La risposta concreta alle inefficienze dei modelli centralizzati. Con un approccio distribuito, orientato al dominio e sostenuto da una governance federata, il Data Mesh ridefinisce la gestione dei dati nelle organizzazioni next-gen data-driven
Aumento vertiginoso dei dati e team in trincea: query chi può! Da semplice tendenza a standard emergente, il Data Mesh riflette la maturazione delle tecnologie abilitanti. Nato come risposta alla crescente complessità delle architetture dati tradizionali, il Data Mesh si afferma come uno dei modelli più promettenti per la gestione distribuita, scalabile e orientata al dominio dei dati aziendali. I modelli tradizionali mostrano limiti evidenti nel gestire grandi volumi, varietà e velocità di dati. Data lake e data warehouse centralizzati si scontrano con i silos organizzativi, le rigidità infrastrutturali e i rallentamenti nei processi decisionali. Il Data Mesh ridefinisce la gestione dati attraverso un’architettura decentralizzata che pone i dati come prodotti gestiti da domini aziendali autonomi ma interoperabili.
In pratica, come in una rete informatica – dove ogni nodo dialoga direttamente con gli altri – anche nei dati aziendali ogni dominio diventa un punto nevralgico attivo: crea, gestisce e distribuisce i propri dati come un vero e proprio prodotto. La logica si ribalta: non più dati accentrati e lontani da chi li comprende e utilizza, ma conoscenza che resta vicina alla fonte, nelle mani di chi quei dati li genera ogni giorno.
AUTONOMIA E GOVERNANCE
A differenza dei tradizionali data lake e data warehouse, caratterizzati da architetture centralizzate e spesso rigide, il Data Mesh propone un modello distribuito che mette la responsabilità dei dati direttamente nelle mani dei team di dominio, ovvero di coloro che conoscono meglio il contesto e il valore specifico dei dati. Questa trasformazione non è solo tecnologica ma strategica. Le cifre parlano chiaro. Secondo IDC, il volume globale dei dati generati a livello globale cresce a un ritmo di circa il 25% all’anno e pone sfide significative in termini di archiviazione, sicurezza e sostenibilità. Le ricerche di Gartner confermano che la qualità, l’accessibilità e la gestione dei dati sono fattori critici che impattano direttamente sul successo delle iniziative di data analytics. Forrester sottolinea che la maggioranza delle organizzazioni identifica la complessità nella gestione dei dati come uno dei principali freni alla trasformazione digitale. Per queste ragioni, il mercato delle piattaforme di data management decentralizzato, dove il Data Mesh gioca un ruolo centrale, è destinato a crescere con un tasso annuo superiore al 30% nei prossimi anni. Il Data Mesh si basa su un cambio di paradigma: i dati vengono trattati come veri e propri prodotti, e la loro gestione passa da un team IT centralizzato a team di dominio autonomi, che conoscono intimamente le specificità del loro business. McKinsey evidenzia che questo approccio può accelerare lo sviluppo di soluzioni data-driven fino al 50%, riducendo drasticamente i tempi di attesa per l’accesso ai dati. Ciò significa che le aziende possono rispondere più rapidamente alle esigenze del mercato e innovare con cicli molto più brevi.
Nonostante la crescita dei dati, molte organizzazioni affrontano difficoltà nella gestione efficace delle informazioni. Per le aziende italiane, questi sviluppi suggeriscono la necessità di adottare strategie di gestione dei dati più avanzate, investire in infrastrutture cloud scalabili e sviluppare competenze interne per affrontare le sfide legate alla sicurezza e alla governance dei dati. L’adozione di modelli come il Data Mesh potrebbe rappresentare un passo importante verso una gestione dei dati più decentralizzata e orientata al business. La qualità dei dati è un pilastro fondamentale tanto nei framework tradizionali quanto nel modello emergente del Data Mesh, ma le modalità con cui viene garantita cambiano radicalmente.
Nel modello centralizzato, come evidenziato da Gartner, la gestione della qualità si affida spesso a team IT o di data governance centralizzati, che stabiliscono standard, eseguono controlli e tentano di armonizzare l’intero ecosistema. Questo approccio, sebbene coerente, fatica a scalare in contesti complessi e distribuiti, dove la velocità e la varietà dei dati aumentano costantemente. Il risultato è che oltre i due terzi dei progetti data analytics fallisce, a causa di problemi legati a qualità, accessibilità e gestione.
