Meetecho, la collaborazione corre sul Web

“Gli utenti vogliono collaborare con i loro colleghi, con i loro amici e vogliono farlo in ogni posto e con ogni device”

Ormai si lavora in Rete e sulla Rete, le barriere spazio temporali sono state abbattute grazie alla tecnologia ed in particolare ai sistemi di collaboration, quest’ultimi sono sempre in continua evoluzione per far fronte a tutte le innovazioni del settore. Ne abbiamo parlato con Simon Pietro Romano, fondatore di Meetecho.

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Come nasce il progetto?

Meetecho (letteralmente “l’eco dell’incontro”) nasce come idea 5 anni fa, quando ho iniziato a lavorare nell’ambito del conferencing, ovvero il supporto alla collaborazione in tempo reale su Internet. Subito abbiamo inquadrato questa iniziativa nel contesto delle attività di standardizzazione dei protocolli per Internet portate avanti dall’IETF – Internet Engineeering Task Force. All’epoca siamo partiti con le tesi esplorative e sperimentali di Tobia Castaldi e Lorenzo Miniero, che hanno elaborato due lavori paralleli, sviluppando il lato client ed il lato server di un prototipo di architettura che fosse in grado di supportare un gran numero di conferenze con molti partecipanti e caratterizzato da un elevato livello di scalabilità. Il sistema progettato doveva essere in grado di supportare tutti i principali protocolli standard definiti a livello internazionale, partendo dallo streaming, per arrivare alla segnalazione per l’instaurazione di sessioni VoIP (Voice over IP).Dopo due anni, nell’ambito delle attività previste per il dottorato di ricerca, al gruppo si è aggiunto Alessandro Amirante.

L’IETF prevede dei meeting con scadenza quadrimestrale e noi abbiamo partecipato a tutti quelli realizzati da cinque anni a questa parte proponendo documenti e soprattutto offrendo delle dimostrazioni del funzionamento dei nostro prototipo. Prototipo che è diventato pian piano sempre più evoluto, per cui due anni fa abbiamo deciso di trasformarlo in un prodotto, creando uno “spin off” accademico. Abbiamo scelto di far partire questa iniziativa inserendo nella compagine due strutturati (il Prof. Giorgio Ventre ed il sottoscritto, ricercatore del Dipartimento di Informatica e Sistemistica), oltre a Tobia, Lorenzo ed Alessandro.

Con questa squadra abbiamo creato la società, che si è proposta subito in maniera innovativa sul mercato offrendo un prodotto molto avanzato che può competere con i maggiori fornitori che ci sono oggi nel mondo. Il primo tra questi è Cisco, che realizza un prodotto chiamato “Webex”, dotato di funzionalità molto avanzate. Noi ci sentiamo abbastanza convinti di aver realizzato un qualcosa che da molteplici punti di vista va anche oltre rispetto a quello che oggi offre il mercato; per dirne una, abbiamo da subito lavorato al supporto per gli ambienti mobile, offrendo agli utenti di Meetecho la possibilità di partecipare ad una conferenza da un cellulare, avendo a disposizione funzionalità avanzate di interazione. Offriamo non solo il supporto audio e video, ma anche la chat, la lavagna condivisa ed il cosiddetto presentation sharing. Abbiamo lavorato molto sulla semplificazione dell’interfaccia, per avere un client tutto basato sul web e quindi evitare di installare software sul computer. Ci siamo concentrati sul supporto multi-piattaforma (sistemi operativi sia Windows, che Linux e MAC OS), nonché sull’impiego di soluzioni open source. Il nostro software è, ovviamente, anch’esso open source.

A livello tecnologico qual è il cuore di Meetecho?

