Virtualizzare il personal computer


Avere sempre e dovunque a nostra disposizione il nostro personal computer senza dovere trasportare nulla e senza doverci preoccupare dell’hardware. Prendere in mano un qualsiasi dispositivo da qualunque parte e vederlo trasformarsi nel nostro Pc. Un sogno che, forse, si sta realizzando

Siamo onesti; al nostro vecchio caro Pc siamo affezionati. Lo abbiamo configurato come ci serve, con le nostre applicazioni, i nostri dati organizzati secondo la nostra logica, con i nostri archivi, che magari rimangono inutilizzati per molto tempo, ma quando servono sono lì pronti. Questo però ha un prezzo, che diventa sempre più elevato. Sempre più spesso, siamo costretti a portarlo con noi. Dobbiamo ricordare tutti gli accessori. Dobbiamo costantemente fare back-up e a molti di noi la storia ha insegnato cosa significa non farlo. Quando si rompe o diventa insufficiente, inizia il delirio della reinstallazione, del recupero dei dati, della configurazione.

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Oggi tutto questo è ancora necessario? Ormai il termine virtualizzazione fa parte della nostra esistenza quotidiana. Si virtualizza tutto: server, storage, applicazioni. Ma il nostro computer viene sempre più spesso a spasso con noi. È quindi spontaneo domandarsi quanto è lontano il momento in cui la nostra scrivania elettronica potrà migrare istantaneamente, o quasi, da un hardware all’altro.

Come sempre abbiamo girato la domanda a chi si occupa ormai da molto tempo del problema, in quanto ci è sembrato che i tempi siano quasi maturi. E le risposte che abbiamo avuto sembrano confermarcelo.

L’offerta

L’offerta è abbastanza diversificata, sintetizza Vincenzo Messina, senior solution strategist di CA Technologies (www.ca.com/it), «e va dalla virtualizzazione della presentazione e delle applicazioni, alla Virtual desktop infrastructure (Vdi), fino alla virtualizzazione dei desktop sui client. Vari fornitori, quali Citrix/Xen, VMware, Cisco, Microsoft, per citarne solo alcuni, sono presenti con soluzioni che utilizzano una o più di queste tecnologie It. Quanto alla gestione, la semplificazione dei dispositivi di accesso non deve indurre a pensare che ne venga meno la necessità: il ciclo di vita degli asset It per dispositivi senza caratterizzazioni specifiche si semplifica nelle fasi operative, ma non si elimina. La necessità di garantire sicurezza di accesso, infatti, prende maggiormente peso e si aggiungono come oggetto di interesse gli spazi di lavoro per le soluzioni di gestione, dal momento che gli utenti avranno più a cuore i servizi “consumati” che i dispositivi».

Impegnata sul fronte della virtualizzazione sin dal 1999, Cedacri (www.cedacri.it) ha recentemente completato lo sviluppo di una nuova soluzione indirizzata a tutta la clientela tradizionale del settore bancario e finanziario, ma anche alle aziende industriali e di servizi. «Caratterizzata da un elevato grado di affidabilità e robustezza – afferma Stefano Tonelli, product manager facility e desktop management di Cedacri – la nuova proposta mira a offrire diverse tipologie di desktop virtuali ed è disponibile in 3 configurazioni». La configurazione Base, indirizzata agli impiegati di sportello e agli operatori di call center, include una serie di servizi a valore aggiunto, quali la gestione dell’infrastruttura tecnologica (e quindi il supporto hardware software), la gestione operativa (di tutte le attività che si svolgono tradizionalmente su Pc come l’antivirus, la distribuzione delle applicazioni, il monitoring e performance management) e quella della sicurezza. La suite base include anche servizi di Open Office. Quella Advanced: orientata a promotori, consulenti e professionisti che hanno esigenze superiori rispetto agli operatori di sportello. Infine la VIP: destinata ai manager e a chi necessiti di personalizzazioni spinte degli apparati. L’offerta si compone anche di una vasta gamma di servizi opzionali in grado di rispondere alle specifiche esigenze delle organizzazioni, tra cui il desktop management, il noleggio hardware e software, licenze Microsoft Office in modalità SaaS, il back up dei dati utente, il disaster recovery e il recovery place.

