Smart City Expo: Le città del futuro


«Le città di oggi, le hanno fatte uomini di ieri. Noi abbiamo tutto il diritto di pensare a quelle di domani, senza complessi, a patto che l’obiettivo sia questo: il domani. Fare oggi città per l’oggi, significa farle nascere vecchie. Le tecnologie dovranno pervadere tutto e poi scomparire ai nostri occhi» – Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab, MIT

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

 

Barcellona – Le città spesso sono sinonimo di traffico, di inquinamento, di sprechi energetici, di burocrazie inefficienti, d’insicurezza, di precarietà. Il 50% della popolazione mondiale vive in città, la concentrazione della popolazione e delle attività economiche significa che le città sono fondamentali per il successo dello sviluppo globale. Secondo le Nazioni Unite, il 75% della popolazione vivrà nelle città entro il 2050. Questo richiede una riflessione su come le nuove città saranno in grado di assorbire la popolazione e gestire le risorse esistenti, per garantire la qualità della vita dei loro abitanti in modo sostenibile.

È fondamentale perciò interrogarsi su come si possa avviare uno sviluppo urbano sostenibile, sfruttando la tecnologia per rendere la città moderna un luogo privilegiato di efficienza e risparmio energetico, di rispetto dell’ambiente e di accessibilità. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita per tutti grazie a uno sviluppo delle città sostenibili, sia a livello economico che ambientale.

Lo Smart City Expo che si è tenuto a Barcellona dal 29 novembre al 2 dicembre è stato il primo evento europeo con un approccio globale sulla città intelligente con lo scopo di contribuire a rispondere alle sfide che si presenteranno con questo scenario.

Il termine Smart City definisce quelle città in cui si applicano soluzioni innovative in settori come la mobilità, l’ambiente, l’informazione e le tecnologie della comunicazione (ICT), l’urbanistica, il consumo di energia, l’economia della conoscenza al fine di garantire uno sviluppo economico sostenibile in un ambiente che offra una buona qualità della vita ai cittadini.

Il Congresso è stato un punto di incontro per i responsabili di pubbliche amministrazioni, esperti, professionisti in diversi settori e aziende. L’evento ha fornito le chiavi per comprendere lo sviluppo e il funzionamento delle città intelligenti e per trovare le risorse per finanziare iniziative di questo tipo in un momento di restrizioni di bilancio. I prestigiosi e numerosi relatori provenienti da tutto il mondo hanno discusso in merito alle sfide future da affrontare: come coniugare la crescita urbana e lo sviluppo sostenibile? Come promuovere sistemi di trasporto ecologici in un contesto di rapida crescita della popolazione? Come finanziare e realizzare progetti efficaci nel contesto attuale di restrizioni di bilancio?

Hanno partecipato al congresso nomi eccellenti, come Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del Massachusetts Institute of Technology (MIT), Anthony Townsend, direttore della ricerca presso l’Institute for the Future, Jeremy Rifkin, fondatore della Fondazione on Economic Trends; Abha Joshi-Ghani, capo dello Sviluppo Urbano della Banca mondiale, Anne Altman, managing director, Public Sector, IBM, Gunter Pauli, fondatore di Zeri, Neil Gershenfeld, direttore del Center for Bits and Atoms del MIT.

Il ruolo che le città svolgono in un evento come lo Smart City Expo & World Congress è di fondamentale importanza dato che non sono solo recettori di cambiamenti, ma anche la forza motrice principale delle trasformazioni. Per questo motivo, le esperienze accumulate di quelle città che hanno già implementato intelligenti iniziative sono decisive. Volendo sfruttare questa conoscenza, l’evento ha riservato particolari spazi nel programma, per la presentazione di casi pratici che hanno dimostrato come sia possibile implementare con successo questi modelli in diverse parti del pianeta.

Cinquanta città rappresentate dai loro sindaci hanno partecipato alla manifestazione, tra cui Bangalore, Birmingham, Bologna, Boulder City, Buenos Aires, Malaga, Parigi, Portland, Rio de Janeiro, San Francisco, Santander, Santiago del Cile, San Paolo, Seoul, Sidney, Tongxian e Vitacura.

