Il 2025 segna la svolta: Microsoft porta l’AI agentica in azienda, Oracle la integra nelle applicazioni, Google e Salesforce la aprono agli ecosistemi, IBM la orchestra e ServiceNow la governa. La posta in gioco? Ripensare il lavoro, non solo la produttività
L’accelerazione tecnologica impone alle organizzazioni di ridefinire i modelli operativi per rimanere competitive. In questa corsa, gli agenti AI si stanno ritagliando nuovo spazio. Per anni li abbiamo considerati software di supporto, utili per smaltire compiti ripetitivi. Oggi sono diventati molto di più. Apprendono, interpretano contesti complessi, producono analisi e contenuti originali. In altre parole, non si limitano a eseguire: partecipano al processo decisionale. Ma questa corsa rischia di schiantarsi con la realtà.
Secondo le ultime previsioni di Gartner, più del 40% dei progetti avviati rischia di essere bloccato entro il 2027 prima che arrivi in produzione. Le cause principali: costi crescenti, ritorni economici poco chiari e governance inadeguata. La survey condotta da Gartner su oltre 3400 professionisti fotografa bene questa fase di incertezza: solo il 19% delle organizzazioni dichiara investimenti significativi nell’agentic AI, il 42% procede con cautela, mentre un terzo preferisce aspettare. Alla confusione contribuisce anche il cosiddetto agent washing: la tendenza di molti vendor a etichettare come “agentici” prodotti che in realtà non lo sono, dal semplice chatbot ai sistemi di RPA (robotic process automation). Secondo Gartner, su migliaia di fornitori, appena 130 possono essere considerati veri player del settore. Al netto delle difficoltà, la direzione di marcia sembra segnata.
L’AI agentica avrà un impatto forte sull’organizzazione del lavoro, entrando nelle agende dei governi, nelle riunioni dei consigli di amministrazione e, di fatto, in ogni settore industriale: dalla manifattura ai servizi, dalla finanza alla sanità, fino all’istruzione e alla pubblica amministrazione. Per le aziende il messaggio è chiaro: se sfruttata in modo mirato, l’agentic AI promette di superare i limiti delle attuali automazioni, gestendo processi complessi, ottimizzando risorse e introducendo nuove forme di innovazione. Gartner stima che entro il 2028 almeno il 15% delle decisioni operative quotidiane sarà preso in autonomia da agenti AI (oggi siamo allo 0%), e che un terzo delle applicazioni enterprise incorporerà queste capacità, contro l’attuale quota inferiore all’1%.
Ed è proprio in questa estensione degli ambiti di applicazione che si intravede l’aspetto più interessante: la possibilità di una collaborazione autentica tra persone e sistemi intelligenti. L’integrazione è il terreno su cui si gioca il successo o il fallimento dell’adozione dell’AI agentica – come spiega Andrea Cravero, sr. director Solution Engineering per le applicazioni aziendali di Oracle Fusion Cloud. «Con Oracle non è più un problema: non c’è bisogno di orchestrare API, costruire connettori, o addestrare l’agente su dove trovare i dati, perché gli agenti AI vivono dentro il sistema, sono nativamente integrati nelle applicazioni aziendali Oracle Fusion Cloud». Questi agenti parlano la lingua del business – continua Cravero. «Conoscono regole, ruoli, processi e vincoli esistenti e quindi “sanno già cosa fare”, e non “in astratto”. Operano sul dato reale, al momento giusto, nel contesto corretto. Questa è collaborazione intelligente e va oltre il concetto di automazione».