 

Almeno quattro tecnologie

«In realtà esistono almeno quattro tecnologie che permettono di dare a ogni tipo di utente aziendale il client virtuale più appropriato – precisa Massimiliano Grassi, marketing manager di Citrix Italia (www.citrix.it) -. Se si ha chiaro che un task worker, un office worker, chi fa uso intensivo di multimedia o grafica 3D, un consulente esterno, un teleoperatore e un utente “mobile” non hanno le stesse esigenze in termini di stazione client e relativa personalizzazione, allora virtualizzare i desktop è un progetto di sicuro successo. L’esperienza di Citrix non ha riscontrato complessità dimensionali o prestazionali, che impediscano la virtualizzazione. Con Citrix ogni livello di un Pc (OS, dati, applicazioni e personalizzazioni) è virtualizzabile e gestibile in modo disaccoppiato dagli altri, garantendo un desktop computing on demand».

«Molte sono le criticità legate a progetti di virtualizzazione delle postazioni di lavoro – ci conferma Marc Richard, It Services marketing manager di ECS (www.ecs-group.com) -. Si rilevano vincoli tecnici legati a problemi di connettività di rete che possono generare interruzioni e rallentamenti. Si aggiungono, poi, i costi nascosti: virtualizzare le postazioni di lavoro comporta, innanzitutto, la necessità di rivedere i sistemi storage e di virtualizzare i server. Le ultime innovazioni (in particolare le soluzioni Citrix, con XenClient) mirano a proporre nuove architetture di virtualizzazione basate su hypervisor di tipo 1 per le postazioni di lavoro (per semplificare, lo stesso tipo di architetture virtuali che ospitano i server). Se la tecnologia dovesse maturare, si tratterebbe, quindi, di rendere più accessibile la virtualizzazione delle postazioni di lavoro nelle aziende rispondendo alla sempre più crescente domanda di mobilità, ovvero la possibilità di accedere al proprio ambiente professionale da qualsiasi tablet, smartphone o Pc portatile. Inserendosi tra l’hardware e i sistemi di gestione, gli hypervisor di tipo 1 consentono di affrancarsi dall’eterogeneità del parco informatico».

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Grazie a questa tecnologia diventa possibile implementare su una stessa postazione diversi ambienti, spostarli, copiarli, duplicarli, mantenendo, contemporaneamente, la possibilità di operare in modalità offline. Ultimo aspetto positivo, ma non per questo di minore importanza, il servizio reso agli utenti diventa simile a quello di un client “pesante” abituale.

«Oggi esistono diverse tecnologie di virtualizzazione desktop – puntualizza Fabrizio Falcetti, portfolio manager business client (business practice distributed It) di Fujitsu Technology Solutions (http://it.fujitsu.com/) – per singolo desktop remoto o desktop condivisi, macchine desktop virtuali o blade desktop fisici». Fujitsu consiglia sempre di valutare ogni singolo approccio coniugando produttività e beneficio per gli utenti con costi e facilità di amministrazione e sta investendo molto sulla virtualizzazione del desktop. Le loro soluzioni client consentono agli utenti di connettere i desktop virtuali ospitati nel data center, migliorando i livelli di servizio pur assicurando un’esperienza desktop che non differisce dalla situazione con un classico “fat client”. «Virtual Workplace, per esempio, utilizza le tecnologie più recenti per creare una soluzione infrastrutturale che migliora in modo decisivo la qualità dei servizi per i sistemi client operativi. Inoltre, abbiamo investito anche nei terminali per creare un ambiente desktop virtuale ottimale, lanciando “Zero Client”, un display front-end intelligente e semplice da gestire che assicura risparmi sostanziali alle aziende che dispongono di numerose postazioni di lavoro. Il dispositivo Fujitsu Zero Client non richiede un sistema operativo, un processore, applicazioni, né backup locale dei dati, stabilendo un nuovo standard in termini di connessione economica verso le desktop virtual machine».

