IBM e l’informatica resiliente

L’edizione 2012 del Business Continuity Summit di IBM e IDC sottolinea l’importanza della virtualizzazione e del testing in tutte le strategie aziendali di disponibilità e recovery

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Parola d’ordine, resilienza. IBM (www.ibm.com/it), in collaborazione con IDC (www.idc.com), torna a dedicare al tema della Business Continuity una giornata di studio e discussione, svoltasi quest’anno in parallelo presso le sedi di Segrate e Roma. Una maratona di interventi con la giusta dose di inquadramento teorico del problema della cosiddetta informatica ad “alta disponibilità” e del suo risvolto speculare, il Disaster Recovery. Ma che è stata caratterizzata da una utilissima componente di hands on, incluso un intervento di Conad del Tirreno, uno dei clienti che usufruisce dei servizi erogati dal data center IBM di Settimo Milanese.

Nel termine resilienza, preso in prestito dalla fisica dei materiali, vanno oggi a confluire i due aspetti della disponibilità e del ripristino di dati e servizi nell’eventualità di un incidente di grossa portata. Una disciplina, hanno sottolineato gli oratori intervenuti nella prima parte del Business Continuty Summit 2012, che ovviamente ha una forte base di tecnologie e strategie di rafforzamento e duplicazione delle risorse, ma che deve entrare sempre più a far parte del modo di lavorare di una grande azienda. Come ha per esempio sottolineato Susanna Buson, responsabile Unicredit del Group Business Continuity & Crisis Management (www.unicredit.it), non è più possibile scindere l’aspetto della robustezza di una infrastruttura, la sua capacità di resistere alle situazioni di crisi e di riguadagnare nel più breve tempo possibile la sua originale integrità (è questo il significato profondo del termine resilienza), da quello dei processi, dell’operatività quotidiana. Le grandi organizzazioni devono insomma saper orchestrare anche il loro lavoro intorno alle infrastrutture resilienti in modo da ridurre il margine di errore, di non disponibilità o di vero e proprio disastro.

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Virtualizzazione, Cloud e recovery

Come ha spiegato Jean Bozman, vicepresidente IDC (www.idc.com) per le ricerche nell’ambito degli enterprise servers, strategie che un tempo ruotavano sulle piattaforme di “clusterizzazione”, nell’epoca del Cloud computing stanno velocemente migrando verso una virtualizzazione che consente, da un lato, di disporre più facilmente di risorse di calcolo e storage duplicato e, dall’altro, abilita nuove modalità di esecuzione delle procedure di recovery, in cui servizi e informazioni vengono logicamente allocati a nuovi pezzi dell’infrastruttura.

Dietro la possente spinta della virtualizzazione, diventa fondamentale nelle strategie di continuità delle aziende, la componente del servizio, come quello che IBM è in grado di erogare attraverso i suoi centri di Business Continuity & Resiliency Services (Bcrs): 160 nodi in 70 nazioni per un totale di oltre 370mila metri quadri di data center e 32mila postazioni di lavoro. Nei suoi 40 anni di esperienza di servizi di continuità infrastrutturale e Disaster Recovery, IBM ha accumulato un portafoglio di 12mila clienti a livello mondiale. In Italia il servizio Bcrs poggia sui due centri di Settimo Milanese e di Roma. Nella giornata del Summit è dal primo di questi centri che Silvio Torracchi, responsabile infrastrutturale di Conad Tirreno (http://www.conad.it/conad/it/home/global/cooperative/conadtirreno.html – 211mila metri quadri di superficie di vendita per 7mila dipendenti), ha illustrato un piano di contingenza che nel giro di 72 ore da un evento incidentale al nuovo data center Conad di Pistoia, è in grado di ripristinare tutti i servizi critici per lo svolgimento delle attività nei supermercati e nella catena logistica.

 La Business Continuity

L’intervento del “guru” dei data center Marco Negri, Ceo della società Reorder (www.reoder.it), si è focalizzato sulle caratteristiche di un moderno data center resiliente. Il caso di studio presentato da Negri ha riguardato il nuovo centro di calcolo “green” inaugurato lo scorso autunno a Ferrere, nella provincia di Pavia, dall’Eni. In conclusione, Stefano Tirasso IT Specialist e Maurizio Benassi, technical architect di IBM, hanno presentato l’intera linea di soluzioni hardware, storage e management, sottolineando l’importanza di una strategia di High Availability funzionale al livello di servizio delle applicazioni di business e saldamente appoggiata su una “data strategy” troppo spesso trascurata dalle aziende. A corollario di un valido piano di contingenza c’è però una questione che vede l’Italia in ritardo rispetto alla cultura della Business Continuity di stampo anglosassone: il testing delle soluzioni e la simulazione e l’addestramento alle situazioni di emergenza. Come ha sottolineato Patrick Corcoran, responsabile IBM per lo sviluppo globale dei servizi Bcrs, non esiste vera continuità di business, se infrastrutture e capitale umano non sono allenati nella puntuale esecuzione delle manovre definite dai piani di contingenza.

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