Pilar Conesa, direttore di questa prima edizione dello Smart City World Congress, ci ha spiegato perché si è deciso di organizzare lo Smart City Expo. «L’idea è nata circa un anno fa per due ragioni: la prima è che Barcellona stava combattendo per diventare “the mobile world capital” e l’altra è che la città di Barcellona stava applicando un rigoroso programma per diventare una smart city. La sfida è stata quella di dimostrare che Barcellona è una città in cui si possono organizzare differenti eventi di portata mondiale, ma allo stesso tempo costruire delle sinergie e realizzare grandi progetti attorno a una smart city». E quali sono stati i risultati della manifestazione? «Ci sono state più di 100 aziende nell’area espositiva – ha raccontato Conesa – e abbiamo avuto più di 6.000 visitatori per l’evento. Menzione speciale deve essere fatta all’internazionalismo della manifestazione con il 42,5% di visitatori provenienti da 51 Paesi dei cinque continenti e speakers tra i più competenti sul tema delle città intelligenti». Interrogato poi sull’importanza della tecnologia per migliorare la vita delle persone, Conesa ha risposto: «L’obiettivo finale dello Smart City Expo è di migliorare la qualità della vita degli esseri umani anche se la tecnologia e l’innovazione sono necessari, ma non bastano da soli. Per esempio grazie all’uso di sensori che danno informazioni online su ciò che sta accadendo nella città si può migliorare il sistema di gestione urbano dei servizi e allo stesso tempo dare ai cittadini le informazioni in tempo reale».

 

L’ICT, le città e gli abitanti

Il primo giorno è stato dedicato all’ICT e al rapporto con la vita delle città e dei loro abitanti. Quando è il momento migliore per innaffiare un parco? Quando deve essere raccolta la spazzatura? Fino a poco fa rispondere a queste domande era fantascienza. Oggi invece l’installazione di sensori collegati in rete permetterà di monitorare una città, in tempo reale.

Grazie alle moderne tecnologie, le città possono ora essere trasformate in esseri sensoriali che comunicano i loro bisogni e le loro risposte a determinati scenari in tempo reale. Al fine di rispondere efficacemente alle sfide in settori quali la mobilità, l’energia e l’ambiente, le città di domani devono creare sistemi in grado di gestire l’enorme quantità di dati generati dai loro residenti e dalle infrastrutture.

Questa è una delle idee fondamentali alla base del concetto di Smart City ed è stato anche il tema centrale del discorso tenuto dal keynote speaker Carlo Ratti, direttore del Senseable City Laboratory del MIT.

Ratti ha iniziato il suo discorso con una bella immagine della Ferrari mettendo a confronto i cambiamenti che ci sono stati in Formula 1 negli ultimi 20 anni, grazie all’introduzione delle nuove tecnologie, con i cambiamenti cui le città saranno sottoposte. 20 anni fa, gli ingegneri cercavano di realizzare motori più performanti e una migliore aerodinamica. Tuttavia, questi progressi da soli non erano sufficienti a garantire la vittoria: tutti i team di Formula 1 ora raccolgono e analizzano i dati su centinaia di parametri relativi al veicolo, la pista e le condizioni di gara, al fine di prendere le decisioni migliori in ogni istante. Secondo Ratti, la città del futuro dovrà funzionare in modo analogo. I centri urbani già generano migliaia di dati in tempo reale, quindi, ora è necessario dotarsi di strumenti per l’analisi e la previsione.

Per illustrare le potenzialità di questo concetto, Ratti ha condiviso i risultati di vari progetti in corso del Senseable City Lab del MIT. In un esempio, ha mostrato una mappa della Spagna in cui l’attività della carta di credito era stata rintracciata, rivelando l’intensità e il tipo di transazioni di commercio nel corso di diversi giorni. Un’altra mappa ha indicato la strada percorsa da diversi tipi di rifiuti che erano stati depositati in contenitori dotati di sensori Gps.

Leggi anche:  TS Nuovamacut presenta il primo sistema compatto ed ecosostenibile per il post processing della stampa 3D

Durante la sessione plenaria vari esperti hanno discusso i modi migliori per le città per adottare la visione delineata.