E’ il lato server, che si fonda su tre parti fondamentali. Una è quella relativa a tutto il mondo VoIP, con la segnalazione basata sul protocollo SIP (lo standard utilizzato per l’instaurazione di sessioni multimediali). Per questo componente ci siamo basati su un nucleo centrale rappresentato da Asterisk, un noto centralino VoIP open source. Asterisk è stato ampiamente modificato per introdurre, tra le altre cose, il supporto per la moderazione delle conferenze tramite il protocollo BFCP (Binary Floor Control Protocol), di recentissima standardizzazione. Accanto a questo, c’è tutta la parte di messaggistica istantanea e di presenza, per la quale abbiamo scelto XMPP (ovvero jabber), un protocollo per lo scambio di messaggi istantanei e di informazioni sulla presenza. Tramite XMPP si può condividere il roster (cioè le informazioni sui contatti), scambiare messaggi e trasferire file. Questi due nuclei, che comunicano tra di loro, sono la parte fondamentale per quanto riguarda la messaggistica, l’audio e la segnalazione; ad essi abbiamo poi aggiunto un ulteriore componente per il supporto video, realizzato interamente da noi. Il nostro server è, in sintesi, fatto di tre elementi: Asterisk, il server Jabber (basato su Openfire, anch’esso open source) ed il server per il video-mixing sviluppato da noi (anche in questo caso sfruttando dei componenti open source per quanto riguarda la codifica e la decodifica). I tre elementi possono essere dislocati su macchine diverse o co-locati ed insieme costituiscono un’entità server integrata che può essere replicata in maniera del tutto trasparente per i client. Ciò significa che se si ha bisogno di supportare più utenti, si possono installare queste tre entità in maniera replicata su N macchine. Quello che gli utenti finali percepiranno riguarderà semplicemente l’esistenza di una conferenza alla quale possono partecipare altre entità.

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Il lato client, che rappresenta anch’esso una parte rilevante della piattaforma, ha assunto importanza con il tempo. Abbiamo lavorato moltissimo su tre aspetti. Il primo è legato alla realizzazione di un client desktop che possa essere installato più o meno alla Skype sul proprio computer, tramite un pacchetto autoinstallante, semplice ed intuitivo. Il secondo filone è quello dei dispositivi mobili: ci siamo concentrati su versioni dei client che fossero in grado di andare in esecuzione su dispositivi Iphone, Android e Blackberry, nonché su cellulari dotati di sistema operativo Symbian. Il client mobile su cui siamo più avanti con lo sviluppo è, ad oggi, Android (per il quale esiste il supporto completo di tutte le funzionalità messe a disposizione dal server di conferencing). Terzo filone di sviluppo è quello del web; abbiamo realizzato un’interfaccia molto avanzata che sta riscuotendo successo perché non richiede l’installazione di alcun plug-in, realizzando quindi un’interazione ‘pura’ del browser con il server e basandosi su javascript per quanto riguarda la parte di notifica asincrona di eventi.

Quando siete partiti che finanziamenti avevate?

Nessuno. L’esperienza accumulata nel periodo di sviluppo ci ha consentito di proporre la nostra idea di start-up a livello nazionale, sfruttando un’iniziativa di Telecomitalia: Working Capital. Non abbiamo avuto né un finanziamento tipo borsa di studio, per investigare un aspetto specifico, né tantomeno Telecom Italia si è unita alla compagine per creare una nuova società. Abbiamo semplicemente stilato una convenzione molto interessante perché da un lato noi abbiamo venduto alcune licenze a Telecom in un’ottica di beta testing (quindi non licenze classiche) e dall’altro lato loro ci hanno fornito un supporto significativo ospitandoci sulla loro ‘nuvola’ (Ospit@Virtuale), dove si fanno i deployment dei servizi innovativi. Telecom ci ha fornito gratuitamente il supporto per dieci nostri server. Questa è stata una cosa non da poco per noi perché ci ha permesso di offrire il servizio a bassissimo costo a molti utenti.

E’ stato un semplice do ut des o vi hanno pagato le licenze?