Il Data Mesh ribalta questa logica, affidando la qualità dei dati direttamente ai team di dominio, cioè a chi genera e conosce meglio quei dati. L’idea è che trattando i dati come “prodotti” e assegnando ruoli precisi (data product owner, data steward…), si promuova una responsabilità distribuita e una maggiore attenzione alla qualità fin dalla fonte. La governance federata del Mesh non elimina gli standard, ma li armonizza tra i team, mantenendo un equilibrio tra autonomia e coerenza. In altre parole, dove il modello centralizzato tende a garantire la qualità “dall’alto”, il Data Mesh la costruisce “dal basso”, abilitando la scalabilità senza perdere il controllo. Entrambi puntano a dati affidabili, ma il Mesh lo fa attraverso un cambio culturale e organizzativo, più che soltanto tecnologico.
Le piattaforme di gestione dei dati (DMA) per l’analisi si evolvono per supportare architetture più distribuite e orientate al dominio, in linea con i principi del Data Mesh. Parallelamente, l’integrazione del linguaggio naturale tramite l’AI generativa rivoluziona l’interazione con i dati: anche utenti privi di competenze tecniche possono interrogare i database, generare report e orchestrare processi, riducendo la dipendenza da ingegneri specializzati e snellendo radicalmente le operazioni. Le funzionalità incorporate di intelligenza artificiale permettono di rilevare automaticamente relazioni e tendenze nei dataset, migliorando l’efficienza e offrendo insights più specifici. Questo consente alle organizzazioni di agire proattivamente, per esempio prevedendo comportamenti dei clienti o ottimizzando le operazioni.
Il report McKinsey delinea una roadmap chiara per le imprese. Al centro della trasformazione ci sono sette priorità strategiche: dall’integrazione ubiqua dei dati in ogni processo aziendale alla leadership che promuove una cultura “data-first”, fino a una governance dinamica e adattabile alle nuove esigenze normative e di mercato. Questo scenario si sposa perfettamente con il modello Data Mesh, che punta alla decentralizzazione responsabile dei dati, affidando ai team di dominio la gestione autonoma e la responsabilità dei propri asset informativi. E così il Data Mesh guadagna rapidamente terreno.
Secondo Deloitte, l’adozione del Data Mesh consente alle organizzazioni di rispondere con maggior rapidità ai cambiamenti del mercato, accelerando lo sviluppo di soluzioni data-driven.
La decentralizzazione crea un circolo virtuoso di responsabilità e qualità. Quando i team diventano “proprietari” dei dati, sono incentivati a migliorarne la precisione, la pertinenza e la tempestività, elementi fondamentali per alimentare efficacemente intelligenza artificiale e machine learning. Inoltre, la governance federata, se ben implementata, riesce a bilanciare autonomia e coerenza, evitando il rischio di silos informativi e dispersione. Un aspetto centrale del Data Mesh è la capacità di abilitare pipeline dati personalizzate e self-service, che permettono ai team di sperimentare con rapidità nuove strategie e modelli di business basati su insight immediati, riducendo significativamente i tempi di go-to-market.
La valorizzazione della data ownership è un altro elemento decisamente rilevante. Senza la tipica mediazione dell’IT, i data owner hanno feedback diretti e quantificabili sui data product più richiesti, su cui concentrare i propri sforzi. Infine, c’è la misurabilità: poiché le interazioni sui dati sono tracciate digitalmente, risultano facilmente calcolabili vari KPI sui processi di produzione e consumo dati. L’adozione del Data Mesh, tuttavia, non va intesa come un’iniziativa spot o un progetto a breve termine, bensì come un percorso evolutivo e continuo, che richiede un cambiamento culturale e organizzativo profondo per sbloccare pienamente il suo potenziale trasformativo.