Gerardo Marco, direttore commerciale di Libelium, ha raccontato un esempio reale dell’uso di questa tecnologia nelle città: «Uno dei più importanti progetti di smart city in Europa è Santander: la tecnologia è utile per esempio per identificare i posti liberi in un parcheggio usando un sensore magnetico, oppure con la stessa tecnologia si può misurare la qualità dell’aria o la temperatura, la quantità di CO2, il livello di rumore per identificare in quali aree tale livello è superiore a quello consentito dalla legge, o valutare l’uso dell’acqua in un giardino pubblico per stabilire quando il campo necessita di irrorazione».

Per Irene Compte, di Urbiotica, «la tecnologia utilizzata nei nostri progetti a Barcellona, Figueres, Sant Cugat (Spagna), Nizza e Parigi (Francia) e Monaco (Germania), è una combinazione di sensori wireless attivi che sfruttano un livello di comunicazione composto da gateway e il Wi-Fi/Gprs/rete in fibra presenti in città, e dei componenti middleware software in grado di raccogliere, memorizzare e analizzare i dati in tempo reale».

La pianificazione urbanistica

La pianificazione urbanistica e le sfide in termini di governo e di finanziamento sono stati i temi affrontati nella seconda giornata.

Nei prossimi cinque anni, l’India prevede di costruire 6 mega città nel corridoio industriale tra Delhi e Bombay, tutte più grandi di 360 kmq. Anche il Governo cinese ha in progetto qualcosa di simile con la costruzione di varie città vicino Pechino nei prossimi cinque anni. Pur essendo relativamente casi rari, costruire nuove città non sarà un semplice aneddoto e, insieme con l’espansione, ristrutturazione e trasformazione delle città esistenti, saranno i due campi di battaglia più importanti della pianificazione nel settore delle smart city.

La trasformazione delle città in corso sarà un impegno di importanza ancor più della creazione di città nuove, in cui l’urbanistica deve svolgere un ruolo centrale. L’introduzione di criteri intelligenti e sostenibili nella creazione di nuovi quartieri, la progettazione di mezzi di trasporto e infrastrutture, la costruzione di nuove abitazioni e la ristrutturazione di quelle esistenti, la ristrutturazione e ampliamento delle reti di fornitura dei servizi saranno alcune delle responsabilità di urbanisti e architetti.

La domanda chiave, secondo l’architetto Vicente Guallart è chiedersi cosa sia esattamente una città. «Siamo in grado di sezionare un corpo umano e medici da tutto il mondo riconoscono la stessa anatomia e terminologia per risolvere o indagare su un problema particolare. Oggi non possiamo fare lo stesso con le città». Bisogna elaborare un modello in grado di definire l’anatomia delle città, basato su cinque grandi sistemi per le aree di informazione, acqua, energia, mobilità e produzione. 

Ambiente ed energia

Le sfide nei settori dell’ambiente e dell’energia sono state il fulcro della terza giornata.

La crescita urbana e lo sviluppo economico hanno sempre condiviso lo stesso elemento, l’energia. Le città rappresentano il 2% della superficie del pianeta, ma consumano il 75% dell’energia generata. Se aggiungiamo l’esplosione demografica prevista dalle Nazioni Unite e il fatto che un terzo dell’energia è persa nel trasporto e nella distribuzione di centri di produzione, la conclusione è che il modello di produzione attuale si esaurirà e quindi le città intelligenti avranno un ruolo fondamentale per il futuro.

Lo sviluppo di reti intelligenti insieme con l’installazione di contatori intelligenti, la diversificazione delle fonti e l’impegno per la generazione urbana consentirà una gestione più efficiente e sostenibile delle risorse disponibili.

Jeremy Rifkin ha colto l’occasione per presentare quella che lui non esita a chiamare «terza rivoluzione industriale», una rivoluzione non basata sull’energia nazionale, ma su quella continentale, fatto che porterà alla democratizzazione dell’energia: dovrà essere alla portata di tutti, come accade oggi con il Web. In questa nuova configurazione, ogni realtà locale sarà un nodo (come accade in una rete Wi-Fi) e si creeranno nuovi posti di lavoro.