Sì, ci hanno pagato le licenze ed hanno dato il via ad una serie di iniziative per noi molto utili. Con loro abbiamo, ad esempio, portato avanti una campagna di co-marketing: noi sul nostro sito abbiamo messo il logo Working Capital e loro sul sito hanno messo informazioni su Meetecho. Infine si sono fatti coinvolgere in un progetto che adesso abbiamo appena portato in porto a livello internazionale, relativo all’impiego di Meetecho come piattaforma per il supporto alla partecipazione remota al meeting IETF di Praga, che si è appena concluso e che per noi è stato un vero e proprio successo. Abbiamo mandato in streaming in tempo reale numerose sessioni di alcuni gruppi di lavoro (IETF è organizzata in ‘Working Groups’ distinti che si riuniscono per discutere i vari ambiti possibili di standardizzazione). Normalmente si partecipa o essendo fisicamente presenti nella sala, oppure sfruttando un accesso remoto via chat (tramite jabber): in ogni sala c’è un “jabber scribe” che descrive quello che sta avvenendo, per cui chi vuole partecipare da remoto entra nella stanza associata a quella sessione e può interagire chiedendo allo scribe per esempio di alzarsi, andare al microfono e fare le domande. E’ una modalità di interazione quasi asincrona, che noi abbiamo completamente stravolto, utilizzando Meetecho e fornendo la possibilità di interagire in modalità audio e video in tempo reale, nonché, sempre in tempo reale, di vedere la presentazione. Ed effettivamente abbiamo riscosso davvero un grosso successo, portando Meetecho a diventare, con elevatissima probabilità, la piattaforma ufficiale per il supporto alla partecipazione remota ed alla registrazione delle sessioni in occasione dei prossimi meeting dell’IETF. Non male come risultato, visto che l’iniziativa l’avevamo proposta come una sorta di esperimento non formale, ovvero come un’esperienza alla quale gli altri potevano partecipare e che non richiedeva alcun impegno da parte della comunità (nonché alcuna remunerazione per noi…). L’IETF ha circa mille iscritti ad ogni meeting e la platea è seria perché vi partecipano tutte le più grandi aziende nel settore. Molti dipendenti di tali aziende ci hanno aiutato in qualità di beta tester: abbiamo organizzato delle demo con loro e ci siamo fatti dare un riscontro circa l’usabilità e l’intuitività delle funzioni offerte dal client, per capire come migliorarlo ulteriormente. Abbiamo apportato al nostro software numerose modifiche, migliorando il sistema nel suo complesso e facendoci conoscere (sul sito Meetecho gli accessi ora sono abbastanza significativi e distribuiti in tutto il mondo – una buona metà di essi, tra l’altro, proviene dalla Silicon Valley).

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Quali sono il vostro modello di business e il vostro mercato di riferimento?

Abbiamo un modello di business abbastanza flessibile che prevede due modalità diverse: la prima è quella tipica dei provider alla Telecom Italia (che l’ha infatti apprezzata) e prevede di avere tutto il lato server su una cloud gestita da noi, offrendo ai client l’accesso al servizio. Quindi, un approccio alla “Software as a Service”. Noi abbiamo un servizio di collaboration in tempo reale al quale si può accedere tramite tre modalità: da mobile, da desktop o da web. Gestiamo tutto noi: il cliente ci chiede un certo numero di stanze virtuali, specifica qual è la frequenza con cui queste stanze vanno attivate e qual è il numero di partecipanti medio previsto e noi configuriamo e rendiamo disponibile il servizio richiesto. Come proiezioni di costo abbiamo fatto un’ipotesi di 40 euro per utente al mese, con la possibilità di customizzare totalmente l’offerta a seconda del fattore di scala: ovviamente, in caso di un significativo numero di utenti, possiamo immaginare delle offerte diverse. Il secondo approccio, che abbiamo reputato molto interessante per le piccole e medie imprese, è quello di realizzare una fornitura dell’infrastruttura completa di collaborazione (comprensiva dei componenti lato server), che il cliente possa gestire in totale autonomia. Noi ci occupiamo dell’installazione ed il cliente, in house, gestisce il servizio in base alle proprie esigenze specifiche. Il team Meetecho, poi, fornisce un adeguato supporto alle attività di configurazione e manutenzione del servizio. Questo può essere uno scenario interessante sia per aziende che si vogliano dotare di un server per gestire il lavoro collaborativo dei propri dipendenti, sia per imprese di medie dimensioni, distribuite sul territorio e che vogliano dotare le varie sedi remote di strumenti di collaborazione a distanza. In questo caso, dotandosi di un’installazione server per sede ed eventualmente creando una opportuna rete VPN tra di esse, risulta possibile gestire i propri dipendenti in maniera ‘distribuita’, ma del tutto trasparente rispetto alla localizzazione. Questo è un approccio non ritenuto strategico da aziende quali Telecom Italia, per le quali non risulta proficuo concedere funzioni avanzate di controllo agli utenti finali. A noi invece piace molto perché apprezziamo l’idea di fornire un servizio che, tra l’altro, risulta completamente diverso da quello che offrono i maggiori fornitori di soluzioni di collaborazione presenti oggi sul mercato (ad es. Cisco non prevede una modalità di questo tipo).