QUATTRO PRINCIPI BASE
Dietro questo modello ci sono quattro principi fondamentali. La proprietà del dominio assegna la responsabilità dei dati a chi li conosce meglio, mentre il concetto di “dati come prodotto” eleva i dati da sottoprodotto operativo a asset strategico, con product owner dedicati a garantirne qualità e usabilità. La piattaforma self-service elimina le complessità tecniche, consentendo ai team di sviluppare e gestire autonomamente i propri data product. Infine, una governance federata assicura che, pur mantenendo autonomia, i diversi domini rispettino standard comuni per garantire coerenza e interoperabilità.
I vantaggi di questa trasformazione sono tangibili. La scalabilità migliora perché i dati sono suddivisi in domini gestibili e autonomi. La maggiore autonomia consente ai team di rispondere con rapidità alle nuove esigenze, liberandosi dalle lentezze tipiche delle strutture centralizzate. La qualità dei dati cresce grazie a una responsabilità diretta e condivisa, mentre la collaborazione tra le varie divisioni viene facilitata da data product standardizzati e facilmente accessibili. Dal punto di vista culturale, il Data Mesh favorisce una maggiore trasparenza e accountability, valori essenziali per costruire un ambiente aziendale basato sulla fiducia e sull’integrità dei dati. Non sorprende quindi che – secondo un recente sondaggio Deloitte – oltre la metà dei CIO abbia indicato il Data Mesh come una priorità strategica nei prossimi tre anni, collegando direttamente la sua adozione al miglioramento della performance in termini di innovazione e velocità decisionale.
DATA MESH E DATA FABRIC
Data Mesh e Data Fabric sono due approcci emergenti per la gestione dei dati, spesso confusi perché entrambi puntano a migliorare l’accesso, la qualità e l’uso dei dati in ambienti complessi, ma in realtà rispondono a esigenze e principi diversi.
Il Data Mesh è un paradigma organizzativo e architetturale che si basa sulla decentralizzazione della gestione dei dati. L’idea centrale è che i dati siano “domain-oriented”, cioè di proprietà e gestiti direttamente dai team di business che li conoscono meglio. Il Data Mesh enfatizza l’autonomia dei team, la responsabilità sulla qualità dei dati come veri e propri “data product”, e la governance federata. In sostanza – come abbiamo visto – è un modello socio-tecnico che cambia come le aziende pensano alla proprietà e al flusso dei dati, spostando l’attenzione dal centro ai domini distribuiti.
Il Data Fabric, invece, è più una soluzione tecnologica o un’architettura che punta a creare una rete unificata e intelligente di dati attraverso tutta l’azienda, sfruttando automazione, integrazione continua, metadata management e strumenti avanzati di data management. Il Data Fabric funziona come un’infrastruttura che rende i dati disponibili ovunque servano, con una gestione più centralizzata dei dati, ma più flessibile e automatizzata rispetto ai tradizionali sistemi.
Mentre il Data Mesh è un modello organizzativo e culturale che decentralizza la proprietà e la responsabilità dei dati, il Data Fabric è un’architettura tecnologica che unifica e automatizza la gestione dei dati su più sistemi e ambienti. Le due soluzioni possono anche coesistere: un’azienda può adottare un Data Mesh per la governance e la proprietà distribuita, supportata da un Data Fabric che offre l’infrastruttura tecnologica per collegare e orchestrare i dati in modo efficace.
Possiamo immaginare i dati aziendali come un tessuto complesso, composto da molti fili intrecciati. In questa metafora, il Data Fabric rappresenta il tessuto stesso: una rete integrata e continua che unisce i fili dei dati sparsi in tutta l’organizzazione. Come un tessuto, il Data Fabric crea una “superficie” uniforme, dove ogni filo è connesso agli altri in modo intelligente, grazie a processi di automazione, metadata management e integrazione continua. Questo tessuto permette all’azienda di accedere ai dati ovunque e in modo fluido, mantenendo coerenza e controllo su scala globale. In altre parole, il Data Fabric è l’infrastruttura tecnologica che collega e unifica i dati, offrendo una gestione centralizzata e automatizzata, pur mantenendo la flessibilità di adattarsi a diverse fonti e ambienti.
