Repatriation, la maturità oltre il cloud-first

Repatriation, la maturità oltre il cloud-first

Aruba Cloud guida le aziende in un percorso metodico di cloud repatriation, trasformando i costi imprevedibili in budget chiari e garantendo sovranità digitale e performance ottimizzate

Il futuro dell’IT aziendale non si gioca più sulla scelta tra cloud pubblico e privato, ma sulla capacità di orchestrare intelligentemente i carichi di lavoro. Dopo decenni di migrazione verso le grandi piattaforme globali, le imprese stanno scoprendo che la strada verso la modernizzazione digitale è molto più articolata di quanto inizialmente previsto.

La cloud repatriation è l’evoluzione naturale di una strategia IT matura che mette al centro le esigenze specifiche di ogni workload. Una trasformazione che nasce da una consapevolezza crescente: il modello “cloud-first” a tutti i costi ha mostrato i suoi limiti.

Il 35% delle organizzazioni italiane ha avviato o valutato progetti di rientro dai cloud pubblici: quasi il doppio rispetto al 2024 (dati Osservatorio Cloud Transformation PoliMi). Non si tratta di una moda passeggera, ma di una correzione strutturale che riflette la necessità di bilanciare agilità e controllo in un panorama tecnologico sempre più complesso. Secondo Gartner, oltre un terzo della spesa cloud viene disperso in inefficienze: tra egress fee e risorse inattive, molte aziende continuano a sostenere costi elevati senza ottenere un reale ritorno di valore per il business.

Parallelamente alla questione economica, emerge anche il tema delle performance variabili. Gli SLA del cloud pubblico, pur raggiungendo livelli elevati fino al 99,99%, si traducono comunque in potenziali ore di downtime mensile che settori critici come finanza, sanità e manifattura non possono permettersi. Il fenomeno dei “noisy neighbors” e le latenze variabili spingono le aziende a cercare alternative più stabili e prevedibili.

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DALL’ASSESSMENT AL PROOF OF CONCEPT

Il percorso verso la repatriation richiede un approccio metodico e strutturato che si sviluppa attraverso fasi ben definite. L’assessment iniziale rappresenta il punto di partenza fondamentale: un audit completo su costi, dipendenze applicative, rischi e requisiti di compliance permette di identificare con precisione i workload candidati al rientro in ambienti privati o ibridi. Questa analisi deve essere particolarmente accurata per evitare sorprese durante la migrazione e ottimizzare l’allocation delle risorse.

La fase di design e architettura definisce l’ambiente target più appropriato, che può spaziare dal private cloud dedicato alle soluzioni ibride, fino agli ambienti sovrani. L’obiettivo è garantire che i workload abbiano performance, sicurezza e livelli di servizio adeguati alle aspettative aziendali. Il proof of concept successivo permette di validare le scelte progettuali attraverso una migrazione pilota, testando impatti reali, costi effettivi e possibili ottimizzazioni prima del rollout completo. Di fatto, la repatriation consente di riportare workload stabili in ambienti privati con costi chiari, modelli prevedibili e ROI misurabile.

CONTROLLO, PERFORMANCE E SOVRANITÀ

Nel panorama del cloud europeo, Aruba Cloud si distingue per il supporto strategico alle aziende che scelgono la repatriation, orchestrando il ritorno dei workload verso ambienti privati o ibridi. La creazione di un inventario dettagliato di tutti gli asset digitali e la mappatura delle dipendenze applicative rappresentano prerequisiti indispensabili per evitare omissioni costose. Particolare attenzione merita l’analisi degli SLA e degli obblighi contrattuali con il provider attuale, inclusi tempi di recesso, clausole sull’esportazione dei dati e i già citati costi di egress che possono pesare sul budget di migrazione.

Per Aruba Cloud, i benefici tangibili di una repatriation ben eseguita si manifestano su dimensioni multiple. Dal punto di vista economico, il passaggio da modelli di consumo difficili da prevedere a budget pianificabili e trasparenti offre alle aziende un controllo finanziario che va oltre la semplice riduzione dei costi. La possibilità di allocare risorse dedicate elimina il “rumore” del multi-tenancy, garantendo throughput costante e performance ottimizzate per le applicazioni più esigenti. La dimensione della sovranità digitale assume particolare rilevanza nel contesto europeo, dove la residenza dei dati e la conformità normativa non rappresentano solo requisiti tecnici ma vere e proprie leve competitive. Il controllo diretto sull’infrastruttura semplifica audit e incident response, mentre la flessibilità architetturale permette di orchestrare i workload in modo intelligente tra ambienti diversi, evitando lock-in tecnologici e preservando la libertà di scelta futura.

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