Anche Paolo Spreafico, director Customer Engineering Italy di Google Cloud, sottolinea come l’integrazione con i sistemi legacy resti uno dei nodi più complessi da sciogliere per le aziende. Tra dati frammentati, scarsa interoperabilità e limiti di scalabilità, il percorso verso l’AI agentica e il cloud di nuova generazione non è mai lineare. Spreafico evidenzia però che esistono strumenti per favorire una modernizzazione graduale: dai connettori per collegare applicazioni eterogenee alla piattaforma BigQuery per l’analisi in ambienti multi-cloud, fino a un approccio più aperto che permette di valorizzare investimenti e infrastrutture già in uso. «L’impatto dell’AI non si limita a un singolo dipartimento» – continua Spreafico. «Una ricerca recente evidenzia che il 63% delle aziende che ha implementato la GenAI segnala una crescita del business e il 45% maggiore produttività. Oltre ai risparmi, è importante misurare tassi di conversione, retention e ricavi incrementali. Google Cloud integra l’AI nei KPI aziendali con dashboard aggiornate in tempo reale. Il nostro approccio bilancia l’efficienza e il tocco umano su due fronti. Da un lato, gli agenti AI basati su Gemini sono in grado di gestire conversazioni in modo naturale e con una comprensione profonda. Dall’altro, l’AI agisce da assistente per l’operatore umano. Questa tecnologia “human-in-the-loop” riduce il carico di lavoro, permettendo di concentrarsi sull’empatia e sulla risoluzione del problema».
Secondo il Work Trend Index 2025 di Microsoft, l’83% dei leader italiani vede il 2025 come un anno di svolta per ripensare la strategia aziendale, mentre il 45% delle aziende usa già agenti AI per automatizzare processi chiave. «La nostra visione guarda a un futuro in cui questi agenti non solo supportano le attività quotidiane – spiega Veronica Rosso, direttrice AI At Work di Microsoft Italia – ma diventano parte integrante dell’organizzazione potenziando le persone, liberando tempo ed energia e aiutando le organizzazioni a migliorare la propria competitività. L’obiettivo non è sostituire il lavoro umano, ma renderlo più sostenibile, creativo e strategico, aprendo nuove opportunità di crescita e innovazione».
L’AI COLLABORATIVA
La trasformazione non riguarda solo la tecnologia, ma anche e soprattutto le persone. È fondamentale preparare e riqualificare la forza lavoro per collaborare efficacemente con gli agenti AI, massimizzando i benefici senza creare resistenze interne. Nicola Lalla, vice president Solution Engineering di Salesforce Italia, sostiene che la chiave è semplice, ma non banale: «Coinvolgere le persone fin dall’inizio». L’AI non deve essere percepita come una minaccia, ma come un’alleata che «semplifica la complessità e libera tempo per attività più strategiche e gratificanti». I risultati sono incoraggianti: «Quando le persone capiscono che l’AI è al loro fianco, non al posto loro, le resistenze si trasformano in entusiasmo. È quello che vediamo ogni giorno sul campo, lavorando con le aziende che stanno implementando Agentforce, il nostro ecosistema di agenti AI, sviluppato sulla stessa piattaforma di tutte le soluzioni Salesforce e nativamente integrato. In questi contesti, la formazione non è solo tecnica, ma anche culturale: aiuta a cambiare il mindset e ad accogliere l’AI come parte di un’evoluzione del ruolo professionale».
Preparare la forza lavoro a collaborare con gli agenti AI è indispensabile: «Le aziende devono puntare su formazione continua e cultura dell’innovazione» – afferma Veronica Rosso di Microsoft. Secondo il Work Trend Index 2025 la riqualificazione rappresenta la priorità nei prossimi 12 mesi per il 49% dei leader italiani. Ma è necessario un cambio di mentalità diffuso: «Ogni dipendente diventerà un “agent boss”, capace di delegare attività agli agenti per concentrarsi su compiti a maggior valore». Ma qual è la chiave? «Coinvolgere le persone fin da subito, offrire strumenti semplici e creare spazi per sperimentare. Soluzioni come Microsoft 365 Copilot, per esempio, rendono questa transizione più accessibile, offrendo la possibilità di creare agenti AI in modo intuitivo e guidato, anche senza competenze tecniche». In questo modo – continua Veronica Rosso – «si riducono le resistenze interne e si promuove un approccio proattivo al lavoro digitale, riconoscendo l’AI come un’opportunità concreta per lavorare in modo più efficace e valorizzare il potenziale delle persone».