Per garantire il risparmio energetico sarà però necessario andare oltre le fonti rinnovabili, puntando anche su bioedilizia bioagricoltura: l’ICT e Internet diventeranno il sistema nervoso tramite cui gestire l’energia distribuita negli edifici.

Nelle prime 12 settimane di attuazione, il programma pilota nella città inglese di Birmingham, è riuscito a ridurre le bollette domestiche del 60% e ridurre le emissioni di CO2 di 12 tonnellate. Questi progressi hanno un effetto diretto sulle economie urbane e la loro capacità di crescita, rendendole più competitive. Un recente studio condotto dalla società di consulenza McKinsey ha dimostrato come ogni dollaro di prodotto interno lordo generato a Santiago del Cile richiede il 60% di energia in più di quella necessaria a Helsinki, Finlandia, nonostante la differenza di condizioni ambientali e di costi di produzione, rendendo Santiago una città meno competitiva. 

Trasporti e mobilità

Nell’ultimo giorno il congresso si è occupato di trasporti e mobilità, sottolineando l’importanza del veicolo elettrico.

Il trasporto urbano ha un impatto diretto sulla qualità della vita dei cittadini: consuma energia, genera la maggior parte dei gas serra e comporta un sacco di tempo trascorso in viaggio. Questo diminuisce anche la produttività di una città e le ore che potrebbero essere dedicate al tempo libero. Una delle sfide principali della città intelligente è quello di introdurre un modello di trasporto integrato e modelli di gestione del traffico in grado di ottimizzare il tempo trascorso, l’energia consumata e le sostanze inquinanti emesse.

Iniziano a emergere nuove soluzioni di mobilità, quali l’introduzione del veicolo elettrico, l’utilizzo di risorse condivise (car sharing e car pooling) e sistemi per la gestione del traffico in tempo reale grazie a sistemi di interconnessione dei veicoli con la rete stradale tramite sensori installati sia nelle infrastrutture sia nelle automobili. 

Un mercato da 1,2 miliardi di dollari

Oltre ai convegni, era presente anche un grande spazio espositivo nel quale le imprese innovative, le città e le istituzioni hanno presentato i loro progetti e prodotti.

Aziende come Abertis, Accenture, Acciona, Agbar, Atos, Cisco Systems, CSC, Enel, Endesa, Ferrovial, Gas Natural, IBM, Indra, Ros Roca, Siemens, Schneider Electric, Telefónica e Urbaser erano presenti.

Si stima che il settore delle smart city potrebbe generare un mercato del valore di 1,2 miliardi di dollari nei prossimi anni. L’importanza di questo nuovo settore industriale è stata confermata con la creazione, in varie multinazionali, di divisioni specifiche che comprendono prodotti e soluzioni per trasformare le città esistenti in città intelligenti, come IBM, Cisco, Accenture.

A Barcellona abbiamo incontrato Riccardo Bianchi, vice president Government & Healthcare Industries, Southwest Europe di IBM, che ci ha detto: «Siamo partiti nel 2008 a declinare il concetto di smart city all’interno del programma Smarter Planet e oggi a distanza di 3 anni abbiamo circa 2.000 progetti che sono stati realizzati, dei quali circa il 30% in Europa». Quindi non è un’utopia? «Il percorso deve essere incrementale e pragmatico partendo dal punto di vista che ogni città è differente, bisogna creare una roadmap intelligente di progetti che incrementalmente aumentino la qualità della vita. In quest’ottica, in Italia a Bolzano, abbiamo realizzato un progetto dedicato agli anziani». Ma c’è una reale domanda degli utenti? «Oggi – ha risposto Bianchi – le città competono tra loro per quanto riguarda i giovani, gli studenti e le famiglie e quindi c’è un’attenzione crescente ai servizi che una città offre in termini di qualità della vita (trasporti, sanità ecc.). Il percorso è sfidante e richiede grande leadership, ma la strada è tracciata».

