Reti, cloud e algoritmi: ecco ciò che si cela dietro al tasto play di Spotify e non solo
Nel corso della storia, creare e condividere musica è sempre stato parte integrante dell’esperienza umana, ma, come molti altri aspetti della vita, anche questo è stato profondamente trasformato dalla tecnologia. Oggi, grazie alle app di streaming musicale, da Spotify, che proprio in questi giorni ha pubblicato i suoi virali “Wrapped 2025”, ad Apple Music, Amazon Music e YouTube Music, possiamo scegliere dove, quando e cosa ascoltare tra oltre 100 milioni di brani. Ma quali tecnologie rendono possibile questa esperienza e come fanno le app di streaming a garantire che la musica possa arrivare ovunque?
Una reta nascosta dietro ogni hit
Le app di streaming rendono la musica una vera e propria esperienza sociale, in quanto permettono di condividere e co-creare playlist con gli amici o vivere il lancio di un nuovo album insieme a milioni di altri fan. Tuttavia, pochi considerano che dietro questa esperienza collettiva si nasconde una sofisticata infrastruttura digitale, capace di scalare all’istante per gestire i picchi di traffico e garantire ascolti senza interruzioni.
Per capire come funziona lo streaming musicale e come l’infrastruttura digitale moderna lo supporta, è utile pensare a cosa si ottiene davvero pagando un abbonamento mensile: l’accesso ad una libreria musicale archiviata in un data center. Il viaggio che una canzone compie dalla casa discografica alle orecchie dell’ascoltatore è però molto più complesso di quanto si immagini e coinvolge almeno 3 partner essenziali.
- I cloud provider, che offrono capacità scalabili per archiviare le librerie musicali e strumenti analitici per comprendere meglio i gusti degli utenti e sviluppare algoritmi di AI capaci di affinare le raccomandazioni. Le piattaforme possono usare cloud differenti per scopi diversi, richiedendo una strategia di multicloud networking efficace.
- Le content delivery network (CDN), che devono essere selezionate in base alla distribuzione geografica degli ascoltatori.
- Gli operatori mobili, perché gli utenti ascoltano musica ovunque, anche senza Wi-Fi. Le piattaforme devono quindi collaborare con diversi operatori mobili per garantire la consegna più rapida possibile del traffico, evitando ritardi.
Nel dettaglio, ecco cosa succede quando si preme play:
- Un’etichetta discografica o un artista indipendente carica il file audio digitale sulla piattaforma.
- Il brano viene archiviato dallo streamer in data center on premise o server cloud, senza però preoccuparsi di dove siano o come siano gestiti. A quello ci pensano i partner cloud.
- Gli streamer utilizzano algoritmi di bilanciamento del carico per distribuire le richieste tra i server, garantendo che anche durante i grandi lanci gli utenti sperimentino buffering o interruzioni minimi.
- Gli streamer utilizzano le CDN (Content Delivery Network) per portare la musica il più vicino possibile agli ascoltatori, grazie a server edge distribuiti in tutto il mondo.
- Dopo che l’ascoltatore preme play, la richiesta viene instradata al server più vicino tramite internet o punti di scambio (IXP), riducendo la latenza e assicurando un ascolto immediato.
- “L’ultimo miglio” che la canzone percorre tra il server e il dispositivo dell’ascoltatore spesso passa tramite reti mobili wireless.
I data center come cuore pulsante dello streaming
In sintesi, dietro ogni Wrapped di Spotify, ogni playlist virale e ogni ascolto condiviso, c’è un mondo di tecnologia che lavora per noi. E il futuro dello streaming musicale sarà scritto da chi saprà innovare e connettere le persone, ovunque si trovino.
Come sottolinea Ed Baichtal, Principal Product Manager di Equinix, azienda di infrastrutture digitali a livello mondiale i cui data center di colocation ospitano tutti i principali fornitori dell’ecosistema dello streaming musicale:
“La musica rimane archiviata in un data center da qualche parte. Nei primi tempi dello streaming, era comune che questo fosse costituito da apparecchiature in un tradizionale data center on-premises gestito direttamente dal servizio di streaming. Oggi, invece, gli streamer hanno molta più scelta e flessibilità per quanto riguarda la loro infrastruttura digitale. Possono optare per un modello cloud ibrido, utilizzando propri data center privati per alcune funzioni e data center cloud pubblici per altre.
In ogni caso, lo streamer si affida all’infrastruttura di rete e ai partner dell’ecosistema per trasferire la musica dal data center al tuo dispositivo. La user experience di un servizio di streaming musicale dipende direttamente dalla capacità di aumentare rapidamente la capacità della rete e gestire il traffico per evitare interruzioni o ritardi”.


