 

Vantaggi e svantaggi di private e public cloud

Secondo Dario Bellolli, executive It architect di IBM Italia (www.ibm.it), le soluzioni presenti sul mercato possono essere raggruppate in due aree: quelle di “private cloud”, che prevedono la costruzione di una farm di proprietà, e quelle “public cloud” che mettono a disposizione ambienti di desktop virtuali già pronti da utilizzare in modalità “as-a-Service”.

Entrambe le soluzioni presentano vantaggi e svantaggi: «Nel primo caso – precisa Bellolli – si ha un ambiente che rispecchia gli standard aziendali ma che richiede investimenti iniziali mentre, nel secondo, si affida il proprio ambiente a un fornitore di servizi, si paga un importo al mese per utente introducendo interessanti elementi di flessibilità finanziaria». «Quando si parla di desktop virtuali – spiega più nel dettaglio -, i dati che viaggiano fuori dalla Lan aziendale sono pochi e riguardano solo l’aspetto di presentazione delle schermate; semplificando è come se esternamente viaggiassero solo i pixel. Quindi i tempi di risposta non dipendono dalla dimensione dell’immagine del desktop, ma dalle funzioni che l’utente usa nel normale lavoro (per esempio la scrittura di un testo o l’utilizzo di filmati o applicazioni multimediali)».

«La soluzione da adottare per consentire livelli di performance accettabili senza investimenti dissennati – secondo Giuseppe Nocita, amministratore delegato di Pipeline (www.pipeline.it) – è una scelta mista tra la riduzione al minimo del numero di immagini desktop da condividere e, attraverso la virtualizzazione delle applicazioni, la disponibilità delle stesse separatamente quando usate da pochi utenti (fino a un 15% del totale). Altro vantaggio misurabile è che la Vdi mette meno pressione sulla rete a patto che l’infrastruttura sia impostata correttamente pensando alla centralità del data center rispetto all’esecuzione dei desktop remoti».

Le soluzioni che vantano, secondo l’esperienza Pipeline, storia e stabilità sono sostanzialmente quella di Microsoft (Med-V-Mdop), quella di Citrix (XenServer e XenDesktop) e quella di VMware (VMware View).

È altresì importante notare che soluzioni di virtualizzazione delle applicazioni, sia in affiancamento alla Vdi che in sua alternativa, sono interessanti e integrabili. «L’idea – aggiunge Nocita – è quella di isolare l’applicazione e non l’intero desktop in modo da rendere l’insieme delle applicazioni maneggevole e centralmente gestito. L’applicazione virtualizzata può poi essere resa disponibile “on-demand” tramite tecniche di streaming software. Le soluzioni ottimamente integrabili sia in piattaforme desktop reali che virtuali sono quelle di Symantec (Symantec Workspace Virtualization), di Citrix (XenApp) e di altri player di nicchia come Endeavors Technologies e Parallels».

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Nel caso di virtualizzazione integrale del desktop, puntualizza Vincenzo Costantino, senior manager, technical sales organization di Symantec (www.symantec.it), si centralizzano ingenti quantità di dati su dei sistemi storage. «È necessario quindi – aggiunge – avere una soluzione storage intelligente che possa implementare il thin provisioning, deduplica e tecniche avanzate di snapshotting. Inoltre un ambiente Vdi, per sua natura dinamico, beneficia notevolmente di tecniche di cloning integrate che permettono di ricostruire un ambiente in pochissimo tempo». Symantec ha recentemente annunciato una nuova soluzione per questo tipo di ambiente chiamata Symantec Virtual Store. Essa permette di garantire alti livelli di affidabilità utilizzando tutti i dispositivi di storage eterogenei presenti in azienda. Inoltre consente di risolvere il più grave dei problemi legati alla Vdi: il “boot-storm” o “log-on storm”. «La soluzione consiste in un sistema di caching avanzato che “riutilizza” la prima copia dell’ambiente virtuale come immagine per tutte le copie successive: sostanzialmente è come se si dovesse fare il boot di una sola macchina e poi occorre solo caricare i delta rispetto a essa per tutte le altre».