Tra i progetti realizzati da IBM spicca il nuovissimo Operations Center di Rio de Janeiro, Brasile. In preparazione per la Coppa del Mondo nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016, la città sta collaborando con IBM per realizzare un centro che aiuterà i meteorologi, i geologi e la protezione civile ad accelerare drasticamente attività di emergenza in caso di catastrofi naturali. Il Centro integra e interconnette informazioni provenienti da diversi dipartimenti governativi ed enti pubblici per migliorare la sicurezza della città e la risposta a vari tipi di incidenti, tra cui inondazioni improvvise e frane.

Leggi anche:  L’economia eco-digitale raddoppierà nei prossimi cinque anni

Per Nicola Villa, direttore Public Sector Internet Business Solutions Group di Cisco, «la tecnologia rende tutte le altre utility cittadine come l’acqua i trasporti molto più efficienti e intelligenti. Sia a livello infrastrutturale che socioeconomico, la tecnologia dà una grande mano».

«Stiamo facendo grossi progetti per la costruzione di grandi città in Cina e Medio Oriente – ha aggiunto Villa -, ma anche con città esistenti. Stendiamo infrastrutture di rete per assicurare connettività e banda larga e abbiamo una serie di programmi e soluzioni di service delivery platform, praticamente dei data center integrati che estraggono dati da tutte le reti che ci sono in città, li vanno a convergere e poi abilitano la creazione di applicazioni intelligenti sopra le infrastrutture». È più semplice fare queste attività in nuove città? «Dal punto di vista di pianificazione – ha concluso Villa – è più facile integrare l’ICT in nuove città, per quelle esistenti cambiano i modelli di riferimento, si agisce molto di più sulla parte dati che non sulla parte infrastrutturale. L’Italia è un riferimento per molti per l’innovazione che riusciamo a produrre, il problema è che spesso non c’è scalabilità, gli altri ci copiano e fanno quello che facciamo noi su una scala molto più larga».

Yokohama, Nizza e Agbar, sono stati i primi vincitori dello Smart Awards World City. Nella categoria delle città, il premio è andato a Yokohama, che ha vinto per essere riuscita a combinare in modo efficace diverse tecnologie per ridurre le emissioni di CO2 e la sua dipendenza dai combustibili fossili. 

La città di Nizza ha ricevuto il premio nella categoria “progetti” per la proposta di gestione integrale della mobilità urbana. Nella categoria “soluzioni” ha vinto il sistema idrico integrato della città di Agbar.

Nell’ambito di Smart City Expo, abbiamo incontrato anche due giovanissimi ragazzi italiani, Monica e Fabrizio di Media Haka, che per realizzare la loro startup si sono trasferiti in Spagna presso l’incubatore di Barcelonactiva. Il loro progetto Hypermedia City ha lo scopo di misurare quanto e come una città utilizza le potenzialità del Web 2.0. L’obiettivo è capire in che maniera i principali players della urban innovation utilizzano le tecnologie interattive e i media digitali per rendere le città più smart. 

La vera sfida comincia ora, quando le luci della ribalta si sono spente, questo congresso ha dimostrato che le città intelligenti sono molto più che un insieme di tecnologia ed efficienza energetica. Sono anche nuovi modelli di business e di governance, creazione di nuove imprese, innovazione e posti di lavoro; è necessario sempre mettere il cittadino al centro di tutto al fine di migliorare la nostra qualità della vita. Speriamo di riuscirci.


Data Manager: Come saranno le città del futuro?

Carlo Ratti: L’architettura risponde all’uomo, e i suoi bisogni fondamentali non sono cambiati molto nei secoli: siamo fatti per camminare in orizzontale, ma possiamo impilare in verticale una serie di spazi adatti per questo, connetterli con scale e isolarli con pareti.

La forma delle città probabilmente non dovrà cambiare molto, invece cambierà il modo in cui questa forma dovrà fornire le funzioni che ci aspettiamo da lei. Ma con una tecnologia sempre meno voluminosa, non è detto che questo processo risulti evidente quanto altri in passato.

Quale deve essere il ruolo delle tecnologie?