Un grosso aiuto all’implementazione della tecnologia può arrivare dall’interoperabilità dei sistemi. Per Andrea Cravero di Oracle Italia, l’introduzione di un Agente AI non significa dover cambiare sistema o stravolgere i processi, ma potenziare l’esistente, favorendo così la collaborazione. «L’utente continua a lavorare sulle applicazioni Oracle Fusion con il vantaggio di avere un assistente proattivo, generativo, capace di suggerire, completare, spiegare, riassumere e anticipare». Questo approccio riduce la resistenza al cambiamento, poiché – «tutto avviene in un ambiente già noto e la familiarità riduce i timori, specie quando le innovazioni alleggeriscono il carico di lavoro quotidiano».
Per Paolo Spreafico di Google Cloud, l’AI agentica deve essere accessibile a tutti i livelli dell’organizzazione, puntando sia sulla semplicità delle piattaforme che sulla crescita delle competenze. Strumenti semplici e intuitivi, come Agentspace e NotebookLM permettono anche a chi non ha un background tecnico di “provare sul campo” cosa possono fare gli agenti AI. Per esempio: automatizzare attività ripetitive, ridurre tempi di lavoro o migliorare la qualità dei risultati.
MITIGARE I RISCHI
Un aspetto determinante nell’implementazione degli agenti AI, specialmente in settori sensibili come le risorse umane o il finance, riguarda le implicazioni etiche e la mitigazione dei potenziali bias algoritmici. «Affidare un processo decisionale a un agente AI richiede attenzione, trasparenza e responsabilità» – afferma Nicola Lalla di Salesforce. «I bias sono un rischio reale e possono avere conseguenze significative». Per questo, Salesforce ha sviluppato l’Einstein Trust Layer – «uno scudo di sicurezza che combina governance, auditing e supervisione umana» – progettato per proteggere la privacy e la sicurezza dei dati, garantire l’affidabilità e l’accuratezza dei risultati dell’AI e promuovere un utilizzo responsabile della tecnologia. Questo include strumenti avanzati come il dynamic grounding, una rigorosa policy di zero data retention e il rilevamento automatico di contenuti inappropriati. Oltre alla tecnologia – aggiunge Lalla – serve un cambio di approccio: «Modelli addestrati su dati certificati e decisioni sempre reversibili sono le basi su cui l’innovazione genera fiducia».
Le sfide nei settori più sensibili riguardano bias algoritmici, trasparenza e tutela dei dati. Per Paolo Spreafico di Google Cloud, affrontare questi aspetti è fondamentale per costruire sistemi di AI affidabili e sostenibili, capaci di integrarsi nei processi aziendali senza compromettere la fiducia degli utenti. Google Cloud risponde con «principi AI rigorosi, grounding nei dati verificati e piattaforme secure-by-design», offrendo sovranità, sicurezza e conformità grazie alle region italiane e alla qualifica ACN.
Tuttavia, senza un piano di coordinamento – «ogni agente rischia di diventare un’isola» – sottolinea Chiara Venneri, technical specialist Data Platform di IBM Italia. «Le organizzazioni si ritrovano con decine di “mini-assistenti” che non comunicano, non condividono il contesto e non sono governati centralmente». Il risultato? «Frammentazione, inefficienza, rischi e perdita di controllo» – spiega Venneri. «Con la crescita esponenziale di questi agenti, spesso sviluppati in ambienti eterogenei, con tecnologie e modelli distribuiti, emerge una sfida cruciale: l’orchestrazione». A questa sfida IBM risponde con watsonx Orchestrate, una piattaforma open e hybrid progettata per costruire, orchestrare e governare agenti AI in ambienti enterprise. Open perché integra agenti e modelli di terze parti, anche su infrastrutture esterne, supportando protocolli standard (MCP, A2A…). Hybrid perché funziona in cloud, on-premises o ambienti ibridi. Nell’adozione dell’Agentic AI è fondamentale coinvolgere sia utenti business che sviluppatori. Watsonx Orchestrate offre strumenti low-code/no-code per creare agenti in modo semplice e strumenti pro-code per soluzioni avanzate. Sono disponibili integrazioni native con software proprietari, database vettoriali e la possibilità di connettersi a servizi custom.
