Dedagroup, dedicati all’innovazione

Dedagroup, l’Italia che scala: dall’eredità del retail alla leadership tecnologica, la family company Podini alla guida di un nuovo campione europeo dell’AI. Il modello di co-innovation integra know-how e ricerca avanzata in un ecosistema di 25 aziende da 600 milioni di euro

A volte le grandi storie di innovazione sono anche storie di diversificazione. Di confini immaginati e attraversati. Nel caso di Dedagroup, fedele alla definizione di acceleratore tecnologico e di business, è per certi versi anche una storia di contaminazione diretta e trasversale. Perché l’idea imprenditoriale alla base di una società di informatica che oggi vanta cinquemila collaboratori e un volume d’affari di 600 milioni di euro (obiettivo fissato per il 2025) nasce all’interno di una family company da sempre impegnata a crescere, in un settore, la grande distribuzione organizzata, in cui l’IT ha un ruolo molto significativo. La storia di Dedagroup nasce dalla visione di una famiglia di imprenditori che ha puntato sulla voglia di innovare e generare un impatto positivo e duraturo sull’economia del territorio.

Una visione che alla fine degli anni Novanta intercetta e si combina con la passione per l’informatica e la programmazione che il presidente e CEO Marco Podini aveva maturato sin dai tempi del liceo. Ben prima che Podini desse forma alla sua vocazione imprenditoriale – rilevando l’Internet provider Agorà Telematica e, poco dopo, avviando il nucleo originario di Deda con l’acquisizione e la fusione di due software house tra Trento e Bolzano – la sua famiglia aveva già alle spalle un cammino iniziato nel 1919. Tutto comincia da tre fratelli lombardi emigrati con la loro attività casearia in un Trentino-Alto Adige appena annesso all’Italia dopo la Prima guerra mondiale. Nel secondo dopoguerra della ricostruzione e del boom economico, sarà la seconda generazione, con il padre di Marco, Patrizio Podini, a rilanciare e consolidare in un grande gruppo quel primo nucleo di attività, partendo, da autentico pioniere, con i primissimi negozi che in Italia introducevano il rivoluzionario concetto dell’acquisto “self service” e arrivando poi a creare nel 1994 insieme ai figli Maria Luisa e Marco, con il marchio MD, una rete nazionale di supermercati discount che oggi vanta 750 punti vendita.

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FARE BENE LE COSE

«Già Nel 1974 nei nostri negozi le fatture venivano preparate da tanti elaboratori periferici collegati attraverso le linee telefoniche in rame a un mainframe centralizzato» – racconta Marco Podini. «La strategia di Dedagroup si fonda, come recita il suo payoff, su una tecnologia “dedicata”, perché ci piace fare le cose bene, con un approccio aperto e collaborativo. L’unico che ci sembra valido per un insieme di conoscenze così esteso e in rapida evoluzione». Non è certo la prima volta che una società di software e servizi indipendente nasce da un contesto diverso. Ci sono numerosi esempi di spin-off che originariamente operavano nell’ambito di gruppi industriali o finanziari come fornitori interni. In molti casi, la realtà esternalizzata ha un raggio d’azione limitato, focalizzato sul settore di appartenenza della casa madre, come accade, per esempio, con le software house che sviluppano complesse piattaforme bancarie.

La specificità di Dedagroup, invece, è proprio l’expertise ad ampio spettro. Sarebbe stato naturale diversificare nel software rivolto a un mercato famelico di tecnologie come il retail. Podini, al contrario, ha fatto una scelta coraggiosa: le prime società del gruppo, tanto per dire, erano rivolte una alla PA, l’altra al sistema finanziario. Un unico elemento comune, la filosofia seguita nella GDO come nell’IT: la capacità di innovazione e aggregazione che lega l’avventura imprenditoriale dei Podini nella grande distribuzione e, decenni dopo, nel software. Il successo nel retail affonda le radici nella capacità di aggregare un mercato popolato da piccoli negozi di prossimità, nell’Italia di fine anni Cinquanta che muoveva i primi passi verso le “grandi superfici”. Quella stessa logica di consolidamento si ripresenta quando, quarant’anni più tardi, la famiglia entra nel mercato IT. «Nel momento in cui, con l’Internet, la tecnologia iniziava la sua formidabile accelerazione – spiega Podini – ho intuito la stessa opportunità di consolidamento in un settore altrettanto frammentato». Da qui prende forma un modello originale di crescita: un’aggregazione che unisce sotto un unico brand, ma lascia autonomia alle realtà acquisite, costruendo nel tempo una rete d’impresa estesa, coesa e capace di scalare mercati in continua evoluzione.