Il Data Mesh, invece, è più simile a una maglia, cioè un insieme di nodi interconnessi ma distinti, ciascuno con la propria autonomia e responsabilità. Ogni nodo della maglia è un team di dominio che possiede, cura e gestisce i propri dati come un prodotto a sé stante. La maglia è elastica, modulare e distribuita: ogni nodo può muoversi, aggiornarsi e innovare indipendentemente, senza dipendere da un unico centro. Questa struttura riflette la filosofia del Data Mesh, che decentralizza la proprietà dei dati, spostando il potere decisionale vicino a chi usa e conosce quei dati, senza perdere però la capacità di lavorare in sinergia con gli altri nodi. Il risultato è una rete resiliente e scalabile, dove la collaborazione tra nodi permette una condivisione efficace e una governance federata che garantisce sicurezza e standard comuni.
TRE PATTERN TRASVERSALI
L’affermarsi di tecnologie cloud-native e di strumenti di orchestrazione crea le condizioni tecniche per implementare concretamente il Data Mesh. Queste piattaforme consentono una scalabilità flessibile, collaborazioni cross-team semplificate e governance automatizzata, elementi chiave per superare le barriere tecniche precedenti. Negli ultimi due anni, un numero crescente di organizzazioni in Europa e nel mondo ha iniziato a implementare architetture basate su Data Mesh, spingendosi oltre i limiti dei data lake e dei data warehouse centralizzati. Dietro l’adozione di questo approccio c’è un’esigenza comune: superare i colli di bottiglia imposti da modelli monolitici, rendere i dati più accessibili su larga scala e, soprattutto, responsabilizzare i team di dominio nella produzione e nella manutenzione dei cosiddetti data product.
Dalle testimonianze raccolte, emergono tre pattern trasversali che possono essere utili anche per le imprese italiane: la decentralizzazione senza anarchia, l’integrazione interoperabile e la scalabilità collaborativa. Le organizzazioni cercano soluzioni che permettano autonomia locale nella gestione dei dati, pur mantenendo una governance centrale efficace e conforme ai requisiti normativi. Le aziende devono integrare dati provenienti da sistemi eterogenei e garantire un flusso fluido tra data lake, warehouse e applicazioni business-critical. Cresce la necessità di piattaforme che favoriscano la collaborazione tra team, riducendo il time-to-insight e migliorando la qualità dei dati condivisi.
L’adozione del Data Mesh si appoggia su strumenti cloud-native e open standard. Le piattaforme più comuni sono utilizzate per orchestrare architetture Mesh in grado di gestire grandi volumi di dati e supportare l’evoluzione agile delle soluzioni analitiche. In contesti caratterizzati da infrastrutture legacy o da ecosistemi pubblici e altamente regolamentati, il Data Mesh dimostra di essere un facilitatore per la modernizzazione.
GLI OSTACOLI DA SUPERARE
Passando in rassegna dieci progetti realizzati in settori differenti – dall’industria manifatturiera alla finanza, dal settore pubblico alla farmaceutica – abbiamo constatato che – nonostante le specificità industriali – le dinamiche organizzative e i modelli operativi seguono esigenze ricorrenti: riduzione drastica di costi e tempi di elaborazione, maggiore adozione interna, governance integrata nei flussi, collaborazione interfunzionale rafforzata e una spiccata capacità di adattamento.
Nei diversi casi esaminati, si registrano tagli superiori all’80% nei tempi di caricamento dati e nella manutenzione delle dashboard. Le piattaforme Mesh ben progettate ampliano l’accesso ai dati. La sicurezza, la tracciabilità (data lineage) e la conformità vengono incorporate nativamente nei processi distribuiti, a dimostrazione della maturità crescente del modello. Il Data Mesh permette di eliminare silos culturali e tecnologici, migliorando la comunicazione e la condivisione di insights tra IT, operations e business line, dimostrando – sia in ambienti pubblici che in contesti privati – una flessibilità elevata nel rispondere alla digitalizzazione dei servizi e all’ottimizzazione della supply chain globale. Dai casi presi in esame, emergono anche schemi comuni di adozione. Una costante è l’integrazione della governance direttamente nei flussi di lavoro, anziché come funzione separata a valle. La tracciabilità dei dati, i controlli di qualità automatizzati e il rispetto delle normative privacy sono garantiti all’interno dell’ecosistema Mesh senza bloccare la velocità di sviluppo. Dalla sostituzione di sistemi on-prem con architetture cloud scalabili, fino alla combinazione di data lake e warehouse tramite strumenti di orchestrazione, la modernizzazione dell’infrastruttura rappresenta un prerequisito condiviso in diversi settori. Il Data Mesh si afferma così come architettura di “seconda ondata”, successiva alla maturazione del cloud.
