Veeam, la sovranità dei dati sarà il tema del 2026

Veeam, la sovranità dei dati sarà il tema del 2026
Edwin Weijdema, Field CTO EMEA di Veeam

Da una recente ricerca IDC sovvenzionata dall’azienda, emerge come questa non sia una semplice buzzword, bensì una delle principali sfide che ci aspetta

Già oggi tutti ne discutono con crescente interesse e con ogni probabilità tale tendenza non si invertirà con l’avvento del nuovo anno, anzi. Ormai a tutti i livelli aziendali si parla di “sovranità dei dati”, non più mormorando o sussurrando in punta di piedi, ma dibattendone apertamente anche tra i board: il 30% del campione intervistato nell’ultimo report di Veeam considera già l’argomento “moderatamente importante”; percentuale che si impenna fino a toccare il 46% tra che invece lo reputa di rilevanza “estrema”.

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«Ma non dobbiamo dimenticare che questo concetto va a inserirsi in uno scenario ricco di sfide per quanto concerne i dati e il loro ecosistema», commenta Edwin Weijdema, Field CTO EMEA di Veeam. «Innanzitutto, c’è un tema di dispersione: i dati vengono continuamente distribuiti in ogni direzione, tanto che diventa progressivamente più arduo tenerne traccia. A questo fenomeno se ne aggiunge uno di crescita incontrollata: il loro volume aumenta esponenzialmente, così come le nuove potenziali minacce e le normative che si cerca di implementare per contenerle. Tra punti ciechi, difese fallaci e una complessità generale le criticità sono molteplici. E affrontarle quando non originano dalla natura, bensì dall’elemento umano o dall’AI è tutto fuorché semplice».

Il caso VNOG e l’importanza della resilienza

Ne sa qualcosa Edwin Moraal, CISO di VNOG, uno dei 25 enti pubblici che amministrano il territorio olandese gestendo crisi e incidenti grazie alla coordinazione di vigili del fuoco e centri medici nella regione. «La cosa fondamentale è essere sul pezzo. Bisogna sapere con certezza dove si trovano i propri dati per poter intervenire, altrimenti ci si ritrova obbligati a stilare un piano totalmente nuovo ogni volta che c’è necessità di agire. L’attacco subito 5 anni fa è stato una dura lezione, ma ci ha insegnato molto e ha plasmato il nostro modo di agire da allora», racconta. Al momento del breach, VNOG poggiava su infrastrutture obsolete, il che avrebbe complicato ulteriormente il processo di recovery. Ma aveva già avviato i contatti con Veeam per proteggere i propri dati: la crisi divenne così un’occasione per ridisegnare i propri sistemi di sicurezza e cambiare il proprio approccio. «Quando la tecnologia fallisce, i problemi ricadono sulle spalle delle persone, quindi è importante avere un piano B o perfino un piano C, quando le risorse lo permettono». In altre parole, ciò che conta per un’organizzazione, al netto di software e hardware, è aderire a uno standard di resilienza.

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Comprendere la sovranità per poterla esercitare

Le preoccupazioni non sono poche: sensibilità dei dati, incertezze geopolitiche, dipendenza da terze parti. «Se ci si concentra troppo sul portone principale si rischia di esporsi a vulnerabilità laterali lungo la catena. Nello specifico, molti tendono a concentrarsi ossessivamente sulla trasformazione delle infrastrutture, migrazioni e via dicendo», riprende Weijdema. «Ma per capire davvero la sovranità ed evitare di ridurla a mera buzzword bisogna studiarla in modo più profondo. Quando pensiamo al “dove” si trovano i nostri dati, ad esempio, non dobbiamo considerare solo la loro posizione attuale, ma anche da dove passano, chi può accedervi e decrittarli. Ci sono una serie di implicazioni legali, operazionali, tecnologiche. E la normativa aiuta fino a un certo punto: né DORA né NIS2 parlano esplicitamente di sovranità, ma pongono le giuste basi ed è proprio da queste che è giusto partire affinché persone e processi vengano supportati dalla tecnologia e non definiti o limitati da essa. Specialmente ora che tramite gli agenti l’AI fruga tra i nostri dati come mai prima, è fondamentale conoscerli a fondo per non limitarsi a rispondere ma poter agire in modo proattivo».