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State portando avanti tutte e due le strade?

Sì, in parallelo. A livello di fatturato abbiamo avuto i primi clienti da poco. Abbiamo cominciato con un’azienda che si chiama “Ciaotech”, che si occupa di progetti europei, per la quale abbiamo gestito un primo evento il 28 marzo, relativo alla realizzazione di un cosiddetto webinar (cioè una sorta di conferenza virtuale tramite Internet) di concertazione periodica tra i vari partner (industriali ed accademici) coinvolti in un progetto di ricerca finanziato dal Fondo Sociale Europeo. Di eventi di tale tipo ne gestiremo, da contratto, circa uno al mese.

E’ possibile farlo in multilingua?

La piattaforma è multilingua per quanto riguarda tutti i menù di configurazione, la localizzazione del browser e quant’altro.

La parte di interazione è completamente demandata al gusto del partecipante, nel senso che, dal nostro punto di vista, l’intera architettura del sistema è agnostica rispetto alla lingua adottata in fase di erogazione di una sessione di collaborazione.

Quant’è difficile fare innovazione in Italia?

E’ difficilissimo. Penso che la situazione dell’Italia oggi sia paragonabile a quella dell’Uganda di 10 anni fa da tutti i punti di vista. Siamo un paese vergognoso in cui le risorse umane sono infinite, ma le possibilità sono pressoché nulle.

Per quanto riguarda il settore pubblico la situazione è tragica. Noi come gruppo “muoviamo” da anni tantissimi soldi. Siamo diventati un gruppo di 30 persone di cui 6 strutturati e 24 cosiddetti ‘non strutturati’ (per non dire precari della ricerca, che sarebbe il termine più adatto) e siamo riusciti fino ad un anno fa a trovare, per queste 24 persone, finanziamenti per supportare il loro lavoro. I finanziamenti li abbiamo spesso ottenuti a livello europeo , con progetti di ricerca strategica. Con i progetti italiani abbiamo lavorato altrettanto alacremente, ma subendone pesantemente l’infinita ‘lentezza’ (a titolo di esempio, potrei citarti i famigerati progetti PON del ministero). Noi abbiamo sempre lavorato sul buffer (in termini di cassa) fornito dai progetti europei. Per anni siamo riusciti a farci finanziare circa tre progetti europei in seguito a ciascuna call della comunità europea; in occasione dell’ultima tornata, però, delle nostre proposte ne è stata promossa una soltanto, con la conseguenza che da quasi due anni a questa parte l’80% dei nostri collaboratori lavora senza essere remunerato. Abbiamo un laboratorio pieno di ricercatori, di cui solo due hanno una regolare borsa di dottorato; per il resto si tratta di volontari. A rigor di legge, noi non potremmo nemmeno farli accedere ai locali del dipartimento, perché non sono coperti da nessuna forma di assicurazione.

Per quanto riguarda il settore privato, abbiamo iniziato a muoverci con i venture capitalist. Dopo l’esperienza Telecom Italia siamo entrati in contatto con i responsabili di Dpixel, con cui avremo a breve un incontro . Ci hanno proposto all’inizio di farci da tramite verso dei venture capitalist e poi ci hanno prospettato un’ipotesi di un loro coinvolgimento diretto; ma questo è ancora tutto da vedere.

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Simon Pietro Romano è nato a Napoli il 3 gennaio 1972. Dal dicembre 2002, è Ricercatore Universitario presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II, dove insegna Reti di Calcolatori, Programmazione, Calcolatori Elettronici, Applicazioni Telematiche e Computer and Network Security. È membro di numerosi comitati di programma di conferenze e workshop internazionali, nonché autore di articoli scientifici pubblicati in riviste ed atti di conferenze internazionali. Partecipa a diversi progetti di ricerca nei settori delle reti di calcolatori, dei sistemi di elaborazione distribuita e delle applicazioni telematiche, nonché alle attività di standardizzazione in ambito IETF (Internet Engineering Task Force). In particolare, nell’area RAI (Real-time Applications and Infrastructure), egli è chair del gruppo di lavoro SPLICES (Loosely Coupled SIP Devices).