Roberto Loro chief technology officer di Dedagroup

INNOVAZIONE CONDIVISA

Un altro elemento distintivo risiede nella volontà di rendere il più possibile bidirezionale, attraverso un meccanismo aperto, la creazione e il trasferimento di conoscenza. «Siamo convinti pionieri della co-innovation, che si tratti di acquisire e sviluppare nuove competenze o veicolarle verso imprese, istituzioni finanziarie e PA, cercando ogni volta di tradurre in risultati concreti le aspettative che tutti nutriamo nei confronti delle tecnologie» – spiega Podini. Per questo le società del gruppo privilegiano le relazioni di lungo termine con clienti che vengono seguiti in una logica end-to-end che comprende fasi di valutazione, progettazione condivisa e implementazione. Al tempo stesso, Dedagroup adotta una matrice di specializzazione che vede nella dimensione verticale dei settori di riferimento diverse specifiche aree di intervento: PA locale e centrale, financial services, fashion & luxury retail, industrial, life science & pharma e telco.

Orizzontalmente, si sviluppano le principali leve tecnologiche: cloud e cybersecurity, digital business, dati e intelligenza artificiale. «Quest’ultima – sottolinea Podini – è ormai un’area fondamentale. A partire dal 2021, il gruppo ha investito 50 milioni di euro per concentrare intorno a Deda Ai le competenze in quest’ambito. Alcune provengono da acquisizioni esterne o da spin-off di altre società del gruppo, per dare vita a un player che da solo ha oltre 200 collaboratori e viene considerato un leader di mercato». Con la volontà di rafforzare la visibilità del brand Deda, lanciato ufficialmente nel 2008, il top management ha lanciato un piano straordinario di semplificazione con l’obiettivo di concentrare l’intero organigramma in una galassia articolata di 25 società, ciascuna con un proprio raggio di intervento e una propria identità. «In molti casi – ribadisce il CEO – si tratta di società che Dedagroup ha acquisito o di cui ha assunto il controllo, in determinati casi decidendo di mantenere il brand e le modalità di go-to-market originari».

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GALASSIA DI COMPETENZE

Dopo la riorganizzazione, Dedagroup si struttura su sei grandi aree di business ciascuna indirizzata da quello che Podini definisce un piccolo “sistema solare” di aziende, che – con piattaforme proprietarie o fornite da un fitto ecosistema di partner – indirizza le esigenze dei propri clienti. Senza escludere progetti che coinvolgono più società di una singola area o addirittura di più aree. Quasi tutte queste realtà sono direttamente identificabili dal prefisso “Deda”. Per esempio, nel settore financial services, Deda Credit si occupa di soluzioni per il credito, mentre Deda Bit sviluppa servizi di consulenza strategica per banche e assicurazioni e dirige i grandi progetti di integrazione che nascono in contesti di lunga collaborazione con il cliente finale. Il segreto di questa geometria di specializzazioni – secondo Podini – risiede nel solido strato corporate del gruppo. «L’obiettivo è fare da collante di queste realtà fornendo un indirizzo strategico generale oltre ai tipici servizi di staff, amministrazione, marketing, risorse umane, innovazione e compliance. Tutte queste funzioni sono costantemente al servizio delle singole componenti, che hanno quindi ampio margine d’azione per specializzarsi e dedicarsi ai loro clienti».