Le tecnologie devono fare quel che noi vogliamo, al posto nostro. Possiamo insegnar loro ad assolvere compiti dei quali non vogliamo gravarci, ma dei quali vogliamo cogliere i benefici. Pensi solo a un condizionatore d’aria, cui affidiamo molta parte del nostro benessere, già oggi. Ma ovviamente questo è un piccolo esempio, come anche il poter tracciare itinerari in pochi secondi. Però, solo dieci anni fa, era necessario impazzire tra stradari con matite ed evidenziatori. Le tecnologie dovranno pervadere tutto e poi scomparire ai nostri occhi. Anzi: dovranno pervadere proprio per scomparire.

In Italia siamo molto indietro, perché? Problema culturale o mancanza di vision?

La mancanza di vision è un problema culturale di per sé, ma non sottovaluterei tanto facilmente l’Italia, esistono campi in cui la nostra arretratezza è tanto evidente proprio perché ci sono tutti i presupposti per ottenere, al contrario, i migliori risultati. E siamo molto bravi a rientrare dalla finestra dopo essere usciti dalla porta, le cose possono cambiare molto velocemente.

Non crede che per costruire le città del futuro dovrebbero prima esserci uomini diversi da quelli di oggi?

Le città di oggi, le hanno fatte uomini di ieri. Noi abbiamo tutto il diritto di pensare a quelle di domani, senza complessi, a patto che l’obiettivo sia questo: il domani. Fare oggi città per l’oggi, significa farle nascere vecchie.

Quali sono le ultime frontiere su cui state lavorando al Senseable City Laboratory?

Abbiamo in corso molti progetti, diversi hanno a che fare col real time e col mappare situazioni, piuttosto che luoghi. È importante perché vedere un fenomeno, per chiunque, è più importante che sentirne parlare, sia che si tratti di inquinamento sia di frequenza delle comunicazioni sia di traffico.


Data Manager: Qual è il ruolo delle risorse energetiche nella partita delle smart city?

Livio Gallo: Le città consumano mediamente tra il 60% e l’80% della produzione energetica mondiale e sono responsabili della maggior parte delle emissioni di gas clima alteranti. A tutto ciò si aggiunge la forte urbanizzazione che entro il 2020 porterà la quota di persone che vivono in città dal 50% al 59%. In tale scenario, le aree urbane si configurano come principale causa delle emissioni di CO2, ma anche come soluzione del problema, essendo sede di potenziali di efficientamento energetico significativi. Muovendo verso un futuro “Low carbon”, le città diventano intelligenti “Smart City”. Le città intelligenti coniugano, in un unico modello urbano, tutela dell’ambiente, efficienza energetica e sostenibilità economica. Un luogo dove infrastrutture, energetiche e non, servizi e tecnologia si uniscono per offrire un centro abitato a misura d’uomo, in cui il risparmio energetico, la riduzione delle emissioni, il controllo dei consumi entrano a far parte della vita quotidiana dei cittadini, delle amministrazioni e delle aziende. I progetti “smart city” aggrediscono tutte le aree di “inefficienza energetica” nell’ambito del contesto cittadino e sono un puzzle di misure diversificate che vanno dall’efficientamento dei building e la home automation al potenziamento della rete di distribuzione dell’elettricità in ottica “smart”, cosiddetta “smart grid”, dall’integrazione degli impianti a fonte rinnovabile al coinvolgimento attivo dei consumatori finali nella gestione intelligente dei propri consumi e alla mobilità elettrica.

Gli interventi sulla rete di distribuzione dell’energia elettrica finalizzati ad accrescerne le potenzialità, in termini di maggiore capacità d’integrazione di impianti a fonte rinnovabile, migliore livello di qualità del servizio fornito ai clienti e abilitazione di nuovi servizi come la partecipazione attiva dei consumatori nella gestione dei propri consumi e una mobilità elettrica diffusa, rappresentano l’impalcatura basilare per lo sviluppo di una città intelligente. Le smart grid, infatti, coniugano l’utilizzo di tecnologie tradizionali con soluzioni digitali innovative che rendono la gestione della rete elettrica esistente maggiormente flessibile, attraverso uno scambio di informazioni più efficace, garantendo pertanto una maggiore efficienza nella sua gestione e quindi una maggiore qualità del servizio fornito all’utente finale. 

Leggi anche:  In uscita Apple CarPlay 2: ecco come sarà

Quali sono i progetti di Enel attivi in questo settore?

