Accenture analizza la sicurezza nelle aziende italiane

Secondo l’indagine le aziende italiane sono attive nella gestione sicura e trasparente dei dati sensibili, ma ancora alti i timori dei consumatori

Secondo i risultati di uno studio globale di Accenture svolto in 19 Paesi, nonostante il 73% delle aziende ritenga di disporre di politiche adeguate per la tutela dei dati personali, il 58% dichiara di aver perso dati sensibili negli ultimi due anni e quasi il 60% riconosce nella perdita di dati un problema ricorrente.

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Una serie di dati confermati anche dai risultati rilevati tra i consumatori: il 70% (86% in Italia), infatti, ritiene importante la riservatezza dei propri dati personali, tuttavia il 42% (che sale al 62% in Italia) è scettico riguardo alle azioni messe in atto dalle aziende per la tutela dei propri dati personali, rivelando una generale mancanza di fiducia.

Lo studio, condotto su oltre 5.500 dirigenti aziendali e più di 15.500 consumatori in 19 paesi, rivela un sorprendente divario tra le intenzioni delle aziende in merito alla riservatezza dei dati e il modo in cui effettivamente, alla prova dei risultati, proteggono i dati personali sensibili (ad esempio nome, data di nascita, etnia, numero di codice fiscale e di carta d’identità, anamnesi medica).

Risultati globali aziende

Il divario tra le intenzioni e le azioni concrete per la tutela della data privacy è confermato dal fatto che, sebbene il 70 % delle aziende (il 90% in Italia), senta come proprio dovere garantire la protezione delle informazioni personali dei consumatori il 45% non sa o non è d’accordo sulla possibilità di concedere ai clienti il diritto di controllare il tipo di informazioni raccolte e di sapere come queste informazioni vengano utilizzate.

Quasi la metà dei rispondenti non ha ritenuto importante limitare la raccolta (47%) o la condivisione (46%) dei dati personali sensibili dei clienti, tutelare il diritto alla privacy dei consumatori (47%), prevenire il trasferimento dei dati personali in paesi con leggi sulla privacy inadeguate (47%), prevenire i reati informatici contro i consumatori (48%), così come la perdita e il furto dei dati (47%).

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Le maggiori cause indicate dalle aziende sono di natura interna, problemi che potevano essere identificati e risolti in precedenza: un errore di sistema (57 %), negligenza o errori dei dipendenti (48%) sono i motivi citati più di frequente come causa delle violazioni; i crimini informatici sono stati indicati solo dal 18% delle aziende.

“Il volume di dati sensibili raccolto e condiviso dalle aziende è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, rendendo la tutela dei dati un aspetto fondamentale dal punto di vista aziendale e non solo tecnologico” ha dichiarato Alastair MacWillson, Managing Director Security Practice di Accenture.

“Il nostro studio sottolinea l’importanza di assumere un approccio a 360° relativamente alla riservatezza e alla tutela dei dati, che colmi il divario tra strategia aziendale, gestione del rischio, relazioni di conformità e sicurezza informatica”.

Risultati globali consumatori

Oltre due terzi (70%) dei consumatori intervistati in tutto il mondo ritiene che la riservatezza dei propri dati personali sia importante o molto importante (86% in Italia), tuttavia solo il 58% (38% in Italia) ritiene adeguata la tutela dei propri dati personali, rivelando una generale mancanza di fiducia.

Dallo studio emerge come i consumatori da un lato desiderano “possedere” i propri dati personali, e dall’altro ritengono che le aziende siano responsabili della loro gestione e tutela. Ad esempio:

– Il 53% ritiene di avere il diritto di sapere come vengano utilizzati i propri dati personali. E di poter accedere e verificare il tipo di dati raccolti e utilizzati dalle aziende.

– Alla domanda su chi abbia la maggiore responsabilità nell’assicurare l’adeguata tutela dei dati, il 41% dei consumatori ha indicato l’amministrazione pubblica, il 21% le aziende, il 19% l’individuo e il 20% ritiene debba trattarsi di un compito condiviso.