Tale combinazione di centralità strategica e libertà tattica serve a sostenere l’altra grande ambizione del gruppo guidato da Marco Podini: la crescita a livello internazionale. La presenza diretta fuori dai confini italiani non è una novità visto che Deda ha iniziato questo percorso da una quindicina d’anni, con un primo nucleo di attività rivolte all’area finance nei paesi dell’Est Europa. Rimanendo in quest’ambito, l’azienda ha deciso di spostarsi oltreoceano, negli Stati Uniti e in Messico, dove sono state lanciate diverse iniziative, coronate nel 2025 dalla fusione di competenze e know-how di Share One e VisiFI in una unica realtà: Deda Sphere. Fornendo soluzioni di core banking e digital banking, la nuova società continuerà a seguire un insieme di 150 credit union, cooperative di credito controllate dai soci che offrono ai loro correntisti servizi analoghi a quelli delle tipiche banche commerciali, ma che per i regolamenti federali americani devono restare non profit.

Lorena Zivelonghi chief marketing officer di Dedagroup

ECOSISTEMI APERTI

L’operazione si inserisce in un percorso più ampio di consolidamento della presenza di Dedagroup negli Stati Uniti, iniziato con il nuovo hub di New York attorno a Deda Stealth e rafforzato dall’acquisizione di Competitoor e dal know-how di Deda Ai. Queste mosse consentono al gruppo di potenziare il posizionamento nel settore Fashion & Luxury, con soluzioni avanzate di pricing intelligence e strategie data-driven. «Su questo fronte – prosegue Podini – abbiamo realizzato progetti in una cinquantina di paesi. Ma anche qui nel corso del tempo abbiamo fatto nuove acquisizioni. Per esempio, la società britannica Zedonk, che sviluppa una piattaforma ERP per piccole aziende di moda». Zedonk fa riferimento a Deda Stealth, la cui piattaforma modulare è utilizzata da oltre 200 grandi brand per i loro processi di produzione, logistica e vendita al dettaglio.

Secondo Podini, l’attuale schema strategico di internazionalizzazione è strettamente legato all’expertise e alle soluzioni sviluppate da Deda Ai. «L’obiettivo è rendere tutte le nostre soluzioni per il settore finanziario e per la moda sempre più data-driven. Nel caso della moda, in particolare, attraverso l’integrazione di strumenti di price intelligence. Allo stesso tempo, vogliamo che i moduli della piattaforma Stealth dedicati alla gestione della supply chain sfruttino l’AI per semplificare i processi e aumentare l’accuratezza delle decisioni operative». Tornando in Europa, l’espansione internazionale di un’azienda di software nata in Trentino-Alto Adige non poteva che confrontarsi con il mondo di lingua tedesca. Attraverso Derga Consulting, una delle sue anime di software “non proprietarie”, dedicata ai servizi su piattaforma SAP, Deda partecipa a numerosi progetti in Germania e Svizzera. L’accordo con il colosso ERP risale agli anni precedenti la nascita del gruppo, che oggi può contare su circa 400 specialisti SAP.

LIBERTÀ DI CO-INNOVARE

Quando si maneggiano tecnologie trasformative come l’intelligenza artificiale, non basta “stare sull’onda”: serve governarla. La padronanza tecnica è solo il punto di partenza: «A fare la differenza sono consapevolezza, responsabilità e una cultura della compliance che si costruiscono attraverso formazione e condivisione». È il messaggio chiaro di Roberto Loro, chief technology officer di Dedagroup, figura di riferimento e di raccordo tra le due anime dell’IT del gruppo: da un lato l’infrastruttura interna che abilita il lavoro digitale di corporate e società del network, dall’altro il team incaricato di orientare clienti e mercato verso nuovi orizzonti tecnologici, guidando investimenti e scelte strategiche. «Siamo partiti da un tavolo di governance che riunisce tutte le funzioni corporate e di business, insieme ai ruoli commerciali e tecnici» – spiega Roberto Loro. «Solo una visione realmente corale può fornire all’azienda gli strumenti necessari per affrontare cambiamenti di questa portata».