LE NUOVE FORME DI RISCHIO
La velocità di adozione dell’AI genera nuove forme di rischio, oltre a bias e privacy, le aziende devono fare i conti con la compliance regolatoria e con fenomeni più tecnici, come le cosiddette “allucinazioni” dei modelli. «Queste evidenze rafforzano la necessità di integrare nelle strategie AI-first programmi di formazione capillare, policy chiare e trasparenti sull’uso dell’AI con audit trail e “spiegabilità” dei modelli, comitati interni di governance e AI‐Risk, e una leadership trasformazionale che promuova la fiducia» – spiega Patrizio Rinaldi, director Solution Consulting di ServiceNow. Anche per questo, ServiceNow ha introdotto strumenti come l’AI Control Tower e il Workflow Data Fabric, che permettono di gestire agenti nativi e di terze parti in un ecosistema unificato. Questo consente una governance centralizzata e una visione olistica dei dati e dei processi, fondamentale per scalare l’adozione dell’AI nelle organizzazioni in modo sostenibile e compliant. «Un “agente” diventa davvero tale quando è integrato in un ecosistema umano-centrico, governato e orientato al valore» – afferma Rinaldi. Parlando di strategia – per Rinaldi – l’Agentic AI deve costituire il front-end di una piattaforma enterprise in grado di connettere dati, processi, persone e sistemi legacy in un unico ambiente governance-driven. «La piattaforma è il vero “enabler” di questa trasformazione e deve essere modulare e scalabile, con governance centralizzata, sicurezza enterprise e compliance continua: un hub di integrazione dell’AI in grado di dialogare con ERP, CRM, CIAM e sistemi legacy».
Se Gartner avverte che quasi la metà dei progetti di AI agentica rischia di fermarsi per costi in aumento e ritorni economici poco chiari, diventa chiaro che valutare il ROI non significa solo guardare ai risparmi immediati. La misurazione del valore deve includere metriche in grado di riflettere la crescita del business, come l’efficienza operativa, l’innovazione nei processi e la capacità di generare nuove opportunità. Le aziende adottano l’AI in modi molto diversi a seconda del loro livello di maturità tecnologica. Tra le aziende non pionieristiche e più conservative, meno della metà (46%) usa piattaforme che facilitano l’uso dell’AI: strumenti e infrastrutture che permettono di integrare, testare e scalare progetti AI più facilmente. Tra le aziende all’avanguardia, che sperimentano e adottano rapidamente nuove tecnologie, questa quota sale al 66%. «Un segnale della necessità di un ecosistema integrato – spiega Rinaldi – condizione imprescindibile per scalare qualsiasi innovazione tramite AI, riducendo i tempi di integrazione di nuovi tool e garantendo un’unica “fonte di verità” per processi e dati».
L’approccio di ServiceNow si distingue proprio nella capacità di offrire un ambiente in grado di orchestrare qualsiasi AI, qualsiasi dato, qualsiasi cloud o ambiente locale e qualsiasi processo aziendale, per liberare le potenzialità della spinta innovativa con la giusta velocità. Nel customer service, l’introduzione degli agenti AI generativi deve bilanciare l’efficienza automatizzata con la necessità di mantenere un tocco umano e la capacità di gestire situazioni complesse che richiedono empatia. Nicola Lalla di Salesforce cita il customer service come uno dei terreni più fertili ma anche più delicati per l’AI agentica. Sebbene gli agenti AI possano accelerare i tempi di risposta, standardizzare la qualità e garantire continuità 24/7, Lalla sottolinea che «nessuna tecnologia può – né deve – sostituire la sensibilità umana in una situazione critica, in una richiesta fuori standard, in un momento di frustrazione del cliente». Per questo, Salesforce sta costruendo agenti che «non sono mai da soli» , ma che «lavorano a fianco degli operatori, li supportano con suggerimenti in tempo reale, recuperano dati da fonti disparate, ma lasciano sempre l’ultima parola all’essere umano».
