Come Newton sulle spalle dei giganti, anche l’AI può vedere più lontano solo grazie a solide basi di data management. Investimenti record, aspettative altissime, ma fragilità diffuse: la vera sfida dell’intelligenza artificiale è ancora nella data strategy
Nel XVII secolo, il grande scienziato inglese Sir Isaac Newton rivoluzionò la comprensione dell’universo. Tra le sue scoperte più celebri figurano le leggi del moto, la legge di gravità universale e lo studio della composizione della luce. Il suo modello cosmologico rimase il riferimento scientifico dominante per oltre tre secoli, fino a quando, agli inizi del XX secolo, le teorie della relatività di Einstein cambiarono completamente il modo di concepire le relazioni tra spazio, tempo e gravità.
Quando gli fu chiesto come fosse riuscito a compiere scoperte tanto rivoluzionarie, Newton rispose con straordinaria modestia: «Se ho visto più lontano degli altri, è perché sono salito sulle spalle dei giganti». Con questa frase riconosceva che i suoi risultati erano il frutto dell’eredità scientifica dei suoi predecessori, e che nulla di ciò che aveva scoperto sarebbe stato possibile senza le solide basi che essi avevano posto. Oggi, scienziati, governi e grandi imprese stanno investendo risorse finanziarie sempre più ingenti, ma anche tempo e fiducia, nell’intelligenza artificiale per accelerare il cammino della conoscenza in tutti i campi del sapere: dal clima all’energia, dalla salute all’industria. I benefici potenziali dell’AI appaiono quasi illimitati, il che spiega perché gli investimenti globali, secondo le previsioni dei diversi analisti, potrebbero raggiungere 968 miliardi di dollari entro il 2032.
Le radici dell’intelligenza artificiale
L’AI è una tecnologia dirompente: la sua applicazione rivoluzionerà il mercato, offrirà nuovi approcci alla risoluzione dei problemi, migliorerà l’esperienza dei clienti e accelererà i processi decisionali. Molti dei benefici promessi sono realizzabili. Ma per tradurre il suo potenziale in un vero salto di qualità, chi la sviluppa e la utilizza deve riconoscere le sue radici: la gestione dei dati. Come Newton ha potuto guardare più lontano, salendo sulle “spalle dei giganti”, così l’intelligenza artificiale può compiere grandi passi in avanti a condizione di poggiare sulle fondamenta del data management.
Ci sono però segnali che destano preoccupazione. Nella corsa all’adozione dell’AI, molte organizzazioni stanno perdendo di vista questo punto di riferimento, cercando di implementare soluzioni senza un’adeguata attenzione al data management. Secondo molti studi, i progetti di intelligenza artificiale falliscono a causa della scarsa qualità dei dati, della gestione del rischio insufficiente, dei costi fuori controllo e del valore di business non chiaro. È evidente che l’AI non può essere migliore dei dati su cui viene addestrata e che analizza. Per imparare la lezione, purtroppo, vale ancora la vecchia regola: sbagliare.
Come è accaduto molte volte nella storia dell’IT, la consapevolezza che la qualità dei dati è una condizione essenziale del successo arriverà in modo reattivo e non proattivo. La buona notizia è che l’AI riporterà l’attenzione sull’importanza di disporre di dati completi, affidabili e accurati, il che è un vantaggio non solo per l’AI, ma per l’efficienza aziendale in generale.
Il prerequisito della data strategy
Secondo il Data Management Body of Knowledge (DMBOK) della Data Management Association (DAMA), esistono undici discipline principali che abilitano l’AI e ne garantiscono l’efficacia. La data governance assicura che i dati siano ben gestiti, con responsabilità chiare e policy di gestione del rischio, consentendo all’AI di operare entro confini legali, normativi ed etici. La data quality fornisce set di dati affidabili e di alto valore, fondamentali sia per l’addestramento dei modelli sia per le analisi operative. I metadati aggiungono significato e contesto ai dati, migliorando l’accuratezza e l’affidabilità degli algoritmi. Le discipline di data warehousing e business intelligence trasformano i dati strutturati in report e insights fruibili, mentre un efficace master data management permette che i dati di riferimento siano coerenti, puliti e governati. Con l’AI che abbatte i confini tra dati strutturati e non strutturati, la gestione di documenti e contenuti diventa essenziale per sfruttare appieno tutte le fonti informative.
L’integrazione dei dati e l’interoperabilità consentono all’AI di accedere rapidamente a molteplici fonti attraverso pipeline e interfacce efficienti. Allo stesso tempo, la data security protegge i dati e i modelli da usi impropri e attacchi, salvaguardando la privacy e l’integrità delle informazioni. Data storage e operations assicurano archiviazioni scalabili e accessibili, prerequisito per performance e validità dei modelli.
Infine, discipline come data modelling e design definiscono strutture e relazioni tra i dati, mentre la data architecture definisce il framework, costruendo le fondamenta su cui i modelli AI possono funzionare con precisione e affidabilità. In sintesi, l’AI non può eccellere senza un ecosistema di gestione dei dati solido, strutturato e strategicamente governato. La carenza anche in uno solo di questi punti compromette l’intero progetto. Perciò, a livello organizzativo, lo sviluppo della data strategy è il requisito fondamentale che deve procedere di pari passo con la strategia AI.
Il rapporto tra AI e data management
A livello operativo, ciò non significa che l’AI possa essere introdotta solo quando tutte le capacità dati sono perfette. Molte organizzazioni costruiscono l’AI caso per caso, partendo da opportunità o problemi concreti. L’importante è che ogni progetto AI valuti le capacità di data management necessarie e le sviluppi di conseguenza. Per esempio, un progetto che vuole ottenere nuovi insights sul comportamento dei clienti deve considerare la qualità dei dati sui clienti, la governance, i modelli dati e le API che collegano le diverse fonti. In questo modo, rafforzando le fondamenta dati per ogni progetto AI, l’organizzazione nel suo insieme evolve le proprie competenze. Inoltre, l’AI stessa può migliorare il data management: algoritmi intelligenti già oggi aiutano a rilevare e correggere errori, arricchiscono i metadati e automatizzano la gestione dei dati master e la sicurezza. Il rapporto tra AI e data management è di reciproco beneficio. Sebbene l’AI non sia una disciplina di data management in senso stretto, dipende da dati ben gestiti, accurati e affidabili sia per l’addestramento sia per le operazioni.
Nigel Turner
Esperto di Information management e Principal consultant per l’area EMEA di Global Data Strategy, vanta una carriera di primo piano nel settore della gestione dei dati. Con un passato in British Telecommunications (BT), dove ha guidato l’implementazione di soluzioni innovative, Turner ha maturato un’esperienza pluridecennale collaborando con oltre 150 clienti in qualità di consulente esterno. Tra le organizzazioni con cui ha lavorato figurano enti governativi e multinazionali di rilievo, come l’Agenzia per l’Ambiente, British Gas, HSBC e Intel USA. Riconosciuto come uno dei massimi esperti nel campo del Data management, è un relatore apprezzato in conferenze internazionali e membro di lungo corso del comitato britannico della Data Management Association (DAMA).
Calendario 2026 – In primavera Nigel Turner presenterà per Technology Transfer i seminari: “Data Governance: una guida pratica” e “Data Quality: un ‘must’ per il successo del business” che si terranno online live streaming.


