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La tradizionale funzione IT e l’area Ricerca & Sviluppo di Dedagroup hanno trovato una sintesi originale in un modello di collaborazione che parte da un’idea insolita per il settore: un think tank condiviso, nato in partnership con la Fondazione Bruno Kessler (FBK), l’istituzione intitolata al senatore e giurista, le cui intuizioni hanno dato slancio e concretezza e al concetto di autonomia e sviluppo. «Questa struttura – racconta il CTO di Dedagroup – nasce una decina di anni fa da una scelta precisa: evitare un centro unico di ricerca, sviluppo e applicazione che imponesse tecnologie dall’alto. Volevamo, invece, creare una funzione capace di accompagnare le aziende del gruppo in un percorso di innovazione distribuita». Il risultato è un laboratorio diffuso: non un polo centralizzato che sforna soluzioni da trasferire ai clienti, ma un organismo partecipato, in cui collaboratori Dedagroup e ricercatori FBK lavorano fianco a fianco nell’esplorazione e sperimentazione delle tecnologie più avanzate.

Partito dai primi studi sull’interoperabilità dei dati e dei sistemi informatici – tema critico per superare i silos informativi e favorire lo scambio efficiente delle informazioni – il laboratorio congiunto ha progressivamente spostato il baricentro sull’intelligenza artificiale, un ambito che da anni rappresenta uno dei punti di forza della Fondazione. Negli ultimi mesi – come spiega Roberto Loro – il perimetro della collaborazione si è ulteriormente ampliato con l’avvio di un secondo laboratorio, questa volta dedicato alla cybersecurity: un tassello ormai imprescindibile per accompagnare in sicurezza l’evoluzione digitale del gruppo e dei suoi clienti. «Entrambi i laboratori lavorano su iniziative trasversali e su metodologie abilitanti per tutto il gruppo, rilasciando in open source i modelli sviluppati» – precisa il CTO. «Si tratta di una collaborazione che opera su frontiere tecnologiche avanzate, con orizzonti di applicazione commerciale che guardano a diversi anni nel futuro». Il lavoro pionieristico sull’interoperabilità ha aperto la strada, via via che maturavano il machine learning multidominio e l’AI generativa, alla creazione di una piattaforma che oggi rappresenta lo strato data science comune del gruppo: «Un’infrastruttura abilitante su cui innestare percorsi di intelligenza artificiale nei processi e nelle soluzioni proprietarie di Deda» – afferma Roberto Loro.

Le interfacce AI sviluppate per l’accesso ai dati Istat sono solo uno dei tasselli di questo ecosistema, insieme ai progetti dedicati alla costruzione di un’AI sicura, “responsabile” e “spiegabile”. Temi fondamentali quando si lavora con informazioni sensibili, come quelle trattate nel settore sanitario da Deda Next, o con dataset complessi che riguardano la supply chain e la protezione del know-how del mondo Fashion. Nel modello di innovazione aperta di Deda non mancano le collaborazioni con il mondo accademico. Un esempio emblematico è il consorzio con l’Università di Trento, il MIUR e un gruppo di imprese che ha portato alla nascita di Intacture, il data center sostenibile realizzato – grazie ai fondi PNRR – negli spazi sotterranei della miniera di dolomia in Trentino. Un progetto che ribalta davvero la prospettiva su due delle sfide più pressanti dell’ecosistema digitale: «La necessità di disporre di potenza di calcolo in prossimità, con bassa latenza, e l’impatto ambientale delle nuove infrastrutture destinate alle fabbriche dei dati» – commenta Roberto Loro.