È possibile inoltre, riferisce Costantino, disporre anche di una virtualizzazione non completa del desktop, ma delle singole applicazioni. Questo approccio, secondo Symantec, fornisce gli stessi vantaggi della gestione centralizzata della Vdi, ma con il software che gira fisicamente sul dispositivo finale anche quando non si è connessi alla rete. «Le applicazioni virtualizzate sono indipendenti l’una dall’altra, ma interagiscono tra loro. Questo permette di avere piene funzionalità, gestione centralizzata e nessun problema di incompatibilità. La soluzione da noi proposta è la Virtualization Suite».

«VMware (www.wmware.com/it) – rassicura Dario Regazzoni, system engineer manager della filiale italiana – che ha recentemente presentato una strategia per l’end user computing, offre soluzioni che consentono alle aziende di evolvere i loro ambienti incentrati sui Pc in architetture più moderne, che fanno leva sul cloud computing per distribuire dati e applicazioni dove e quando servono agli utenti». VMware propone View 4.5, una soluzione completa che consente alle aziende di accrescere la sicurezza, ridurre i costi operativi e semplificare l’amministrazione e la gestione desktop attraverso la creazione di una moderna architettura per l’elaborazione end-user, gestita e amministrata centralmente, ma fruibile dagli utenti mediante un’ampia gamma di dispositivi.

Le soluzioni proposte da VMware come, per esempio, VMware View 4.5, VMware ThinApp 4.6, VMware vShield Endpoint, Zimbra Appliance e VMware Desktop Infrastructure Service, offrono da un lato un accesso protetto ai dati a una forza lavoro sempre più mobile e, dall’altro, permettono di gestire una molteplicità sempre più variegata di dati, applicazioni e dispositivi necessari per le attività di business. La strategia di VMware include inoltre Project Horizon, un servizio di gestione cloud-based che estende in maniera sicura le identità aziendali all’interno del cloud per fornire nuovi metodi per il provisioning e la gestione di dati e applicazioni in base all’utente e non al dispositivo utilizzato né al sistema operativo sottostante.

 

L’evoluzione del mercato

«Lo sviluppo di prodotti e servizi realmente in grado di interoperare e collaborare tra loro non è ancora avvenuto completamente – afferma Stefano Tonelli di Cedacri -, ma nei prossimi mesi ci si aspetta che siano messe in campo le strategie necessarie per una reale integrazione. Cedacri, parallelamente al completamento della virtualizzazione della propria server farm, si sta muovendo da tempo per costruire un’offerta completa di servizi on demand che consenta ai clienti di rivolgersi a un unico fornitore affidabile e tecnologicamente all’avanguardia per disporre di soluzioni calibrate in base alle proprie esigenze, ottimizzando gli investimenti e beneficiando dei vantaggi derivanti dalle economie di scala».

Per citare un esempio, Citrix XenDesktop è una piattaforma integrabile con ogni hypervisor, come Microsoft Hyper-V e VMware ESX/vSphere. Ciò consente, a detta di Massimiliano Grassi (Citrix), il massimo delle funzionalità di virtual desktop preservando gli investimenti a livello data center. In ambito cloud, Citrix sta integrandosi con OpenStack, la tecnologia di orchestrazione e gestione sviluppata in collaborazione con Rackspace, Nasa e i maggiori cloud service provider. Inoltre la società ha investito nel progetto Open vSwitch/OpenFlow, standardizzando il pooling degli switch virtuali, per dare interoperabilità a livello open cloud networking.

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A tutto …aas

Secondo Marc Richard di ECS, non ancora entrato nell’uso corrente, ma ormai già abusato, il concetto di SaaS (Software-as-a-Service) è presente in tutte le riviste, mentre la moda “aas” viene associata a tutte le tecnologie: dopo l’HaaS (Hardware-as-a-Service), si parla ora di IaaS (Infrastructure…), di PaaS (Platform…) o di APaaS (Application Platform-as-a-Service). Per contro, sta emergendo il cloud computing che potrebbe rivoluzionare l’approccio legato alla messa a disposizione delle infrastrutture.
In effetti, ogni giorno assistiamo al fiorire di una moltitudine di offerte di “servizi” che hanno in comune il fatto di consentire a un’azienda o a un utente di disporre di una funzione o di una “utility” non più attraverso l’utilizzo di un’apparecchiatura (hardware o software), ma tramite un servizio che gli viene reso. «La differenza essenziale tra il cloud computing e le “aas” – puntualizza Richard – riguarda la condivisione delle risorse e, in particolare, la potenza di calcolo o lo storage. Laddove le risorse vengono condivise in modalità “aas”, queste ultime risultano “globalizzate” in ambito cloud computing per essere successivamente partizionate allo scopo di beneficiare di una potenza superiore a quella di cui si usufruirebbe in modalità individuale. Poiché questo modello è ancora estremamente recente, il relativo business model non sembra ancora perfettamente chiaro. Ognuna di queste soluzioni rimane intrinsecamente efficace e può rispondere a necessità diverse in momenti differenti. Prima di cedere alla moda del tutto “aas”, è quindi essenziale accertare la coerenza tra aspetti economici e operativi del modello scelto e, soprattutto, misurare l’impatto sull’organizzazione».

