Le difficili scelte di Cisco

Che succede a quella che una volta veniva chiamata la regina del networking? All’azienda che aveva accompagnato la crescita delle infrastrutture e spianato la strada all’avvento di internet come rete globale?

Stiamo parlando di Cisco, una società che in questo ultimo decennio ha cercato di differenziare il proprio core business, switching e router, individuando nuove aree potenziali di mercato, in particolare all’interno della dimensione del lavoro collaborativo, in una prospettiva di comunicazione unificata e convergente, e in una naturale estensione nell’area dei sistemi, attività quest’ultima che l’ha portata a competere con tradizionali vendor IT come HP e IBM. Una continua ricerca mirata a conseguire una rinnovata stabilità in grado di assecondare le profonde trasformazioni avvenute a ritmo crescente nel corso di questi ultimi anni.

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“I mercati stanno cambiando velocemente e dobbiamo essere al passo con i cambiamenti. A volte non ci siamo riusciti, ha dichiarato John Chambers, Ceo dell’azienda. Cisco non si può più permettere di sostenere investimenti in un numero di aree di business così diversificato come quello attuale. E’ venuto il momento – afferma il Ceo – di prendere delle decisioni importanti e stabilire cosa deve essere mantenuto, quali devono essere le aree primarie di focalizzazione e cosa deve essere dismesso”.

Pur non avendo esplicitamente fatto alcuna precisa dichiarazione, sono le attività più vicine alla dimensione del mercato consumer a essere messe in discussione mentre appare evidente che l’azienda vuole dedicare maggiori risorse al core business, settore che in questi ultimi anni è stato oggetto di una concorrenza sempre più agguerrita.

La competizione impone un time to market più efficiente e, al tempo stesso, la capacità di sostenere una produzione contraddistinta da margini di profitto più ridotti. Per assicurare uguali ricavi, Cisco dovrà riuscire a vendere volumi più elevati di quelli attuali.

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Il fatturato complessivo relativo all’ultimo esercizio fiscale, chiusura a luglio, sarà più o meno allineato a quello terminato nel luglio 2010 e corrisponderà a una cifra di circa 40 miliardi di dollari. L’incertezza che regna in Cisco si riflette in borsa, dove il valore dell’azione, da un anno a questa parte, ha seguito una traiettoria negativa: 17 dollari contro i 27 dell’aprile 2010. Risultato di una riflessione globale di Cisco: da una parte, dicono gli analisti, la difficoltà nel contenere la redditività assicurata dalla posizione dominante sul mercato core business, dall’altra una mancanza di focalizzazione su nuove aree strategiche.