Valentina Gilli chief human capital officer di Dedagroup

NUOVE ALLEANZE

L’espansione del system integrator è avvenuta su un modello ricorrente nella fase di passaggio tra l’epoca dell’informatica client-server e quella di Internet. La prima è caratterizzata dalla nascita di tante realtà di piccole e medie dimensioni, specializzate e spesso frutto delle capacità e delle idee visionarie di tecnici-imprenditori. La seconda, dall’ingresso di capitani d’azienda disposti a raccogliere la sfida dell’aggregazione di competenze per venire incontro alle richieste della fascia alta di un mercato anche più globalizzato. «Ciò che siamo – riconosce Podini – è frutto della nostra storia e della nostra capacità di valutare continuamente nuove opportunità attraverso le acquisizioni».

Insieme alla volontà di aumentare la massa critica – rimarca Lorena Zivelonghi, chief marketing officer a proposito della lunga partnership con SAP – Dedagroup esprime una grande propensione verso questo tipo di accordi. «Abbiamo un piano ambizioso di collaborazioni strategiche, pensato per completare l’offerta end-to-end che mettiamo a disposizione dei clienti, unendo piattaforme avanzate ed expertise funzionali per i diversi settori industriali e le specifiche tematiche che intendiamo coprire». E questo – come spiega Zivelonghi – non riguarda solo i vari big della tecnologia come Microsoft, Google, IBM, Salesforce, per molti dei quali Deda ha costituito vere e proprie “practice” interne. «Ma include una serie di partner di medie dimensioni con alta specializzazione, come la società Camunda, che sviluppa una piattaforma per l’orchestrazione dei processi di business, di cui Deda è il primo Platinum partner per l’Italia. Una strategia molto efficace che ci consente di offrire un panorama di integrazione ancora più modulare ed esteso».

Quando una partnership raggiunge una dimensione strategica, il gruppo valuta l’opportunità di trasformare il rapporto in un investimento diretto. L’operazione più recente, firmata mentre questa cover story è in chiusura, riguarda l’ingresso di Dedagroup in Istella, azienda specializzata nell’analisi di dati e nello sviluppo di modelli di intelligenza artificiale generativa fondata nel 2013 da Renato Soru e Domenico Dato, con una quota del 39% del capitale. Con l’ingresso di Istella, Deda accelera la propria capacità di supportare le aziende clienti a diventare AI-driven companies, combinando la forza del patrimonio tecnologico di Istella con le ampie competenze verticali di settore delle diverse società del Gruppo.

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L’AI DA PRIMO PREMIO

In occasione del Digital Innovation Forum – ComoLake 2025, Deda Next ha ricevuto il premio “International Multidisciplinary Task Force on AI Agents Intelligence” per lo sviluppo di un chatbot realizzato per Istat, riconoscimento che sottolinea l’eccellenza del gruppo nell’applicazione dell’intelligenza artificiale a progetti complessi e multidisciplinari.AI-Istat Data – questo il nome della soluzione – sfrutta l’intelligenza artificiale per rendere il vasto patrimonio statistico accessibile a cittadini e imprese tramite linguaggio naturale. «Riteniamo che questo innesto di tecnologie di frontiera sulle nostre competenze verticali sia un modello di offerta vincente, specie nel momento in cui tale modello si inserisce nell’attuale propensione a investire in tale settore» – spiega Lorena Zivelonghi.

Tra i compiti della chief marketing officer, c’è anche la missione di agevolare la continua collaborazione e le alleanze con i detentori delle tecnologie più avanzate attraverso il confronto diretto. «Crediamo che una value proposition davvero efficace nasca dall’ascolto attivo e dal confronto costante con il mercato: da questa visione nascono le edizioni annuali dell’evento Dedapulse – Accelerate Your Business, che riuniscono imprenditori, manager, decisori ed esponenti del mondo economico e accademico e stanno diventando uno degli appuntamenti più efficaci in questa direzione». Dedapulse 2025 – che a giugno ha visto al Castello Visconteo di Cassano d’Adda (Mi) la partecipazione di esperti del calibro di Federico Faggin e Luciano Floridi – ha raddoppiato la propria dimensione lo scorso ottobre con la prima edizione di Dedapulse USA, a conferma dell’accelerazione che il gruppo intende imprimere alla sua espansione internazionale mentre Dedapulse 2026, che si terrà a marzo a Milano, è già in cantiere. «Omogeneità nella diversità e integrazione delle competenze sono i principi che guidano il nostro lavoro, a partire dal rebranding del gruppo e dalla creazione di una nuova identità visiva, senza mai perdere la dedizione e la corrispondenza delle singole articolazioni» – spiega Zivelonghi.