Uno dei risultati più tangibili, che abbiamo riscontrato, è la crescita dell’adozione interna dei dati: nei diversi contesti industriali si registra un ampliamento significativo del numero di utenti attivi, grazie a interfacce intuitive, analisi self-service e data marketplace interni. Inoltre, la collaborazione tra IT e business è abilitata non solo da strumenti, ma da una rinnovata cultura del dato. In tutti i casi, l’adozione del Mesh non avviene mai in modalità “big bang”, ma per passi progressivi: si parte da un dominio pilota ad alta priorità, per poi estendere l’architettura agli altri ambiti. Questa modalità riduce i rischi, permette il riuso di componenti comuni e crea un ciclo di apprendimento continuo.
LA DUPLICE SFIDA
Se l’inizio del percorso Mesh viene accelerato da partnership con vendor che hanno esperienza nella costruzione di architetture distribuite, al tempo stesso, riscontriamo la necessità diffusa di investire sulle competenze interne: data product owner, ingegneri di dominio e architetti devono acquisire nuove competenze che fondono IT, business e governance. Pur in presenza di tecnologie differenti e obiettivi specifici, l’adozione del Data Mesh segue dinamiche relativamente consolidate.
La chiave dell’implementazione risiede nella capacità di bilanciare autonomia e coordinamento, evoluzione tecnica e trasformazione culturale. Sebbene promettente, l’adozione del Data Mesh, si confronta con una serie di ostacoli che le organizzazioni devono saper affrontare per realizzarne pienamente il valore. I casi esaminati evidenziano che il percorso non è lineare né privo di complessità. Partiamo dalla resistenza organizzativa. L’abbandono di modelli centralizzati di gestione dati implica un profondo cambiamento culturale. Spesso, i team sono abituati a delegare il controllo dati a un centro di competenza, mentre il Data Mesh richiede che ogni dominio si assuma la responsabilità dei propri dati come prodotto. La decentralizzazione può generare diffidenza, conflitti di responsabilità e difficoltà nel bilanciare autonomia e coordinamento. Le conseguenze sono diverse: rallentamenti nell’adozione, silos culturali persistenti e duplicazione degli sforzi, che possono richiedere investimenti in change management, formazione e definizione chiara dei ruoli.
Dalla resistenza culturale passiamo alla complessità tecnica: integrare diversi sistemi, spesso eterogenei e legacy, in un ecosistema Data Mesh rappresenta una sfida tecnica significativa. La costruzione di data product interoperabili e il mantenimento della qualità e della lineage impongono competenze avanzate e strumenti adeguati. I problemi di interoperabilità, difficoltà nel mantenimento dell’affidabilità dei dati e costi imprevisti richiedono, nella maggioranza dei casi, l’adozione graduale attraverso la sperimentazione con proof of concept e partnership con vendor esperti.
L’equilibrio tra autonomia dei domini e governance centralizzata rappresenta uno degli aspetti più difficili da gestire. Le regole di sicurezza, privacy e compliance devono essere rispettate in un ecosistema distribuito, senza però soffocare la libertà operativa dei team. I rischi di non conformità, duplicazione di controlli e rallentamento nei processi decisionali possono essere affrontati attraverso la definizione di policy chiare, l’automazione della governance tramite strumenti integrati e l’osservabilità continua. La trasformazione Mesh richiede investimenti significativi iniziali in termini di tecnologia (migrazione cloud, piattaforme di orchestrazione) e risorse umane (formazione, nuove assunzioni). La resistenza al cambiamento per motivi economici, difficoltà nel dimostrare il ROI nel breve termine può essere mitigata dall’approccio iterativo con risultati rapidi su casi pilota e la pianificazione di lungo termine. Per i leader IT e business, la sfida è quindi duplice: non solo adottare nuove tecnologie, ma guidare un cambiamento organizzativo profondo, capace di trasformare il modo in cui l’azienda pensa e utilizza i dati.