Enel Distribuzione è una delle principali utility che opera nel settore delle smart grid e delle smart city a livello europeo e mondiale. Oltre a essere attiva nella realizzazione di progetti, è coinvolta in gruppi di lavoro europei e internazionali al fine di sviluppare nuove tecnologie per l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni di CO2.

Le prime città pilota, in Italia, coinvolte nel progetto di sviluppo di una città intelligente con il supporto di Enel Distribuzione, sono Genova (611mila abitanti, 378mila clienti, obiettivo di riduzione -24% rispetto alla baseline di emissioni di 2,3 Mln di tonnellate di CO2) e Bari (320mila abitanti, 180mila clienti, obiettivo di riduzione -30% rispetto alla baseline di emissioni di 1,1 Mln di tonnellate di CO2).  Le principali aree di intervento previste riguarderanno le smart grid per l’integrazione delle fonti energetiche rinnovabili, lo sviluppo della mobilità elettrica grazie alle infrastrutture di ricarica, pubbliche e private, di Enel e lo sviluppo di soluzioni avanzate di “Active Demand” per garantire ai clienti finali una partecipazione attiva nella gestione dei propri consumi elettrici. Inoltre la soluzione “Archilede”, i Led efficienti sviluppati da Enel, consentirà di aggredire le inefficienze della pubblica illuminazione. Tali interventi contribuiranno per circa il 30% al raggiungimento del target di riduzione delle emissioni di CO2 che le due municipalità hanno fissato.

Gli altri progetti che Enel sta realizzando sono: Buzios in Brasile, Barcellona e Malaga in Spagna.

 


Data Manager: Come è nato il progetto The Enabling City?

Chiara Camponeschi: The Enabling City è basato sulla ricerca che ho condotto nel corso del Master di Studi Ambientali. Come studente ero interessata al concetto di cittadinanza attiva e di come diverse comunità di tutto il mondo contribuiscono a una comprensione sfumata della sostenibilità attraverso progetti innovativi che celebrano il ​​potenziale della risoluzione dei problemi dei “non addetti ai lavori”. Durante le mie ricerche, ho raccolto  prove e testimonianze di iniziative che hanno affrontato le questioni della sostenibilità urbana e della governance partecipativa. Tutto ciò è stato  documentato in un toolkit free e rilasciato sotto licenza Creative Commons nel quale ho dettagliato la mia visione per rendere  le città  più inclusive, vivibili e resistenti.

Le storie che hai raccontato dimostrano che non c’è altra via per lo sviluppo? Utopia o realtà?

Credo che la collaborazione sia efficace quando vi è diversità (di utenti, competenze, dei contesti ecc.). Per questa ragione, non caldeggio una singola strada verso lo sviluppo sostenibile, ma piuttosto cerco di fornire una piattaforma a cui gli altri possano attingere per l’ispirazione. La mia speranza è che, presentando una serie di iniziative creative e strumenti emergenti (sia nel mio kit di strumenti e attraverso il mio feed Twitter), le persone si sentano costrette a sperimentare i metodi e gli approcci che meglio facilitano il tipo di cambiamento che è necessario nella loro comunità. Non vi è nessun modello vincente, ma credo che sia proprio questa flessibilità a tempo indeterminato che dà forza a nuovi progetti di collaborazione.

In quale parte del mondo si sta diffondendo di più l’innovazione sociale?

Il motivo per cui credo che il pensiero sociale innovativo promette tanto è il fatto che non si limita a una particolare regione o a una specifica impostazione culturale. L’innovazione può scaturire da frustrazione, da esigenze concrete, da una voglia di sperimentare e migliorare le cose. Per questo motivo, può prosperare in luoghi dove la sperimentazione sociale è già in fase avanzata e celebrata (in città come Toronto o New York, per esempio) o può emergere in luoghi dove l’innovazione funge anche da infrastrutture sociali in sé, nelle città come Roma o Buenos Aires, per citarne solo alcune. Quello che mi affascina, e dove penso che ci sia più da cui imparare, non è necessariamente il “dove” si fa innovazione, ma il “perché” e “chi” ne è protagonista.
Quali sono i principi di base per creare una città intelligente?