DEDA PEOPLE AL CENTRO

Il lavoro della funzione marketing, che cura la relazione con clienti e stakeholder all’interno della “omogenea eterogeneità” di Deda, trova la naturale corrispondenza nel ruolo di chief human capital officer, affidato a Valentina Gilli. Entrata in azienda oltre 17 anni fa come giovane stagista, Gilli è ora alla guida della funzione HR con un approccio empatico, promuovendo attraverso numerose iniziative quel senso di appartenenza fondamentale a un gruppo che valorizza le identità delle singole aziende della rete. «Ogni acquisizione porta con sé una storia imprenditoriale unica» – spiega Valentina Gilli. «Il nostro compito è governare l’integrazione in piena collaborazione, ma senza appiattire o snaturare. In altre parole, preservando l’unicità individuale e alimentando il senso di appartenenza a un progetto più ampio». La grande sfida – sottolinea la responsabile del capitale umano di Deda, Valentina Gilli – è creare un contesto in cui le persone si sentano davvero al centro, non semplici collaboratori o dipendenti, ma protagonisti a pieno titolo del cambiamento.

Le iniziative dedicate ad accrescere il senso di appartenenza e a fornire strumenti per l’acquisizione e la condivisione della conoscenza hanno trovato un momento chiave con il lancio del programma [Y]our Master. Un percorso formativo multidisciplinare della durata di 18 mesi, che integra competenze tecniche trasversali con cultura aziendale e valori condivisi. «Il programma – spiega Gilli – non è pensato per trasferire la conoscenza dall’alto, ma per stimolare il coinvolgimento personale e favorire lo scambio reciproco tra colleghi». La direzione HR ha il mandato di far emergere le eccellenze. «Quando individuiamo un champion creiamo un contesto adatto in cui possa esprimersi liberamente, oltre la formazione tradizionale e senza imposizioni» – spiega Gilli. «Attraverso i canali di comunicazione interna si formano comunità in cui condividere documentazione, esperienze e conoscenze, conoscersi e sentirsi al tempo stesso parte di qualcosa di più grande».

Anche l’intelligenza artificiale rientra in questo approccio formativo e, proprio perché è così potente, diventa fondamentale accompagnarne con cura l’utilizzo. «Per favorire il change management e diffondere cultura della trasformazione, il punto chiave è rendere le persone consapevoli» – spiega Gilli. «Insieme al nostro CTO, Roberto Loro, sviluppiamo corsi di formazione e programmi di awareness che combinano competenze tecniche e mindset, preparando il personale a lavorare in sinergia con l’AI». La sintesi più efficace viene da Lorena Zivelonghi. «Abbiamo capito che ci piace mettere l’innovazione in pratica, e che il cliente si aspetta da noi qualcosa di più di un semplice supporto tecnologico: vuole una experience che lo accompagni nell’adozione e nell’uso delle piattaforme software e delle tecnologie. Indipendentemente dal tipo di tecnologie che Dedagroup trasferisce ai suoi clienti, l’importante è parlare la stessa lingua del mercato e interpretarne correttamente le esigenze».

Oggi, Dedagroup non è più soltanto un aggregatore di competenze, ma un abilitatore e un acceleratore di trasformazione: un luogo in cui ricerca, persone, tecnologie avanzate e partnership internazionali convergono in una traiettoria chiara. La sfida è mantenere velocità e coesione mentre il perimetro si allarga. Una sfida da cui il gruppo non sembra voler arretrare, forte di un modello che unisce radici industriali e visione tecnologica, e che continua a dimostrare come l’innovazione – quella vera – sia un ecosistema aperto che si evolve attraverso la collaborazione e la contaminazione.

Foto di Gabriele Sandrini