“I risultati rafforzano il ruolo critico della riservatezza dei dati nel mantenere la fiducia tra le aziende e i loro consumatori e clienti” ha affermato Bojana Bellamy, Accenture’s director of Data Privacy and vice president of the International Association of Privacy Professionals. “Un approccio proattivo alla tutela e alla riservatezza dei dati può aiutare le aziende non solo ad evitare multe per mancata conformità, ma, fattore ancora più rilevante, ad evitare violazioni della riservatezza dei dati che potrebbero allontanare i clienti e minare la credibilità del brand”.

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Indagine sulle aziende

• Tra le aziende che hanno risposto al sondaggio Accenture, in Italia il 65% ritiene di applicare adeguate politiche di tutela dei dati personali di cui dispone, una percentuale che è però inferiore alla media globale, pari al 73%.

• In Italia, tre aziende su cinque (62%) riconoscono di aver perso dati sensibili relativi a consumatori, clienti o dipendenti, dato superiore alla media globale (pari al 58%). Gli Stati Uniti registrano invece l’incidenza più elevata, con una perdita di dati personali pari all’80%. L’India e Singapore riportano la percentuale più bassa, rispettivamente con 29% e 31%.

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• Il 90% degli intervistati italiani sente come proprio dovere l’esigenza di prendere misure per tutelare i dati del consumatore, è la percentuale più elevata in tutti i 19 paesi esaminati, la media globale è infatti del 70%.

• Il 61% delle aziende italiane afferma che è molto importante o importante ottenere il consenso del consumatore o dei clienti prima di utilizzare o condividere i propri dati personali, contro una media globale del 52%. Ancora una volta il dato più elevato si registra in Germania con l’88%

• Il 79% delle aziende italiane ritiene che i consumatori abbiano il diritto di accedere ai propri dati raccolti e utilizzati dalle aziende e di controllarli, una percentuale molto superiore alla media globale del 55%. Solo la Francia registra un dato superiore con l’80%.

• L’80% delle aziende intervistate sostiene che i consumatori abbiano il diritto di modificare i dati errati raccolti e utilizzati dalle aziende, la percentuale più elevata di tutti i paesi esaminati e superiore al 54% della media globale. Solo due su cinque (43%) ritiene invece che l’accuratezza delle informazioni raccolte sui clienti o i consumatori sia importante o molto importante, un dato inferiore al 62% della media globale.

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• Il 46% delle aziende italiane controlla regolarmente che vengano rispettati i requisiti previsti dalla normativa sulla tutela della privacy e dei dati sensibili, un dato alquanto inferiore rispetto al 68% della media globale.

• Solo il 52% delle aziende italiane risulta a conoscenza di dove siano conservati i dati dei propri clienti e dipendenti a livello aziendale (rispetto al 71% della media globale).

Risultati relativi ai consumatori

• L’86% dei consumatori italiani intervistati sostiene che la riservatezza dei dati personali è importante o molto importante (contro il 70% a livello globale). Solo il 38% considera adeguata la tutela dei propri dati personali condivisi con le aziende, a fronte del 58% registrato a livello globale. Per i consumatori italiani la tutela della privacy è “molto importante” quando si naviga su internet (41%), quando ci si reca presso un’azienda sanitaria (41%) e quando si effettuano pagamenti o si viaggia in altri paesi (entrambi 40%).

• Il 65% dei consumatori italiani dichiara che la preoccupazione principale relativamente alla privacy riguarda il furto dei beni, il dato più elevato di tutti i paesi (contro una media globale del 23%), seguito dalla diffusione di info personali (51%) e dalla sorveglianza e censura da parte dello Stato (40%). Anche a livello globale, la rivelazione di segreti e la sorveglianza e censura da parte dello Stato rappresentano le problematiche legate alla privacy più sentite tra i consumatori (ognuna con il 34%).

• Il 44% dei consumatori intervistati in Italia ritiene che le amministrazioni pubbliche siano responsabili di un’adeguata tutela dei dati personali. Il 22% ritiene invece che tale responsabilità dovrebbe spettare all’individuo, mentre il 16% alle aziende. A livello globale il 41% ritiene che tale responsabilità spetti al governo, il 19% all’individuo e il 21% alle aziende.