Le ICT hanno contribuito a sostenere la diffusione di iniziative socialmente innovative e a creare reti di best practices che amplificano il lavoro dei leader delle comunità. Esse continuano a contribuire in modo significativo al fenomeno degli open data e al movimento dell’open government oltre a dare voce a gruppi che sarebbero altrimenti esclusi dai processi decisionali che li riguardano. Al tempo stesso, però, penso che ci sia una reale necessità di esaminare il ruolo che la tecnologia gioca in una città intelligente e assicurarsi che non stiamo ponendo l’accento sulla crescita o sull’efficienza o sulla massimizzazione di per sé, ma piuttosto sulla creazione di nodi connessi in una rete più ampia di città che siano più armoniose, umane e abilitanti.

 


Data Manager: Nelle città del futuro come sarà la mobilità?

Luigi Telesca: La mobilità non sarà più concepita in termini individuali, bensì sociali. Grazie all’Internet del futuro, all’Internet delle cose e a piattaforme di servizi evolute chiunque potrà gestire in maniera intelligente i propri spostamenti. Si cercherà di rispondere infatti a due fondamentali principi: rendere gli spostamenti ecosostenibili, incentivando l’utilizzo del trasporto pubblico e incentivare una logica sociale di condivisione della mobilità, non solo spostarsi da A a B, ma utilizzare il tempo per lo spostamento come opportunità per la socializzazione e conoscenza. Il tutto renderà la vita migliore facendo riappropriare le persone del loro ruolo sociale che ci è stato tolto da un iper individualismo che ha portato a una non sostenibilità dei trasporti. Troppe macchine per poche persone e un decadimento della sostenibilità e qualità percepita del trasporto pubblico.

La tecnologia come abilita questi nuovi processi?

Dobbiamo incominciare a pensare concretamente allo sviluppo ecosostenibile. Sappiamo che molti sono i problemi causati dall’inquinamento ed è nostra responsabilità prenderne atto e fornire delle soluzioni concrete attraverso l’uso delle tecnologie dell’innovazione. Grazie a un’evoluzione importante del mobile computing, ai social network, alle piattaforme Cloud e a un incremento dell’informazione prodotta da sensori, siamo in grado di unire all’intelligenza tecnologica la capacità collaborativa umana, la cosiddetta capacità di fare networking. Se le Pubbliche Amministrazioni decidessero di mettere a disposizione anche i dati in formato aperto, il mix sarebbe perfetto e le possibilità di innovazione sarebbero pressoché infinite.

A cosa state lavorando ora nelle vostre ricerche?

Abbiamo appena ottenuto un importante finanziamento di 10 milioni di euro per il progetto. La piattaforma verrà costantemente aggiornata attraverso dati raccolti da Google, dai social network, dai sensori stradali e meteorologici, da telecamere e dagli stessi utenti che, attraverso cellulare, potranno inserire informazioni utili direttamente nel sistema. In questo modo sarà possibile avere una sorta di “Tom Tom” in grado non solo di fornire indicazioni stradali, ma di scegliere quale opzione di trasporto è più conveniente per ridurre i tempi, la durata di percorrenza, i costi e l’impatto sull’ambiente. Il progetto verrà sperimentato all’interno di alcune delle città e province più grandi d’Europa: Milano, Barcellona ed Helsinki.

Nel mondo la mobilità è ecosostenibile, in Italia cosa accade?

Ci sono iniziative importanti di car sharing e qualche iniziativa di car pooling. A Milano si sono fatti sforzi per integrare anche il bike sharing, ma siamo ben lontani dal fornire una multimodalità integrata. Legambiente si è fatta promotrice di numerose iniziative in questo senso, come la centrale di mobilità a Milano, ma il problema principale rimane la mancanza di dati provenienti da diverse organizzazioni pubbliche e da domini amministrativi diversi. Le entità operanti nel settore della mobilità non sono molto disponibili a condividere dati e a volte la PA è ostaggio di egoismi e lotte di potere. Il progetto Superhub vuole offrire una possibilità e degli incentivi per condividere dati in modo sicuro e con un potenziale Roi.