Si tratta di un equilibrio delicato, che si raggiunge solo se l’AI è progettata per potenziare le relazioni, non per semplificare a tutti i costi. Google Cloud adotta un approccio simile, bilanciando efficienza e tocco umano su due fronti: gli agenti AI basati su Gemini sono in grado di gestire conversazioni in modo naturale e con profonda comprensione, mentre l’AI funge da assistente per l’operatore umano, riducendo il carico di lavoro e permettendo di concentrarsi sull’empatia e la risoluzione del problema. Un po’ quello che ServiceNow definisce un modello ibrido per il customer service, che prevede un triage iniziale automatizzato, analisi del sentiment e riconoscimento della complessità emotiva, e inoltro contestualizzato a operatori umani specializzati con tutto il thread di conversazione e le analisi AI già disponibili. «I risultati mostrano fino al 40 % in meno di contatti ripetuti, senza sacrificare empatia e qualità del servizio, anzi facendo percepire un’efficienza e attenzione superiore ai tradizionali sistemi basati su chatbot» – riporta Rinaldi di ServiceNow.
Serve sicuramente un maggiore controllo, finalizzato non tanto a limitare il potenziale dell’AI agentica quanto a ridurre le criticità e a fidarsi maggiormente del contenuto generato automaticamente, anche quando questo impatta in maniera significativa sul business. L’AI agentica introduce nuovi rischi: «Azioni non supervisionate, bias, uso improprio dei dati, mancanza di trasparenza, difficoltà di tracciamento» – avverte Chiara Venneri di IBM Italia. «Diventa complesso verificare i comportamenti degli agenti, attribuire responsabilità, gestire interazioni e controllare flussi continui di dati. Per questo la governance è centrale: watsonx Orchestrate la abilita con regole applicabili, metriche di controllo, filtri per dati sensibili, valutazioni pre-deployment e monitoraggio continuo».
FINANCE AUMENTATO
L’AI generativa sta rivoluzionando anche la funzione finance, andando oltre la semplice automazione delle operazioni di routine per supportare decisioni complesse e la gestione proattiva del rischio. «È il caso delle frodi o del monitoraggio AML, dove possiamo aiutare a trasformare complesse normative in codice o sintesi comprensibili, consentendo decisioni più rapide e proattive» – spiega Paolo Spreafico di Google Cloud. Le soluzioni Google Cloud rendono più efficienti processi come l’analisi di documenti finanziari e contratti, forniscono insights strategici, analizzando moli di dati per identificare trend economici e generare scenari di impatto sul business e rilevano anomalie e pattern invisibili all’operatore umano.
La funzione finance vive una trasformazione profonda grazie alla sinergia tra diverse tipologie di intelligenza artificiale – come descrive Nicola Lalla di Salesforce. «L’AI predittiva è in grado di costruire scenari, aggregare dati destrutturati, analizzare trend ed estrarre insights che prima richiedevano giorni di lavoro. L’AI generativa rende queste analisi facilmente intellegibili grazie a descrizioni in linguaggio naturale. L’AI agentica aiuta a prendere decisioni più rapide, supportate da simulazioni accurate e da una comprensione più ampia del contesto». Con soluzioni come Agentforce, gli agenti AI diventano alleati strategici dei CFO: «Segnalano anomalie, suggeriscono azioni correttive, valutano impatti in tempo reale. Il finance evolve da funzione di controllo a motore di previsione e guida, con strumenti capaci di coniugare efficienza operativa e visione».
L’AI può diventare partner del CFO su temi di previsione e gestione del rischio – prosegue Patrizio Rinaldi di ServiceNow. «Nei modelli predittivi “what-if” per simulare scenari di mercato (variazioni di tassi, oscillazioni di fornitura); nelle dashboard di risk analytics che integrano stress test dinamici e simulazioni di liquidità; negli alert anticipati su variabili critiche (scostamenti di budget, trend insoluti) e nei report strategici generati in linguaggio naturale, con raccomandazioni su ottimizzazione del capitale e allocazione di risorse». Parallelamente, nel marketing, gli agenti AI generativi stanno rivoluzionando la personalizzazione delle campagne su larga scala, offrendo esperienze cliente prima impossibili da realizzare manualmente. Qui, la personalizzazione diventa «dinamica e predittiva» – afferma Spreafico di Google Cloud. Gli agenti AI analizzano dati in tempo reale e storici per anticipare le esigenze e orchestrare esperienze coerenti su ogni canale. Brand come Benetton e Puma stanno già trasformando l’e-commerce in un percorso più coinvolgente. Insomma, l’AI generativa cambia le regole, consentendo di creare contenuti e interazioni davvero su misura, adattandoli in tempo reale al comportamento e al contesto del singolo cliente.
