center commerciali in Italia raggiungeranno un picco di quasi 5 miliardi di euro, sostenuti dalla crescente domanda di servizi di colocation e hyperscale. Questo impulso non solo favorisce lo sviluppo delle infrastrutture digitali, ma stimola anche settori collegati come energia, edilizia e telecomunicazioni, consolidando l’Italia come hub strategico per l’innovazione tecnologica. Complessivamente, la capacità dei data center commerciali italiani dovrebbe raggiungere i 1.522 MW nel 2029, quasi sei volte la capacità del 2024, con un CAGR medio del 40%. Attualmente sono in corso attività di costruzione per 343 MW e l’analisi IDA indica che altri 1.684 MW sono già pianificati, con diverse centinaia di MW previsti per progetti più speculativi.  Nei prossimi cinque anni, si prevede che ciò comporterà una spesa di 21,8 miliardi per la costruzione e l’allestimento dei data center – esclusi gli investimenti in apparecchiature IT e le spese operative.

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Il ruolo del decreto Energia ed il Polo Strategico Nazionale

La mancanza di un codice Ateco per i data center – ad oggi considerati dei ‘capannoni industriali’ – è uno dei problemi al centro delle proposte arrivate in Parlamento negli scorsi mesi. Ma sarà il decreto energia a determinare una nuova procedura autorizzativa unificata della durata di dieci mesi.

“Sul piano delle autorizzazioni il MASE ha proposto, all’interno del decreto legge energia, un iter semplificato ed accelerato, che prevede un procedimento di autorizzazione unica da concludersi entro dieci mesi dalla verifica della completezza della documentazione, con termini dimezzati per le valutazioni di impatto ambientale, fatte salve le procedure semplificate già vigenti per gli investimenti di interesse strategico nazionale”, spiega Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del MASE. E aggiunge: “In riferimento ai consumi energetici verrà supportata a livello EU ogni iniziativa volta all’inserimento dei datacenter nel settore degli energivori, al fine di poter accedere alle relative agevolazioni.

Inoltre, ricorda Rizkalla, “il settore pubblico sta attuando l’ambizioso piano del Polo Strategico Nazionale. Un progetto che porterà alla creazione di quattro principali data center nazionali in colocation, alcune decine di hub regionali e a un’adozione crescente del cloud. La sfida infrastrutturale è rappresentata dalla consolidazione di oltre 1200 piccoli CED – centri elaborazione dati/server room – in un numero limitato di data center moderni e scalabili, con una riduzione significativa della capacità IT in MW delle imprese e del settore pubblico”.

Occupazione in aumento

I data center stanno generando la maggior parte dei posti di lavoro nella filiera. Attività come costruzione, installazione, servizi di sicurezza e altri fornitori impiegano quasi 14.000 FTE a supporto dei data center. A ciò si aggiunge che la spesa dei dipendenti dei data center e dei fornitori genera altri 6.800 posti di lavoro (FTE) nelle comunità locali. E più in dettaglio: i data center in colocation e hyperscale impiegano poco più di 1.200 unità lavorative a tempo pieno (FTE) ed entro il 2029, questo numero si avvicinerà a 6.000. Infine, i data center aziendali (enterprise) impiegano oggi altri 7.000 professionisti, ma tale numero è destinato a diminuire gradualmente

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La proposta di IDA per i terreni “brownfield”

“Un altro punto chiave è la definizione chiara della destinazione d’uso: per IDA, i data center devono essere riconosciuti come infrastrutture produttive, coerenti con il loro impatto economico, occupazionale e tecnologico”, prosegue Rizkalla.

E fra le proposte della stessa IDA c’è proprio quella di normare l’utilizzo dei terreni ‘brownfield‘ – ovvero le aree industriali o commerciali abbandonate. “La nostra proposta è stata accolta con interesse dalle istituzioni: valorizzare gli ampliamenti e le riconversioni di siti esistenti significa ridurre consumo di suolo, ottimizzare le risorse energetiche e accelerare i tempi di realizzazione. È una logica di sostenibilità e buon senso che ci auguriamo venga recepita pienamente nel prossimo quadro normativo”, aggiunge il presidente.

Milano vicina alla saturazione virtuale

Milano resta certamente il principale polo dei data center in Italia, grazie alla concentrazione di infrastrutture, connettività e competenze. Tuttavia, stiamo assistendo a una diversificazione geografica molto interessante: città come Genova, Bari, Napoli si stanno posizionando come nuovi hub grazie a fattori strutturali, come la presenza di cavi sottomarini internazionali, la prossimità ai mercati energetici del Sud e la disponibilità di aree con buona accessibilità logistica.

Ma è davvero possibile affermare che la rete lombarda è a rischio congestione?  “Più che di capienza massima per Milano parlerei di una fase di saturazione virtuale: il territorio ha sostenuto una crescita straordinaria, ma oggi serve una pianificazione più coordinata, per evitare congestioni e garantire sostenibilità. È il momento di affiancare ai grandi poli del Nord una rete di hub regionali e di edge data center distribuiti, così da costruire un sistema nazionale più equilibrato e resiliente”, spiega Rizkalla.