Il Machine Learning non è AI: perché la precisione terminologica è importante

Il Machine Learning non è AI: perché la precisione terminologica è importante

A cura di Mirko Gubian, Global Demand Senior Manager & Partner di Axiante

È molto diffusa la tendenza di utilizzare i termini “machine learning” e “intelligenza artificiale” come sinonimi. Una tendenza “pericolosa” in quanto questa confusione terminologica non rappresenta solo una mera imprecisione linguistica ma costituisce un ostacolo all’implementazione efficace dell’AI nelle imprese.

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Due tecnologie, non una

In senso stretto, l’intelligenza artificiale e il machine learning (ML) sono due tecnologie, differenti per scopi e impostazione. L’AI ha l’obiettivo di riprodurre i processi cognitivi umani attraverso regole logiche e rappresentazioni simboliche: una soluzione “intelligente” è quella potenzialmente capace di ragionare, pianificare, comprendere e prendere decisioni in modo esplicito, seguendo schemi deduttivi simili a quelli umani.

Il machine learning, invece, non mira a simulare il ragionamento umano, ma a estrarre automaticamente schemi e relazioni dai dati. Estremizzando possiamo affermare che un modello di ML non “pensa”, ma ottimizza apprendendo da esempi statistici e generando previsioni o classificazioni sulla base di correlazioni. Si tratta pertanto di una tecnica quantitativa e matematica, non letteralmente cognitiva.

Tuttavia, oggi si tende a identificare il machine learning con l’AI per due motivi principali. In primo luogo perché il machine learning – e in particolare il deep learning – è la tecnologia che ha reso concretamente possibile ciò per cui oggi l’AI è maggiormente conosciuta: riconoscere immagini, tradurre testi, conversare, guidare veicoli. Secondo, perché nel tempo l’“AI” è diventato un termine ombrello per indicare qualsiasi sistema capace di svolgere compiti che richiederebbero intelligenza umana, indipendentemente dal metodo con cui lo fa. Ma questo può avere conseguenze sui progetti d’implementazioni queste tecnologie.

Sbagliato chiamare tutto AI

Quando un’organizzazione non distingue chiaramente tra machine learning e AI si creano innanzitutto aspettative non realistiche: si investe in progetti di ML aspettandosi capacità di ragionamento generale, comprensione contestuale profonda o adattabilità a scenari radicalmente nuovi che questi sistemi non possono offrire per loro natura. In questa direzione, un’azienda potrebbe implementare un modello di machine learning per l’analisi dei curriculum aspettandosi che comprenda automaticamente le sfumature culturali dei candidati o che sappia valutare autonomamente soft skills attraverso il linguaggio, quando in realtà il sistema può solo identificare pattern statistici nei dati su cui è stato addestrato.

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La confusione terminologica porta anche a scelte tecnologiche sbagliate. Prendiamo l’esempio di un’azienda che deve organizzare le consegne di 100 furgoni in una città: se utilizza solo un modello di machine learning, ottimizzerà i percorsi basandosi sui dati storici (orari, traffico, priorità), ma non sfrutterà un algoritmo di ottimizzazione in grado di calcolare matematicamente la soluzione migliore e non valuterà neppure l’opzione ancora migliore di combinare entrambe le tecnologie per massimizzare l’efficacia dell’insight.

Inoltre, la mancanza di precisione concettuale rende complesso costruire team o affidarsi a consulenti con le competenze realmente necessarie. Un data scientist specializzato in machine learning possiede skill preziosissime ma specifiche, diverse da quelle di un esperto, per esempio in sistemi di ragionamento automatico o in elaborazione del linguaggio naturale.

La precisione terminologica è un vantaggio

Al contrario le organizzazioni che adottano una terminologia rigorosa possono contare su un linguaggio comune che facilita la comunicazione tra business e tecnologia. Quando un direttore della produzione può precisare se necessita di un sistema di raccomandazione (ML) piuttosto che di un agente autonomo capace di pianificazione strategica (AI agentica), il dialogo con i team tecnici diventa immediatamente più proficuo e veloce.

La precisione terminologica permette anche di definire KPI appropriati. Un progetto di machine learning va valutato su accuracy, precision, recall e capacità di generalizzazione su dati nuovi. Un sistema AI più complesso richiede metriche che valutino ragionamento, adattabilità a contesti imprevisti e capacità di spiegare le proprie decisioni. Confondere i termini significa applicare KPI sbagliati o parziali, con conseguente impossibilità di valutare realmente il ritorno sull’investimento.

Un altro vantaggio della precisione terminologica emerge nella gestione del rischio legato all’utilizzo di queste tecnologie innovative. Il machine learning presenta vulnerabilità specifiche: è sensibile alla qualità e rappresentatività dei dati di training, può incorporare bias presenti nei dataset, degrada le prestazioni quando la realtà si discosta dalle condizioni di addestramento. Mentre i modelli di AI presentano anche rischi diversi, per esempio la rigidità in un sistema per approvazione crediti bancari o fidi commerciali.

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In sintesi, la precisione terminologica non è una pignoleria accademica ma un driver strategico per tradurre le grandi opportunità di queste tecnologie in risultati di business, in quanto le organizzazioni che distinguono chiaramente tra machine learning e intelligenza artificiale, sono in grado di investire nelle giuste tecnologie, costruire o appoggiarsi ai team appropriati, definire metriche calzanti e gestire i rischi in modo consapevole. Condizioni centrali per ottenere un impatto concreto e proficuo sul conto economico e a livello organizzativo.