«Con Agentforce, gli agenti AI non si limitano a produrre testi, ma orchestrano l’intera customer experience, rendendo ogni touchpoint rilevante e coerente. Non parliamo più solo di “invii mirati”, ma di conversazioni dinamiche che si adattano al cliente, su qualsiasi canale e in qualsiasi momento» – conferma Lalla di Salesforce. Gli stessi touchpoint che – per Rinaldi di ServiceNow – possono essere analizzati in grandissime quantità dall’AI per generare profili cliente in tempo reale. «Oltre all’automazione copy, ovvero la produzione automatica e contestuale di testi di comunicazione marketing, il risultato di questa elaborazione porta a contenuti iper-personalizzati (email, landing page, notifiche) adattati a ogni fase dell’esperienza utente; a test A/B multi-variabile automatizzati (test più varianti di più elementi allo stesso tempo) per ottimizzare messaggi e creatività; e a segmenti dinamici che si ridefiniscono al mutare dei comportamenti».
GUARDANDO AL FUTURO
L’impatto a lungo termine degli agenti AI sull’organizzazione del lavoro è ancora tutto da valutare. Andrea Cravero di Oracle Italia ritiene che l’approccio integrato di Oracle cambi il modo in cui pensiamo all’evoluzione dell’AI. «I nostri agenti AI non sono un’aggiunta, un plug-in da applicare a un software ma il nuovo tessuto connettivo dell’intera piattaforma applicativa. L’evoluzione degli agenti è esponenziale, e già oggi si può parlare di veri e propri team di agenti AI, alcuni conversazionali, altri funzionali, altri ancora supervisori. E la vera rivoluzione è che l’ambiente Oracle Fusion consente a questi di cooperare tra loro dentro il contesto aziendale, orchestrando interi flussi operativi senza che l’utente debba nemmeno pensarci. Una sintonia tra umano e AI, in cui il sistema interpreta il “perché”, non solo il “come”. Oracle non sta costruendo l’ennesima piattaforma AI. Sta ridefinendo l’esperienza applicativa per i propri clienti, mettendo l’intelligenza generativa al centro».
Paolo Spreafico di Google Cloud immagina un futuro basato su ecosistemi collaborativi di agenti AI: «squadre digitali» di specialisti AI che comunicano tra loro per risolvere problemi complessi. Per realizzare questa visione, Big G offre una piattaforma aperta su Vertex AI con standard come Agent2Agent, per garantire che agenti diversi possano collaborare fluidamente.
«Siamo nel mezzo di una trasformazione profonda» – commenta Nicola Lalla di Salesforce. «Gli agenti AI non sono solo strumenti più intelligenti, ma veri e propri collaboratori digitali, capaci di apprendere, ragionare e agire in autonomia. Questo impone una nuova visione dei processi aziendali e del rapporto tra persone e tecnologia. Nel lungo termine, il loro ruolo sarà sempre più strategico. La sfida sarà integrarli senza perdere valori fondamentali come trasparenza, fiducia e controllo umano».
Serve una risposta concreta delle big tech a uno scenario non più rivoluzionario ma consolidato. Abbiamo i piloti e le auto. Ora serve non sbagliare strada. «In un mondo dove l’AI agentica è destinata a moltiplicarsi – spiega Chiara Venneri – IBM offre una risposta concreta: «Orchestrare per governare, integrare per scalare, osservare per fidarsi». Bisogna puntare su un modello di collaborazione uomo-macchina più intelligente e sostenibile, affrontando in modo sistematico e strategico trasparenza e governance.
In questo modo – «le organizzazioni possono tradurre l’adozione tecnologica in un vantaggio competitivo realmente centrato sulle persone» – afferma di Patrizio Rinaldi ServiceNow. «Una leadership orientata all’innovazione, insieme a una piattaforma abilitante e una strategia AI-first gestita e integrata nei processi aziendali, può trasformare l’esperienza professionale e il modo in cui si ridefinisce il lavoro».
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Gruppo E, come integrare la GenAI in azienda