Eni spinge su HPC, AI e computing quantistico per conciliare potenza di calcolo e sostenibilità. Dario Pagani: «Servono pragmatismo e visione di lungo periodo»
Nel collegare infrastruttura e scalabilità attraverso l’anello della resilienza – intesa non come semplice ripristino dell’operatività ma come capacità di crescere per evoluzioni progressive e salti discontinui – Dario Pagani, responsabile Digital & Information Technology di Eni e CEO di Eniquantic, affronta il nodo della connessione tra energia e digitale. «Il punto centrale – osserva Pagani – non è soltanto la resilienza, ma la sostenibilità di due risorse critiche e sempre più interdipendenti. La resilienza inizia dal pragmatismo: saper selezionare in modo consapevole, disporre delle competenze necessarie per disegnare un percorso evolutivo e avere una visione di lungo periodo». Nel costruire le infrastrutture del futuro per il Paese, sottolinea Pagani, serve una forte attenzione non solo ai risultati di business, ma soprattutto a ciò che non si vede: «L’architettura nascosta che rende possibile ogni forma di innovazione».
Potenza, calcolo e velocità
Riferendosi ai progetti che hanno portato Eni a creare una delle maggiori “fabbriche dei dati” italiane, Pagani riconosce che è fonte di orgoglio vedere l’azienda fondata da Enrico Mattei diventare un player così rilevante nel mondo delle infrastrutture digitali. «Se consideriamo la componente energivora dell’attuale domanda di AI è inevitabile che un operatore come Eni debba essere presente in questa industria per restare competitivo. E se consideriamo l’importanza delle infrastrutture, si comprende benissimo perché Eni sta investendo nel calcolo quantistico» – spiega Pagani.
Anche in questo caso, la ragione è molto pragmatica: «Ci troviamo davanti a sfide che il supercalcolo tradizionale faticherebbe ad affrontare in tempi utili. Quando la capacità computazionale deve affrontare problemi complessi – come l’ottimizzazione energetica, l’analisi molecolare e la modellizzazione del clima – perfino un sistema di supercalcolo come l’HPC6 di Eni (606 PFlops di picco, ad oggi sesto al mondo e primo tra quelli a uso industriale) può non bastare più. Anche il calcolo, insomma, ha bisogno di un salto quantico. Un salto che può incidere sulla sostenibilità energetica: la tecnologia ad atomi freddi su cui Eni sta lavorando per un computer quantistico “full stack” promette consumi inferiori a quelli di un comune asciugacapelli.
Ripensare l’IT dalle fondamenta
Ma dietro il calcolo quantistico c’è un aspetto molto caro a Pagani: la competitività italiana ed europea, non solo sul piano economico ma anche culturale. Ed è qui che il quantum computing si lega alle strategie sull’intelligenza artificiale. «Se parliamo di tecnologia in chiave geopolitica, sono convinto che la frontiera del calcolo quantistico, grazie alle eccellenze presenti in Europa e in Italia, sia una partita ancora aperta». Allo stesso modo resta aperta, per le imprese e per il Sistema Paese, la definizione dei casi d’uso dell’intelligenza artificiale.
Su questo fronte, Pagani lancia una provocazione ai CIO presenti, suggerendo che l’adozione dell’AI non è solo un aggiornamento tecnologico, ma richiede una trasformazione culturale, organizzativa e strategica dell’impresa. «Provate a chiederlo ai vostri colleghi: cosa si aspettano davvero da voi? Le frontiere dell’AI vanno oltre l’automazione di processo. Il nostro è un intero mondo che va ripensato».


