Sempre più aziende, ci assicura Fabrizio Falcetti di Fujitsu Technology Solutions, annunciano collaborazioni che mirano ad accelerare la distribuzione di soluzioni di desktop virtuali e a rendere queste tecnologie sempre più semplici e convenienti per i clienti. Circa un anno fa, anche Fujitsu ha siglato un accordo con Citrix per creare sinergie in grado di aiutare le aziende a ridurre i costi e le complessità legate all’implementazione di infrastrutture desktop virtuali per ambienti enterprise.

 

Distinguiamo

«Parlando di desktop virtuale già oggi sono possibili tutte le integrazioni disponibili su un classico Pc – ci assicura Dario Bellolli di IBM -. Se invece parliamo di integrazione con le applicazioni/servizi offerti all’interno dell’azienda dobbiamo distinguere tra le soluzioni indirizzate al “mercato consumer” e quelle al “mercato enterprise”: è proprio in queste seconde che i provider devono prevedere i necessari meccanismi per raggiungere un buon grado di integrazione, rendendo quindi possibile l’interoperabilità tra ambienti “in cloud ” e il proprio ambiente privato».

«L’attuale offerta vede grandi player nazionali e internazionali offrire spazi elaborativi all’interno delle loro It farm – sottolinea Giuseppe Nocita di Pipeline -. Sono comunque ricorsi storici che non rappresentano per ora una alternativa strettamente misurabile sul piano dell’opportunità economica. Un’offerta che consenta oggi di confrontare quale cloud rendere centrico rispetto alle applicazioni core non è semplice e il mutevole scenario non aiuta. Il cloud visto come data center privato è quello che oggi consente maggior potenzialità di risultato. Non è da escludere che componenti di cloud pubblici su servizi corporate possano essere vantaggiosi. Un tipico esempio è rappresentato da servizi antispam centralizzati come Google Postini o Symantec Antispam premium con Brightmail».

«VMware – sottolinea Dario Regazzoni – e il suo vasto ecosistema di provider di servizi cloud sono in grado di fornire un’ampia gamma di opzioni VMware Virtualized, che spaziano dalle infrastrutture on demand e i modelli con pagamento basati sul livello di utilizzo fino agli ambienti per la produttività di classe enterprise. L’Api vCloud  consente alle aziende di creare cloud privati basati sulla tecnologia VMware. Nell’ambito delle offerte di cloud pubblico, i provider di servizi possono creare portali “Infrastructure-as-a-Service” con un’interfaccia standard e uniforme. Gli Isv possono semplicemente predisporre applicazioni esistenti o nuove da implementare in cloud privati o pubblici o da migrare in cloud ibridi. L’Api vCloud  è un’interfaccia che consente di fornire e utilizzare risorse virtuali nel cloud e permette di implementare e gestire carichi di lavoro virtualizzati nei cloud privati o pubblici, supportando l’interoperabilità tra i cloud. Questi carichi di lavoro sono strutturati come vApp, ossia soluzioni software pre-costruite ottimizzate per il cloud, costituite da più macchine virtuali raggruppate in una singola entità. L’Api vCloud  consente di caricare, scaricare, creare istanze, implementare e utilizzare le vApp. L’Api vCloud utilizza più server vCenter per rendere accessibili le risorse virtuali disponibili, offrendo in questo modo la scalabilità necessaria per i carichi di picco o il disaster recovery negli ambienti cloud».